Presto sarà #Spanic – il panico da banche

L’annuncio del Financial Times di ieri circa l’ansia da default che ha colpito i greci, accorsi in massa a ritirare agli sportelli, sommata alla isteria odierna che ha interessato Bankia, la banca spagnola nazionalizzata in fretta e furia dal governo Rajoy, prima assalita dai correntisti e poi no (ma nel frattempo questa “indiscrezione” è costata moltissimo, a tutti, in fatto di crolli in borsa e di spread) non fanno altro che alimentare la spirale del gorgo muto in cui siamo finiti tutti, accompagnati per manina dalla inflessibile accoppiata Sarkozy-Merkel. Per analogia, più si parla dei suicidi più gente si suicida; più si parla del panico da default, più aumenta il panico per tutti. Gli psicologi la chiamano “spirale suicidogena” ed è quel fenomeno che passa sotto il nome di “effetto Werther”, dal nome del protagonista del libro “I dolori del Giovane Werther”, di Goethe.

L’effetto Werther (che per la cronaca, alla fine del libro si suicida) si sta diffondendo sui mercati e nei comportamenti di noi singoli individui: il panico significa fuga dalla banche, significa suicidio sociale. Di fatto equivale a dire che il sistema è prossimo al collasso, che siamo a un mese dall’Armageddon. La fine dell’Euro. Caduta la Grecia, sarà la volta di Spagna, Italia, Portogallo. Alla fine dell’estate, al più tardi nel primo autunno, ci ritroveremo con la Lira in tasca: una Lira deprezzatissima, il cui valore cambia dalla notte al giorno.

Lo schema argomentativo è sempre il medesimo: la Grecia esce dall’euro a Giugno e l’Italia assisterà ad una fuga di capitali, tanto che il governo Monti sarà obbligato a bloccare i conti correnti (vulgata dello scenario evocato da Paul Krugman sul New York Times). Insomma, ci suicideremo uno ad uno, fino ad arrivare alla Germania. Detto ciò, nessuno ci dice che dinanzi all’Armageddon dell’Euro, i governanti europei non diventino improvvisamente federalisti e creino nell’arco di qualche mese una cooperazione rafforzata in materia economico-finanziaria. Lo scenario è favorevole? Con Monti, Hollande, Cameron, Merkel non si potrà mai dire. Solo Washington può effettivamente esercitare una pressione affinché si reagisca al disfacimento totale dell’Unione. Non avete idea del gigantesco, iperbolico bubbone dei derivati che è cresciuto “sotto le palle del Toro”. Travolgerà Wall Street senza che quest’ultima abbia il tempo di accorgersene. Il mercato dei derivati ha decuplicato il Pil mondiale e il crac della Grecia potrebbe condurre Wall Street anch’essa al suicidio. Sì, si tratta di un bing bang pericolosissimo, che se innescato distruggerà questo porco mondo (e non so dirvi dove finisca la dannazione e dove cominci la liberazione).

Lo #Spanic è l’hashtag che descrive i fatti di oggi: Spagna e panico. E un terribile profondissimo vuoto politico, sia a livello europeo che a livello nazionale. Lo #Spanic è una forma di isteria prodotta dalla sfiducia totale. Siamo al totalitarismo della sfiducia. La sfiducia produce altra sfiducia e i governi, qualunque cosa faranno, sbaglieranno. Per bloccare il diffondersi del panico, i governi bloccheranno il flusso di denaro. E sarà – involontariamente e comicamente – la fine. Poiché, mentre accade tutto ciò, noi disquisiamo di paghette da 5.000 euro.

Antieuropeismo elevato a 5 Stelle

Le tante fandonie scritte su Beppe Grillo e sul Movimento 5 Stelle hanno tutte la medesima caratura: no all’antipolitica, no alla distruzione, sì alla proposta bla bla bla. Insomma, la miopia che contraddistingue il sistema politico italiano – e parimenti quello giornalistico – impedisce all’osservatore di percepire quanto di reazionario e orientato alla regressione ci sia nel discorso politico di Grillo.

Mi spiego: al di là del problema metodologico, mai del tutto risolto, al di là del personalismo del leader, della forma di partito liquido e di partito carismatico che il M5S adotta a seconda dei momenti, quel che qui mi preme sottolineare – e che è stato brillantemente esposto da Ernesto Maria Ruffini su Prossima Italia – è la natura intrinsecamente semplicistica e quindi fuorviante della spiegazione di Grillo circa la crisi economica e lo stallo delle Istituzioni Europee.

In estrema sintesi, secondo Grillo l’Italia non dovrebbe pagare il debito, dovrebbe uscire dall’Euro con il minimo del danno, rompere con i partner europei sul Fiscal Compact e sui più recenti accordi in materia economica. Di fatto, Grillo predica l’isolazionismo, l’autarchia e prefigura il nostro paese come una Nazione che opera in un consesso internazionale fortemente orientato all’anarchia. Senza forse neanche saperlo, l’idea di Nazione che Grillo propugna è vecchia di duecento anni. Lo Stato Commerciale Chiuso era stato infatti ideato del pensatore e filosofo tedesco Johann Gottlieb Fichte, morto a Berlino nel lontano 1814. Egli teorizzò che lo stato dovesse assumere una “funzione integrativa” che gli conferisse l’aspetto di uno stato socialistico. E’ questo uno stato monopolistico, che guida la società e la distoglie dai beni che lo Stato non può produrre. Garantisce il lavoro per tutti e il benessere per tutti. E’ uno Stato Etico, che conosce qual è il bene degli individui, che si premura di proteggere e preservare l’individuo dal resto degli altri individui. Uno Stato che pianifica, che descrive e delinea tutto ciò che è vita. Uno Stato chiuso, che pretende per sé ciò che gli serve per raggiungere lo scopo della riproduzione delle condizioni sociali. Uno Stato “che sia padrone delle terre che gli appartengono per natura. Se così non fosse esso è giustificato nel fare la guerra a chi usurpa le sue risorse naturali” (tratto da Wikipedia).

Grillo non sa che l’Islanda non ha compiuto una scelta di democrazia ribellandosi al sistema plutarchico degli organismi internazionali (Banca Mondiale, FMI) ma ha egoisticamente dichiarato la propria sovranità come soverchiante rispetto a quella di tutti gli altri paesi. Due guerre mondiali e tutto l’orrore che hanno portato con sé non sono state sufficienti a far tramontare il modello hobbesiano di Stato Leviatano, né quello hegeliano orientato alla pura volontà di Potenza.  Le relazioni internazionali, nel modello di Grillo, sono destinate a tornare allo Stato di Natura, in cui ogni Stato agisce per sé medesimo, annichilendo le anomalie, distruggendo per ricostruire secondo una idea di purezza e unicità che pare patologica.

In due articoli sul Corriere della Sera, il 7 e 12 marzo, lo storico Ernesto Galli della Loggia ha difeso lo Stato-nazione oggi derubato di sovranità: lo descrive come “unico contenitore della democrazia”, poiché senza di lui non c’è autogoverno dei popoli. È una verità molto discutibile, quantomeno. Lo Stato nazione è contenitore di ben altro, nella storia. Ha prodotto le moderne democrazie ma anche mali indicibili: nazionalismi, fobie verso le impurità etnico-religiose, guerre. Ha sprigionato odi razziali, che negli imperi europei (l’austro-ungarico, l’ottomano) non avevano spazio essendo questi ultimi fondati sulla mescolanza di etnie e lingue. La Shoah è figlia del trionfo dello Stato-nazione sugli imperi (Barbara Spinelli, La Repubblica).

Gli Stati Europei sono fortemente correlati fra loro. L’interdipendenza c’è sempre stata e nell’era dello sviluppo industriale, sia in quello primario che in quello attuale, fortemente tecnologizzato e delocalizzato nei suoi centri produttivi, si è determinata come fattore politico. Non è possibile una politica delle relazioni internazionali a prescindere dalle relazioni economiche. L’Unione Europea nasce per intuito di un federalista francese, Jean Monnet, il quale, ben consapevole della incapacità dei paesi europei del secondo dopoguerra di superare ognuno per sé la fase della ricostruzione, ideò una unione per fasi funzionali. Si trattava di mettere in comune ciò che era già comune: l’energia, le regole del commercio. Ma anziché lasciare alle guerre il ruolo di strumento regolatore, Monnet suggerì di comunitarizzare queste politiche. Così le politiche del commercio, del carbone e dell’energia atomica furono messe in comune e lasciate in gestione a istituzioni terze: le comunità Europee nascono perciò con un intento pacifista. L’Europa di oggi si è avvitata in una crisi di legittimità che è dovuta principalmente a errori grossolani, a politiche sbagliate:, che però non possono metterne in discussione l’esistenza

L’Europa di Merkel e Sarkozy non ha sanato ma aggravato nell’Unione la sofferenza economica e democratica, accentuando populismi e chiusure nazionaliste. Perfino il trattato di Schengen è messo in causa, spiega Monica Frassoni, deputata europea dei Verdi, sul sito Linkiesta. it: è recente un appello inviato dai ministri dell’Interno di Francia e Germania al Presidente del Consiglio dei Ministri europeo, perché vengano reintrodotti i controlli alle frontiere nazionali contro i migranti illegali. Sarkozy spera di strappare voti a Marine Le Pen. Domenica abbiamo visto che l’originale, almeno per ora, è preferito alla copia.

Può darsi che manchino oggi leader come Roosevelt. Ma la constatazione s’è fatta stantia. Importante è smettere di dire che l’Europa funziona così com’è: che basta  –  l’ha detto Monti in gennaio alla Welt – la sussidiarietà (se i nodi non sono sciolti nazionalmente si passa al livello sovranazionale o regionale). La sussidiarietà è un metodo, che si usa ad hoc. Non è l’istituzione che dura nel tempo e “pensa tutto il giorno all’Europa”, invocata da Delors. Altrimenti l’Europa sarà la bella statua di Baudelaire: sogno di pietra troneggiante nell’azzurro, nemica di ogni movimento che scomponga le linee. “E mai piange, mai ride” (Barbara Spinelli, La Repubblica).

Uscire dall’Euro non è solo un autogol finanziario: è antistorico, è condannarsi a ripetere una storia di sangue e morte. Il processo di integrazione europea è qualcosa di inarrestabile ed ora chiede uno sforzo di immaginazione e di coraggio per abbandonare forme confederali inefficienti per una vera e propria federazione dei popoli europei.

Grecia fuori dall’Euro, ovvero la Grecia è fallita

Andrew Lilico è un economista, direttore editoriale di Europe Economics nonché membro dello Shadow Monetary Policy Committee. Sul The Telegraph ha tentato di prevedere quel che accadrà con un default greco. Poiché in queste ore si fa un gran parlare dell’uscita della Grecia dall’Euro, sappiate uscire dall’Euro vuol dire che la Grecia è fallita. Altrimenti non avrebbe ragione di farlo. E’ – diciamo – una mossa preventiva a un disastro che ci colpirà tutti e ci farà perdere un sacco di soldi.

Quella che segue è la scansione degli eventi prevista da Lilico (trad. Supervice per Come Don Chishotte):

  • Tutte le banche greche saranno insolventi.
  • Il governo greco nazionalizzerà tutte le banche greche.
  • Il governo greco vieterà i prelievi dalle banche greche.
  • Per prevenire la rivolta dei risparmiatori, come successo in Argentina nel 2002 (quando il presidente argentino dovette scappare in elicottero dal tetto del palazzo presidenziale per evitarsi un assalto), il governo greco dichiarerà un coprifuoco, forse addirittura le legge marziale.
  • La Grecia ridenominerà tutti i suoi debiti in “Nuove Dracme” o in qualsiasi altro modo si chiami la nuova divisa (è lo stratagemma classico dei paesi insolventi) = USCIRE DALL’EURO.
  • La Nuova Dracma si svaluterà dal 30 al 70 per cento (probabilmente intorno al 50 per cento, forse di più), facendo abbassare del 50 per cento o più dei debiti della Grecia denominati in euro.
  • Gli irlandesi, nel giro di pochi giorni, fuggiranno dai debiti del loro sistema bancario.
  • Il governo portoghese aspetterà di vedere il livello del caos raggiunto in Grecia prima di decidere se andare anche lui in default.
  • Un numero di banche francesi e tedesche dovranno affrontare una quantità di perdite tali da non poter più avere i requisiti di capitalizzazione richiesti.
  • La Banca Centrale Europea diventerà insolvente a causa dell’alta esposizione dovuta al debito del governo greco e ai debiti del settori bancario greco e di quello irlandese.
  • I governi di Francia e Germania si incontreranno per decidere se (a) ricapitalizzare la BCE o (b) consentire alla BCE di stampare moneta per ripristinare la solvibilità. (Siccome la BCE ha una relativamente piccola esposizione denominata in divise extra-UE, potrebbe in linea di principio stampare per risolvere la situazione, ma questo è proibito dai suoi principi fondativi. A dire il vero, il Trattato dell’Unione vieta esplicitamente la forma di salvataggio usata per Grecia, Portogallo e Irlanda, ma anche se la cosa è così palesemente illegale non ha impedito che accadesse, e allora non è così ovvio che un’altra illegalità, attuata con la stampa di moneta, sia poi un grosso ostacolo.) – [Ah, Mario Draghi, messo al timone, lui povero ignaro, di una nave in tempesta! Tutti d’accordo – anche i tedeschi – di incolpare un italiano quando l’Euro sarà abbandoanto].
  • Si ricapitalizzeranno e ricapitalizzeranno le loro banche, ma porranno fine a tutti i salvataggi.
  • Ci sarà una strage nel mercato delle obbligazioni bancarie spagnole, quando i possessori di obbligazioni richiederanno la permuta del valore in azioni.
  • Quest’affermazione potrebbe avere una ragione se gli spagnoli sceglieranno di scavalcare la struttura dei contratti in essere delle obbligazioni del settore bancario spagnolo, ricapitalizzando un numero di banche con i debt-equity swaps.
  • I possessori di obbligazioni porteranno il settore bancario spagnolo di fronte alla Corte Europea dei Diritti Umani (e anche in altri tribunali), denunciano la violazione dei diritti di proprietà. Questi casi non andranno in giudizio per anni. Quando alla fine ci arriveranno, non ci sarà più nessuno che si preoccuperà.
  • L’attenzione verrà rivolta alle banche britanniche. Poi si vedrà.…