Iran, Mussavi non controlla più la protesta. Almeno quindici i morti.

Le immagini degli scontri mostrano una situazioni fuori controllo: Ahmadinejad è sempre più in ombra e Ali Khamenei non ha la forza per sopprimere del tutto la protesta. Parti del clero sono dalla parte dei dimostranti e la spaccatura sembra essere irrimediabile. Mussavi non è il leader dei dimostranti: l’uccisione del nipote, ieri, può esser interpretata come un avvertimento da parte del regime, ma di fatto è un grave errore di sopravvalutazione della capacità mobilitativa dello stesso Mussavi. Tanto più che l’omicidio del nipote gli potrebbe riattribuire quella centralità che aveva perso per strada: i funerali del giovane, previsti per domani, saranno certamente un nuovo teatro della protesta e, molto probabilmente, degli scontri.

Immagini Reuters, fonte Corsera.

    • Le forze di sicurezza non sono più in grado di contenere le manifestazioni nelle strade perché coinvolgono migliaia di persone. Il presidente Mahmoud Ahmadinejad aveva considerato le proteste un capitolo chiuso, archiviato. Ma non è così perché oramai il movimento di opposizione è cresciuto rispetto alla fase in cui chiedeva solamente la riconta dei voti espressi alle scorse elezioni presidenziali
    • si autorigenerano e dunque non dipendono più da alcun leader politico, non è più Mir Hossein Mussavi a guidare la piazza e non c’è una guida riconosciuta
    • A una protesta ne segue un’altra, portando nelle strade un numero crescente di persone comuni, a cominciare dai giovani e dalle donne
    • Secondo: l’obiettivo dei manifestanti non è più ridiscutere il risultato presidenziale ma contestare Ali Khamenei, la Guida Suprema della rivoluzione, considerato un despota, un vero e proprio dittatore. Al quale si chiede di lasciare al più presto il potere
    • Siamo in una fase di crescita delle manifestazioni. Il regime è stato preso alla sprovvista e la polizia, in difficoltà, spara, iniziando a uccidere
    • Se Khamenei e i suoi seguaci avessero scelto di ordinare la repressione, avremmo visto non quattro ma centinaia di morti e la reazione dei manifestanti sarebbe stata durissima. Ciò che oramai è evidente a tutti è che nessuna delle due parti in campo è in grado di prevalere
    • il regime e i manifestanti possono trovare un compromesso oppure andare verso un confronto totale, che si preannuncia molto doloroso
    • l’uccisione di Ali Mussavi potrebbe essere stato un avvertimento recapitato dal regime a Mussavi per fargli capire che lui e la sua intera famiglia potrebbero pagare un prezzo molto alto se le proteste dovessero continuare. Si tratta però di un avvertimento destinato ad avere scarso esito perché, come dicevo, Mussavi non sembra più in grado di coordinare nulla
    • La fase in cui era lui il leader di riferimento è superata, anche se forse Ahmadinejad e Khamenei non se ne rendono ancora pienamente conto
    • rabbia della popolazione contro il despotismo di Ali Khamenei
    • Il presidente sembra oramai relegato in un ruolo marginale. All’estero parla solo del programma nucleare, ignorando cosa avviene in patria, è incapace di riportare l’ordine nelle piazze delle maggiori città e ha delegato la gestione delle forze di sicurezza a Khamenei. La sua debolezza politica è evidente. La soluzione della crisi non sembra più essere nelle sue mani
    • Trita Parsi, Presidente del Niac, nato in Iran ma cresciuto in Svezia, è un esperto di questioni mediorientali. E’ cofondatore e attuale presidente del National Iranian American Council.

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