Ebola virus, cosa dicono le statistiche

La diffusione del virus Ebola secondo i dati OMS. Grafici:

1) Mappa geografica – OMS, data 4 Agosto 2014

evd-outbreak (1)

2) Confronto con epidemie del passato (serie storica OMS – in blu, il numero dei casi; in rosso, il numero dei morti):

virusebola3) Evoluzione dei casi dall’inizio dell’epidemia (fonte wikipedia):

Diseased_Ebola_2014Al di là delle speculazioni e degli allarmismi, il punto fermo è uno solo: la pendenza della curva, per ora, non lascia presupporre un rallentamento nella diffusione del virus. Non significa però che ciò non possa avvenire fra due o tre mesi; nessuno, inoltre, può prevedere quanto sarà lunga la coda.

 

Iraq | Altre due autobombe a Tikrit. A Fallujah è emergenza umanitaria

Un convoglio Isil in direzione di Mosul - via @ajaltamini

Un convoglio Isil in direzione di Mosul – via @ajaltamini

Sei iracheni sono rimasti feriti nell’esplosione contemporanea di due autobombe oggi, Lunedi, a est e a nord della città di Tikrit. Fonti della sicurezza locale hanno affermato che “un’autobomba è esplosa nei pressi di un grande mercato (Tuz Khurmatu) a est di Tikrit, ferendo due civili” . Una seconda autobomba parcheggiata al lato della strada è esplosa nel centro del quartiere Sharqat (120 km a nord di Tikrit): quattro civili sono stati feriti (http://www.azzaman.com/).

L’attacco qaedista sta procedendo sempre con una strategia concentrica verso la capitale. Il giornale Kitabat.com rivela che le condizioni umanitarie della città si stanno rapidamente deteriorando: “la situazione vissuta dalla città è terribile a causa dell’interruzione dell’energia elettrica, acqua e altri servizi di base”. Si tratta di una città di cinquecentomila abitanti. Centinaia di famiglie si sono spostate ad est della città. Sono segnalate gravi carenze di cibo e di prodotti agricoli, di carburanti: i prezzi dei beni sono elevati e tutti i punti vendita hanno chiuso una settimana fa, “nonostante le suppliche di religiosi, capi tribali e cittadini per consentire l’ingresso di merci e cibo in città per sollevarla dall’assedio”. La città è completamente sotto il controllo di ISIL, mentre l’area locale è nelle mani delle forze militari irachene. La situazione di blocco rende impossibile qualunque scambio con l’esterno. L’interruzione dell’erogazione dell’acqua è determinata dalla fuga dei funzionari e dei tecnici del locale ente di gestione. Sempre secondo kitabat.com, nella città si aggirano uomini vestiti di nero ed equipaggiati con armi automatiche e razzi, granate, anti-carro. La commistione fra miliziani e civili renderà molto rischioso il tentativo del governo Maliki di riprendere il controllo di Falluja.

Iraq | Al-qaeda attacca Falluja e Ramadi mentre Baghdad è in fiamme

Fighters of al-Qaeda linked Islamic State of Iraq and the Levant parade at Syrian town of Tel Abyad

Dal 3 Gennaio sino a qualche ora fa, Falluja è stata sotto il controllo delle milizie di ISIL, una formazione qaedista il cui acronimo significa Stato Islamico dell’Iraq e del Levante e dove Levante significa parte della Siria. Mentre si scrive, alcuni tweet rilanciano la notizia secondo la quale le tribù locali della Regione di Anbar avrebbero ripreso il controllo – almeno – di Falluja mentre il paese è scosso da attentati. Un attacco è stato portato ad una base militare congiunta USA-Iraq nel distretto di Ghanikhel della provincia orientale di Nagarhar, mentre una bomba ha colpito la capitale, Baghdad, provocando 14 morti (ANSA).

Gli Stati Uniti hanno mantenuto una linea di non interferenza. Il Segretario di Stato, John Kerry, afferma che potrebbero fornire supporto ma non mediante truppe di terra.

https://twitter.com/housingforvets/status/419812741973815298

Secondo altri tweet, sarebbero invece le milizie di ISIL vicine al controllo totale di Falluja (Kevin Pina, giornalista cita il NYT, ma l’articolo riferisce di eventi accaduti ieri) e l’attacco simultaneo è ora condotto in almeno altre cinque città.

Le due città, Falluja e Ramadi, sono governate dalla maggioranza sciita, ma la regione di Anbar è prevalentemente sunnita. Già durante il 2006-2007 fu respinto un attacco qaedista mediante l’alleanza sunnita-sciita – sotto l’egida degli Usa. Ma il gruppo ISIL ha una finalità più ampia che sarebbe quella di costituire uno stato ordinato secondo i rigorosi principi della pratica islamica sunnita medievale attraverso il confine iracheno-siriano. Questo obiettivo ha unito i potenti gruppi qaedisti che lottano contro Assad (Al Jazeera).

LIVEBLOGGING

16.05 I morti a Baghdad per le bombe sono circa 15; i feriti quaranta.

16.17 La posizione dell’ayatollah ALi Khamenei viene divulgata tramite l’account @khamenei_ir: le tre etnie della regione, Sunniti, Sciiti e Curdi stiano attente, ben due le crisi in altrettanti paesi. La guerra civile è la rovina del futuro di un paese.

16.25 Mentre Kerry spiega di non voler impegnare truppe nella battaglia di Falluja, il senatore John McCain e Lindsey Graham stanno attaccando a testa bassa l’amministrazione Obama per la sua politica in Iraq. Un pressing che è destinato ad aumentare qualora il PM Maliki non riuscisse a fronteggiare l’offensiva qaedista.

La propaganda repubblicana spinge sull’emotività delle morti del 2004-2006, quando Falluja fu confine di sangue per le truppe americane. Se l’amministrazione Obama non prende iniziative, quei morti lo sono stati invano.

La reazione da parte democratica tende invece a sottolineare l’inutilità dell’intervento militare. Dodici anni di guerra sono trascorsi invano:

16.48 Così AP/The Guardian descrivono ISIL, la formazione qaedista che opera in Medio Oriente:

ISIL è anche una delle più forti unità ribelle in Siria, dove ha imposto una versione rigorosa della legge islamica nei territori che detiene e rapito e ucciso chiunque critichi le sue regole. Inoltre Sabato, ha rivendicato la responsabilità di un attentato suicida in un quartiere dominato dagli sciiti in Libano (http://www.theguardian.com/world/2014/jan/05/iraq-general-al-qaida-fallujah).

17.30 Falluja è caduta interamente sotto il controllo di Al-qaeda

17.53 L’Iraq lancia l’attacco aereo su Ramadi. Inoltre, secondo Al Arabiya, l’Iran sarebbe pronto a dare aiuto militare al governo iracheno.

18.19 France24: l’Iraq starebbe preparando l’attacco a Falluja

18.26 The Guardian riporta le informazioni sugli attentati di oggi a Baghdad da parte della polizia locale:

Le autorità dicono che gli attentati a Baghdad hanno ucciso almeno 15 persone e provocato decine di feriti. La polizia afferma che il più mortale degli attacchi di oggi ha avuto luogo nel quartiere Shaab a nord di Baghdad, quando due autobombe parcheggiate sono esplose simultaneamente vicino a un ristorante e una casa da tè. I funzionari dicono che l’esplosione ha ucciso 10 persone e ne ha ferite 26. Un altro attentato ha ucciso tre civili e provocato il ferimento di altri sei in una zona commerciale nel quartiere centrale di Bab al-Muadham. Tutti i funzionari hanno parlato a condizione di anonimato perché non erano autorizzati a rilasciare informazioni

In realtà, le tre città (Fallujah, Ramadi e Karma) in cui le milizie di Al-qaeda hanno attaccato, sono molto vicine alla capitale:

iraq

 

19.56 Le reazioni della stampa americana sono molto deboli. La battaglia di Falluja era stata la più sanguinosa per i marines, nel 2003. Oggi i giornali americani dedicano ai fatti solo qualche box laterale, qualche video. Anche il prestigioso The New York Times parla dell’escalation qaedista in Iraq in un commento generale dell’area del Medio Oriente. Alcuni commentatori su Twitter lamentano l’assenza di iniziativa di Obama e parlano apertamente di ‘sangue’ buttato, riferendosi alle numerose perdite del 2003.

Cinque per cento

Quale potrebbe essere il commento politico al risultato elettorale in provincia di Trento per il movimento 5 Stelle?

Questo:

24-25 Febbraio 2013

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27 Ottobre 2013

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Voti validi totali 261.795 contro i 319.384 delle Politiche (affluenza tutto sommato in linea con quanto già avvenuto nel resto del paese a Febbraio, 65%). Una ecatombe di voti, complessiva, per tutto il centrodestra e per il partito di Grillo. Irrilevante l’effetto candidato per i 5 Stelle. Non c’è altro da dire.

Impeachment Cossiga, Napolitano si oppose

Da qualche giorno, Beppe Grillo e con lui il movimento 5 Stelle, annuncia l’iniziativa – fine a sé stessa – di chiedere l’impeachment per Giorgio Napolitano. A suffragio di questa volontà, tutta partorita del Vertice del Movimento, motivata in qualche piazza a suon di slogan, Grillo ha citato il testo del documento con il quale il Pds di Achille Occhetto chiese la messa in stato d’accusa per Francesco Cossiga, il presidente picconatore. Era il 1991 e da pochi mesi era stata scoperta la formazione paramilitare segreta e clandestina, Gladio, di cui Cossiga era a conoscenza della sua esistenza sin da quando era ministro dell’Interno (1976).

La citazione è stata portata per insinuare nell’ascoltatore meno attento il dubbio sulla coerenza della figura dell’attuale presidente della Repubblica: se nel 1991 il Pds, quindi Napolitano, accusavano Cossiga di attentato alla costituzione per aver tentato di interferire “illegalmente nelle attività del legislativo, dell’esecutivo e del giudiziario”, e di aver avviato “l’esercizio di una propria funzione governante”: che è “inammissibile”e “autoritaria”, allora quelle stesse parole dovrebbero valere oggi contro il medesimo Napolitano, esso stesso fautore di indicibili intromissioni verso gli altri poteri dello Stato, specie quello giudiziario (caso trattativa Stato-mafia e telefonate con Nicola Mancino). Strillava il Comico: Napolitano lo chiese per Cossiga, l’impeachment: e noi per lui.

Peccato ci sia un errore storico grande come una casa. A parte il fatto che la richiesta della messa in stato d’accusa del Pds non giunse nemmeno al voto, Napolitano non era affatto d’accordo con la linea politica di Achille Occhetto. Napolitano espresse il suo dissenso nei confronti dell’allora segretario del partito telefonando a Bettino Craxi. Il contenuto di quella telefonata fu parzialmente divulgato dallo staff del segretario socialista. Secondo tale ricostruzione, Napolitano addirittura diede del pazzo ad Occhetto.

La Stampa, 23/11/1991

La Stampa, 23/11/1991

Napolitano, esponente dell’area dei riformisti, si opponeva alla linea politica più intransigente che da Ingrao passava per Occhetto. L’impeachment faceva parte di una strategia politica che prevedeva anche la sfiducia nei confronti del governo Andreotti . In questa seconda intervista, datata 27/11/1991, il dissenso di Napolitano divenne così palese da non poter più essere ignorato. Ed era la sua una tattica così sopraffina che alla fine vinse poiché Cossiga non fu mai messo sotto accusa ma si dimise, come effettivamente prospettato da Napolitano:

La Stampa, 27/11/1991

La Stampa, 27/11/1991

 

Con la crisi ritorna la retorica di Beppe Grillo: subito al voto con il Porcellum

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Ha parlato in pubblico, a Paderno Dugnano, Beppe Grillo. La sua posizione non è cambiata:

  1. tornare subito al voto con il Porcellum;
  2. vinciamo e facciamo un governo a 5 Stelle;
  3. se non ci votate, siete dei cog..oni (non ha usato questo termine ma il senso è quello, ed è un senso pienamente berlusconiano; cito testuale, per gli amanti del genere: “Io voglio parlare ai venti milioni di personaggi che hanno votato ancora il Pd e il Pdl. Se continuate così il Movimento se ne va. Se non ci votate io mi tiro fuori);
  4. quando governeremo noi, potrete con un click decidere se restare o meno nell’Euro.

Cominciamo dal punto 1).

Saprete che il Porcellum apporta due importanti distorsioni al voto: da un lato, le liste sono bloccate, decise dal partiti/movimenti, non dagli elettori; dall’altro, attribuisce un premio di maggioranza per entrambe le Camere ma con differente criterio. L’effetto è quello della ingovernabilità massima: perché gli eletti rispondono, in buona parte, a logiche di sopravvivenza personale; perché il sistema non è in grado di creare maggioranze al Senato, specie quando il pendolo politico  torna verso sinistra.

Punto 2)

Qui viene il bello: con il Porcellum, e il sistema tripartito emerso dalle urne dello scorso Febbraio, non è possibile avere un monocolore (che sarebbe fortemente distorsivo del criterio della rappresentanza), pertanto, per la formazione di un governo, non si può prescindere dal negoziare una coalizione post-elettorale con chi è arrivato secondo.

Punto 3)

Lascio al lettore la possibilità di interpretare a proprio piacimento la frase di Grillo. In ogni caso, se venti milioni di elettori non ti votano, non è corretto chiamarli ‘personaggi’, poiché equivale a dire che essi sono persone bizzarre, strane, forse un po’ matte. ‘Dovete essere proprio matti’ se votate ancora Pd e Pdl. E’ una vulgata che spesso circola, anche a sinistra. Dovete essere proprio matti se votate ancora Berlusconi. Eppure, vi informo che ci sarà ancora qualcuno che lo farà. E qui viene il bello: per convincere la maggioranza a fare il contrario, ci vogliono argomenti, ci vuole la Politica. Poiché se continuiamo a tenere il dibattito circoscritto alla contrapposizione fra berlusconismo e antiberlusconismo, o tanto peggio, fra casta e anti-casta, ci dimenticheremo ancora una volta che il paese è allo sfascio e che serve gente capace e orientata al bene comune e non alla curatèla di interessi personali.

Ultimo, il punto 4)

Uscire o meno dall’Euro è una faccenda seria. Una faccenda che implica la perdita di migliaia di posti di lavoro, inflazione galoppante, forse anche il default dello Stato. E mi rifiuto di pensare che si possa trattare una cosa del genere, una scelta dirompente e di portata storica, con un click. L’adesione all’Euro è, in primis, adesione al sogno europeo federalista. Che, è vero, si è evoluto in un sistema di integrazione prettamente di tipo economico-burocratico. Ma rinnegarlo ora significa rinnegare la politica di pacificazione delle relazioni internazionali che il continente ha intrapreso a partire dal 1957 in poi. Bisognerebbe battersi per l’abbandono del rigido monetarismo della Buba (Bundesbank). Battersi per avere maggior voce nelle scelte del Consiglio. Per avere istituzioni europee autonome rispetto al giogo degli egoismi dei governi nazionali.

Per queste ragioni, proprio perché l’Euro è elemento di quella politica di pacificazione del dopoguerra, l’adesione a questo progetto non può essere votata con un click, da casa, affondati nel divano. Tanto più che nella nostra Costituzione, che è – a detta di chi l’ha difesa sinora (ma Grillo, pur essendosi molto esposto nella campagna contro la modifica dell’articolo 138, ha vagheggiato esso stesso modifiche al testo costituzionale) – la più bella del mondo, i trattati internazionali non possono essere sottoposti a referendum abrogativo. La nostra adesione all’Euro, sappiatelo, è avvenuta proprio in virtù di un trattato internazionale, il Trattato di Maastricht.

inoltre, molto ci sarebbe da dire sulla cosiddetta democrazia diretta elettronica. Ci piacerebbe molto che il signor Grillo iniziasse ad adottarla per le decisioni sulla linea politica del proprio partito (movimento). Per esempio, il signor Grillo dovrebbe raccontarci di quella volta, quella in cui ha discusso con i propri iscritti ed elettori sull’opportunità o meno di riformare la legge elettorale. Chi di voi avesse partecipato, è pregato di scrivere nei commenti a questo post il resoconto dettagliato di queste deliberazioni elettroniche. Che sicuramente ci sono state. Sicuramente. Ci. Sono. State.

I 5 Stelle votano per sbloccare i fondi TAV?

Bozza decreto legge pagamenti pubbliche amministrazioni

Ad affermarlo è stata Radio Black Out, radio indipendente e No Tav. Ne è nato un fittissimo dibattito su Twitter, aperto ancora tuttora, durante il quale però non è arrivata alcuna smentita da parte dei 5 Stelle. Radio Black Out parla espressamente di sblocco dei finanziamenti alla Tav, come potete evincere seguendo il link all’intervista: http://radioblackout.org/2013/04/pd-pdl-e-m5s-soldi-alle-imprese-e-alle-grandi-opere/

In realtà, l’intervistato di Radio Black Out fa confusione fra il decreto, che non è stato ancora approvato dal Consiglio dei Ministri e che pertanto è solo una bozza di cui nessuno conosce il contenuto se non i ministri, e le due mozioni presentate il 2 Aprile in aula durante la discussione sulla Relazione del Ministro Grilli circa l’operazione pagamento debiti pregressi della Pubblica Amministrazione.

http://twitter.com/Wu_Ming_Foundt/status/319872456141709312

Come è stato detto nel dibattito online, nella prima mozione (n. 6-00001), primo firmatario Vito Crimi, veniva richiesto al governo di inserire una previsione circa “un ampliamento delle deroghe già previste a partire da quelle sui cofinanziamenti dei fondi europei, con preclusione delle cosiddette grandi opere come la TAV”. Tale frase è altresì contenuta nella Relazione del Ministro Grilli (vedi Doc. LVII-bis, n. 1) con eccezione della preclusione. Nella relazione è infatti scritto: “Le misure per l’accelerazione dei pagamenti riguarderanno: […] la deroga alle spese 2013 per i cofinanziamenti nazionali dei fondi strutturali europei”. Il Relatore della mozione 2, il senatore Bubbico, si è così espresso:

Nel corso dei lavori il Governo ha chiarito che il riparto del programma straordinario prevede circa 19 miliardi a vantaggio degli enti territoriali, 14 miliardi per la sanità, 7 miliardi per lo Stato. […]

Una piccola quota del margine di peggioramento dell’indebitamento netto del 2013, pari a circa 800 milioni, è destinata al finanziamento di nuovi investimenti produttivi che, in base alle decisioni dell’Unione europea, potranno essere scomputati dai parametri rilevanti per l’equilibrio strutturale dei bilanci. È passato, insomma, il principio di una golden rule, seppure vada ancora chiarito a quali classi di investimenti potrà essere applicato. In linea generale, dovrebbero essere coinvolti innanzitutto i cofinanziamenti nazionali dei fondi strutturali.

La discussione, inoltre, ha chiarito che è interesse del Paese ottenere, nel confronto con le istituzioni europee, una interpretazione di questa regola che comprenda non soltanto i grandi progetti infrastrutturali, ma l’insieme delle misure di investimento che possono esercitare un impatto a breve positivo sulla crescita e sulla riduzione della disoccupazione, in particolare di quella femminile e giovanile (Resoconto stenografico della seduta n. 007 del 02/04/2013).

Bisogna innanzitutto chiarire che i 7 mld destinati ai debiti dello Stato non sono ascrivibili direttamente ai lavori per la Tav in Val di Susa. Non è scritto da nessuna parte. Il senatore dei 5 Stelle, Cappelletti, così spiegava la scelta di ritirare la mozione 5S convergendo sul testo condiviso dall’aula:

Signor Presidente, rappresentanti del Governo, colleghi senatori, confermo naturalmente che, come Movimento 5 Stelle, per coerenza con la nostra linea politica di votare le idee e i provvedimenti, abbiamo ritenuto opportuno ritirare la nostra proposta di risoluzione per convenire ad un testo condiviso […] Noi crediamo che i debiti vadano pagati tutti. Certo, siamo anche consapevoli della situazione disastrosa dei conti pubblici, conseguenza di decenni di malgoverno, ed è proprio perché le risorse a disposizione sono scarsissime che abbiamo indicato in Commissione alcune semplici priorità: prima alle aziende, al lavoro, all’economia reale e poi alle banche e alla finanza; prima alle piccole e medie imprese e poi alle altre; prima alle piccole opere piuttosto che a quelle grandi […] Da piccolo imprenditore, oltre che portavoce del Movimento 5 Stelle, confermo dunque il nostro voto favorevole alla proposta di risoluzione n. 2 su cui sono convenute tutte le forze parlamentari, nella consapevolezza che debba essere solo il primo di una serie di provvedimenti necessari ed urgenti a favore delle imprese (Resoconto stenografico della seduta n. 007 del 02/04/2013).

Il riferimento alle grandi opere è quasi strumentale. La quota da ‘sbloccare’ e che è relativa ai cofinanziamenti nazionali dei fondi strutturali è annunciata intorno agli 800 mln e soprattutto dovrebbe essere impiegata non solo per i grandi progetti infrastrutturali, ma anche per le piccole opere. Sono le parole del relatore della Mozione 2, poi approvata all’unanimità.

Non è così chiaro se Radio Black Out ci abbia visto giusto o meno. Attendiamo il decreto.

M5S, il caso di Roberto Fico e delle residenze “mobili”

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Nella serata del 6 Dicembre il Meet up di Beppe Grillo della Campania è stato teatro di una polemica kafkiana. Tutta l’attenzione si è orientata intorno alla figura di Roberto Fico, storico esponente del M5S campano, più volte candidato per il Movimento, da sindaco a presidente di regione e sempre senza ottenere grandi successi; secondo Federico Mello (Pubblico Giornale), “il pupillo di Casaleggio”.

Fico è oggi diventato capolista per la circoscrizione Campania 1 in seguito alle parlamentarie, le blindatissime primarie online del M5S. Niente di strano, il ragazzo è molto popolare a Napoli. Ma sul forum del meet-up, qualcuno – avente un account fake – ha pubblicato copia del certificato storico di residenza di Roberto Fico. E in un istante è venuto alla luce che Fico non possedeva, al momento della candidatura, uno dei requisiti richiesti da Grillo: la residenza all’interno della circoscrizione in cui si propone la candidatura. Fico infatti risiedeva sino ad inizio Novembre al Circeo, fatto noto ai frequentatori del Movimento campano poiché era già così ai tempi delle candidature alle amministrative e alle regionali.

Il post fake è stato subito rimosso, ma non sufficientemente in tempo per non esser notato da alcuni iscritti al meet-up, i quali hanno lanciato un tread chiedendo a Fico di chiarire. Il tread è ancora aperto e si è trasferito sulle pagine Facebook di Valentino Tavolazzi. Tavolazzi ha rilanciato le domande di chiarimento a Fico, ieri sera. Ne è nata una disfida che si è consumata tutta la notte.

In sostanza, Fico avrebbe flaggato il formulario di iscrizione certificando di mantenere i requisiti posseduti alle precedenti elezioni. Tra i requisti richiesti per partecipare alle elezioni amministrative vi era appunto il possesso della residenza nella circoscrizione del Comune in cui si intendeva candidarsi. Sia chiaro, è una norma auto-imposta dal Movimento. La legge parla diversamente, in tema di candidature: a pena della nullità dell’elezione, nessun candidato può essere incluso in liste con diversi contrassegni, né può accettare la candidatura contestuale al Senato e alla Camera (D.P.R. 361/1957, art. 19). Non vi sono limiti, invece, alla possibilità di essere inclusi in liste aventi lo stesso contrassegno, presentate in più circoscrizioni.  Il problema è quindi tutto interno; è un problema di rispetto delle regole volute dal Capo. Che Fico avrebbe aggirato semplicemente spostando la propria residenza. Ma il dato politico è questo: Fico, al momento della candidatura, avrebbe dichiarato il falso. Avrebbe cioè flaggato di possedere il requisito della residenza senza però che il cambio fosse già realmente avvenuto. Tavolazzi ha più volte insistito con Fico per sapere la data del cambio di residenza, ottenendo due distinte date: una, il 26 Novembre scorso, l’altra il 4 Novembre.

tavolazzi_vs_ficotavolazzi_vs_fico_2Sul forum del meet-up è stata anche avanzata l’ipotesi che la violazione di questa regola (che è regola interna e come tale non ha valore di legge) possa determinare l’invalidazione della lista elettorale. Inutile dilungarsi qui sulla pretestuosità di tale affermazione. Il discrimine non è giuridico ma politico. Fico ha “falsificato” la propria dichiarazione (rilasciata il 4.11) ed ha sanato ex-post la propria posizione, cambiando residenza (il 26.11). Tutto ciò, mi rendo conto, può risuonare come un mero formalismo, ma del resto tutte le regole emanate da Grillo-Casaleggio-Lo Staff subodorano di gretto formalismo. Certamente, chi ha stabilito queste norme, deve farle rispettare. Non può e non deve trovare vie per le deroghe, per poi cancellarle due anni dopo, come successo nel caso di Biolé. Se si ammette la deroga per Fico, senza nemmeno aprire un dibattito, lo si fa con la chiara intenzione di tenere Fico “appeso al bavero”. Ponendo il caso che Fico entri in Parlamento, nel momento in cui si distanziasse dalla linea politica decisa da Grillo-Casaleggio-Lo Staff, ecco rispuntare quel cavillo, e Fico sarebbe messo fuori dal M5S. L’errore grave è proprio questo. L’ammissione o l’estromissione dalla deroga è decisa dal vertice e non da una regola astratta. Il che pone nelle mani del vertice (intoccabile, inamovibile, immutabile) un potere illimitato nei confronti del candidato-servitore. E’ un revolver sempre carico, messo lì, sul tavolo. Come monito, più che altro.

Primarie M5S, voci dietro al muro di gomma

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Le primarie del Movimento 5 Stelle sono iniziate oggi. Con il crash del sito http://www.beppegrillo.it/movimento/elezioni-politiche-2013.html ma soprattutto con qualche altra sottaciuta polemica che emerge a stento da dietro il muro di gomma che lo staff ha creato intorno alla competizione. Prendete per esempio la testimonianza, postata sulla pagina Facebook di Valentino Tavolazzi, di Davide Gionco, candidato per la circoscrizione estero:

Davide Gionco (di LOSANNA – candidato per M5S per il collegio internazionale!!!!) scrive TESTUALE!!!!
In ogni caso oggi ho deciso di ritirare la mia candidatura, anche se naturalmente dal punto di vista informatico la cosa è impossibile (non l’hanno previsto…). Ho preso questa decisione sia perché negli ultimi giorni mi è stato posta come condizione il riconoscere il capo politico, che io invece non riconosco come capo. E poi perché mi trovo a dovere scegliere fra decine di candidati che non conosco (collegio Internazionale: non ci conosciamo), avendo solo poche ore per leggere il loro CV, e solo durante le ore di votazione (che coincidono con le ore di lavoro, o quasi). Infatti i CV non risultano accessibili al di fuori delle ore di votazione. Mi chiedo che senso abbia votare per persone che non si conoscono senza avere neppure a disposizione il tempo per conoscerle. (link fonte).

AdnKronos riporta questo commento ripreso dal blog di Grillo: “C’e’ anche chi segue M5S da 5 anni, virtualmente e “fisicamente”, come scrive Antonino di Roma, eppure resta fuori dalla corsa. “Caro Grillo e’ frustrante! E non e’ neanche bello vedere che i votanti abilitati sono poco di piu’ dei candidati”, lamenta il grillino”. Da che se ne deduce una verità: i votanti sono poco più che i candidati, ergo si voteranno fra di loro. Un disguido, certamente.

Poi ci sono i problemi tecnici, molti a quanto pare. Sul blog, Grillo ha scritto in testa ad un articolo in cui si parla di tutt’altro (L’era della scarsità – Lester Brown) che alcuni indirizzi di posta @gmail non hanno ricevuto la e-mail di accettazione, pertanto questi iscritti hanno dovuto accedere al proprio account e modificare la e-mail di riferimento. Qualcuno tenta di dare una spiegazione:

  • Se sono solo ALCUNI indirizzi di gmail a non ricevere, probabilmente i messaggi sono finiti nella casella dello spam. Soluzione: aggiungere l’indirizzo da cui proviene l’email alla lista contatti di gmail.
  • Se sono TUTTI gli indirizzi gmail a non ricevere allora l’indirizzo da cui proviene la mail e’ stato messo in una black list. Soluzione: l’amministratore del blog deve contattare google e chiederne il perché e quindi la rimozione.

il problema è tanto comune che è un diluvio di commenti del genere, diluito dal solito commentare fuori tema degli animatori del blog. Brois V. scrive di essere iscritto al portale da tanto tempo e di essere pure certificato. Ma anche lui non ha ricevuto alcuna email e nel profilo non trova alcun riferimento alla pagina di modifica.

Caro Boris, sono nella tua stessa identica situazione.
Ho provato e riprovato, alla fine sono riuscita a fare il login e a trovare le votazioni quando appare la scritta che dice che LE VOTAZIONI SONO AL MOMENTO SOSPESE E RIPRENDERANNO TRA 15 ORE E 50 min.
Forse le connessioni sono troppe, ma da stamattina non sono riuscita a fare nulla… non è possibile!!!

alessandra c., roma 03.12.12 18:46

Vorrei porre lo stesso quesito perché non riesco a votare e perché non mi è arrivata la mail punto primo punto secondo sono settimane che chiedo mi venga gentilmente reso possibile scrivere con il mio nome su questo blog visto e considerato che sono anche inscritto al movimento a 5 stelle con documento il mio nome è Davide Franchin cari dello staff almeno un e mail che mi chiarisca il motivo perché non scrivo più con il mio nome.

francesco f., Treviso  03.12.12 19:23

SCUSATEMI, MA ANCHE VOI AVETE AVUTO DIFFICOLTA’ A VOTARE? MI PARE UN INFERNO STA VOTAZIONE

INCAZZATOO NERO, Mazara del Vallo  03.12.12 19:08|

e da mo’ che provo,non parte nemmeno la mia richiesta di istruzioni per votare. Grazie a chi mi aiutera’.

franco f., gradara  03.12.12 18:55|

Sarebbe interessante sapere quale è stata “l’affluenza” virtuale, essendo questo il primo esperimento in Italia di consultazione elettorale online. Sarebbe stato bello che si fosse potuto leggere tutti, anche i non appartenenti al movimento, in maniera trasparente e in tempo utile, i curricula dei candidati. Le cose stanno andando diversamente e l’esito finale verrà spacciato per un grande esempio di democrazia dal basso. Nulla di tutto ciò sta avvenendo. Il tentativo è più pasticciato che altro. Quello che segue è un altro commento che spiega bene il livello mediocre delle presentazioni, i curricula raffazzonati, incompleti, quasi in stile lavorativo:

Oggi mi sono riservato l’analisi delle auto-presentazioni dei candidati della Circoscrizione 1 della Lombardia per poter votare domani con calma.
Devo dire che alcune candidature, mi hanno deluso.
A parte quelli che non hanno messo neache la faccia (cioè non c’è neanche la loro foto…), alcuni hanno saltato la propria presentazione (niente CV, niente carta d’intenti).
Ma sopratutto non mi sono piaciuti coloro che si sono auto-presentati con un CV di tipo “lavorativo”.
Come se la candidatura fosse un colloquio di lavoro.

No, non è lavoro. Anche se i candidati diventeranno “dipendenti”, come vuole la retorica di Grillo, anche se ci si mette a posto, almeno per una legislatura. E si guadagna pure di più di quelli che ora fanno i consiglieri regionali.

Le terribili regole delle primarie (del M5S)

Matteo Renzi ha sollevato un putiferio sulle labili regole delle primarie del centrosinistra. La norma contestatissima è la registrazione all’albo degli elettori del centrosinistra, possibile sino al giorno della prima consultazione ed in seguito soltanto dietro “giustificazione”. L’intento di chi ha inventato queste regole è senz’altro quello di circoscrivere l’elettorato e di congelarlo fra il primo e il secondo turno. Evidentemente, per questo fatto i sostenitori delle primarie aperte (fra i quali mi annovero pure io) storcono il naso. Effettivamente, però, il caso nefasto delle primarie palermitane aveva suggerito ai vertici del centrosinistra di abbandonare lo stile gazebo e di dotarsi di un quadro di norme più stringente, vista e considerata la posta in palio: l scelta del candidato premier. Evitare infiltrati, primo obiettivo. Evitare il sabotaggio. Quel che è accaduto ieri con le mail bombing di Renzi altro non è che un tentativo di un candidato – per ora perdente – di ribaltare il risultato ribaltando il tavolo con le regole e le schede e tutto quanto. Se Renzi fosse stato primo in classifica, mica si sarebbe sognato di procedere con questo stile ‘eversivo’.

In ogni caso, le primarie come organizzate dal PD rappresentano un unicum non solo in Italia ma persino in Europa. Alle primarie del Partito socialista francese parteciparono ottocentomila persone. Le primarie dell’UMP, il partito di Sarkozy, sono finite in un guazzabuglio, con ben due vincitori, Fillon e Copé (poi Fillon è uscito dal partito per fondare un movimento politico tutto suo). E se pensate che le regole delle primarie del centrosinistra sono una inutile burocrazia, qualcosa che confligge con l’idea democrazia diretta che promana da una certa vulgata sul web, dovete immediatamente leggere quelle del M5S. L’altro esempio di ‘democrazia dal basso’ si scopre strettamente regolamentato e recintato, con numerosi e burocratici filtri all’ingresso. Qualcosa che Nico Stumpo faticherebbe a immaginare anche sotto lsd.

Già, i pentastellati faranno le primarie per decidere le liste dei parlamentari, un’idea nata altrove (vedi alla voce #ReferendumPD). Le consultazioni avverranno soltanto online, fra il 3 e il 6 Dicembre, rigorosamente dalle ore 10 alle ore 17. Nè prima, nè dopo. Volete parteciparvi? Vi sentite coinvolti dal partito dei 5 Stelle e volete essere protagonisti della scelta collettiva delle liste elettorali onde sconfiggere il Porcellum? Non potete. Non potete e basta. Fareste bene ad arrendervi. Anche perché non c’è nessun consiglio dei Garanti a cui appellarsi. Per partecipare siete fuori tempo massimo. Le regole parlano chiaro. Molto semplicemente:

  1. dovete essere maggiorenni (ah com’è antidemocratico il PD che vieta ai sedicenni di votare!);
  2. dovete essere iscritti al portale nazionale del Movimento 5 Stelle; la scadenza era il 30 Settembre scorso;
  3. dovete aver certificato la vostra identità tramite invio di una copia di un proprio documento entro e non oltre il 2 Novembre 2012, 24 ora italiana.

Vi siete dimenticati? eravate all’estero? o malati o male informati o distratti o senza connessione perché non avete pagato la bolletta a Telecom? Spiacenti, il 5 Stelle non ha bisogno di voi e se per caso voi voleste partecipare alle deliberazioni del partito della democrazia dal basso, ebbene non potete farlo. Punto. Siete esclusi. Niente mail bombing, please. Andate a votare per il PD, là c’è ancora tempo.

E poi trovo che le primarie online abbiano senz’altro meno fascino di quelle organizzate in scuole o in palazzetti dello sport, con quei seggi di cartapesta e quei pastelli neri che vedi attraverso la scheda, e le persone che incontri, l’umanità varia che fin dalle otto e dieci è disposta a fare la fila per registrarsi, pagare due euro, fare delle firme, aspettare, avvicinarsi allo scrutatore che ha l’accento siciliano, e poi aspettare lo spoglio, incazzarsi perché al Sud ma quanto tempo ci mettono, alzarsi l’indomani con il dubbio, l’attesa per i risultati mai definitivi e sempre ufficiosi, mentre un Nico Stumpertruppen sciorina dei numeri scritti sulla carta cellophane. Tutto ciò è impagabile, ed è la sinistra, bellezza.

Mentre Renzi spacca tutto, Bersani apre alla e-democracy

Mentre Renzi scaglia i suoi alla guerra delle regole giocata con strumenti elettronici, dalle mail-bombing ai siti cloni come votodomenica.it e domenicavoto.it, capita che Bersani faccia pervenire al sito di Prossima Italia la propria risposta sull’iniziativa dei ReferendumPD. I tipi di Prossima Italia avevano inviato la scorsa settimana le stesse domande a tutti e cinque i candidati ma solo il segretario ha risposto. Pur non entrando nel merito degli argomenti dei referendum, che riguardano la riforma fiscale, il reddito minimo, l’incandidabilità, i matrimoni gay, il consumo di suolo e le alleanze, il testo della lettera di Bersani contiene una informazione sinora rimasta inedita e riguarda il vero obiettivo di queste Primarie di coalizione e di questa campagna di registrazioni:

Tra le ragioni che mi hanno indotto a volere fermamente le primarie c’è la costituzione di un Album degli elettori dei democratici e dei progressisti. Proprio in questi giorni stiamo lavorando con tutte le nostre energie e con il contributo di migliaia di volontari alla realizzazione di questo obiettivo e spero di poter contare anche sul vostro aiuto. Nelle mie intenzioni questo Album potrà costituire la base, messa a disposizione di tutti gli iscritti al Partito democratico, per favorire iniziative di democrazia partecipativa simili a quella promossa dal Comitato ReferendumPd che potranno avere nella piattaforma web il luogo privilegiato di attuazione. (Prossima Italia|La risposta di Bersani).

Se ci pensate, questo aspetto aiuta a comprendere un’altra differenza fra Bersani e Renzi. Renzi è quello che usa il web come strumento di marketing politico, Bersani – che è pur sempre quello che chiamava internet “quell’ambaradan lì” – pensa di far emergere, attraverso la registrazione all’albo degli elettori, una platea di cittadini partecipativi da coinvolgere nelle scelte del partito. Qualcuno potrà obiettare che Renzi ha accolto le proposte del web nel proprio programma. Chi si ricorda di #wikiPD? Era una iniziativa lanciata dal Big Bang di Renzi. Fare una wiki del PD significava allora come oggi cominciare da uno spazio vuoto, dalla pagina bianca ed essere aperti alla collaborazione e alla condivisione. Renzi che fece? Era il tempo della Leopolda 2011 e il sindaco di Firenze pubblicò sul sito di Big Bang un documento programmatico che poteva soltanto essere discusso.Non c’era proprio nessuna wiki. Questo atteggiamento, già nell’Ottobre dello scorso anno, era risultato essere un segnale, una indicazione di una propensione a usare il web più come proscenio che come luogo di confronto. Oggi, con l’iniziativa dell’associazione Big Bang (che poi vuol dire Renzi medesimo) e l’apertura di ben due siti web con l’obiettivo di raccogliere nominativi di partecipanti esclusi da usare – questo lo scopo finale – domenica sera al fine ultimo di contestare il voto, Renzi ha confermato questa impressione.

La buffonata del Buffone sui futuri denari del M5S

La democrazia dal basso scopre il brivido della gestione centralizzata. Dell’organizzazione. Si dirà: è per tutelare il cittadino che così vedrà in trasparenza come sono spesi i soldi pubblici. I parlamentari del Movimento 5 Stelle ancora non esistono. Sono una opzione per il futuro parlamento. Una opzione che vale circa il 20% dei seggi. Questo venti per cento significano milioni di euro di denari pubblici, non solo promananti dal sistema dei rimborsi ma anche di quello del finanziamento dei gruppi parlamentari. Come pensano di gestire la faccenda i teorici della politica a basso costo via “internet”? Ma è ovvio: facendo una società che fa transitare i denari dalle mani dei futuribili parlamentari a quelli della Casaleggio Associati.

In sostanza, lo staff di Grillo ha chiesto ai candidati parlamentari, selezionati le scorse settimane per mezzo di primarie chiuse, di sottoscrivere un impegno (o un contratto?), letteralmente, per “abilitare la propria candidatura”. La richiesta reca in oggetto il seguente titolo: “Costituzione di “gruppi di comunicazione” per i parlamentari del M5S di Camera e Senato”. Questi gruppi di comunicazione avrebbero la funzione di gestire i contributi destinati agli scopi istituzionali riferiti all’attività parlamentare, nonché alle “funzioni di studio, editoria e comunicazione ad essa ricollegabili”. Eccoli, i denari pubblici. Che nella vulgata grillina dovrebbero essere restituiti allo Stato, qui invece vengono attribuiti a gruppi la cui organizzazione verrà definita da Beppe Grillo medesimo. I candidati parlamentari devono solo firmare, altrimenti sono fuori. Così Valentino Tavolazzi su Facebook: “Qualcuno può chiarirmi per favore se questo impegno richiesto ai candidati sia o no un modo come un altro per convogliare nelle casse della Casaleggio ed associati i soldi pubblici destinati alla comunicazione istituzionale dei gruppi M5S alla Camera e al Senato? Spero di aver capito male” (https://www.facebook.com/valentino.tavolazzi/posts/382821771794922).

Tavolazzi si augura di aver capito male ma, dopo la sua segnalazione, è scoppiato il putiferio. Articoli sono comparsi su Pubblico Giornale, su Repubblica e Il Fatto Q. I membri dei gruppi di comunicazione saranno scelti da Grillo. L’organizzazione sarà scelta da Grillo. Pure la destinazione dei soldi sarà scelta da Grillo. Il fine della creazione di questi gruppi gestionali di denaro pubblico è duplice:

  • da un lato, garantire una gestione professionale e coordinata di detta attività di comunicazione;
  • dall’altro, evitare una dispersione delle risorse per ciò disponibili.

Soprattutto l’istituzione di questi gruppi prevede una novità sostanziale per il M5S, direi quasi in opposizione alle sue regole medesime: l’adozione di uno Statuto:

La concreta destinazione delle risorse del gruppo parlamentare ad una struttura di comunicazione a supporto delle attività di Camera e Senato su designazione di Beppe Grillo deve costituire oggetto di specifica previsione nello Statuto di cui lo stesso gruppo parlamentare dovrà dotarsi per il suo funzionamento (M5S Salerno).

Il partito liquido diventa solido? Perché i gruppi parlamentari devono dotarsi di statuto e il Movimento no? Domande destinate a restare irrisolte. Che poi il denaro pubblico fornito dalle Camere dovrebbe essere speso per precise finalità. Si tratta di attività di comunicazione, quindi evidentemente di produzione editoriale. E naturalmente nel gruppo che sottende i 5 Stelle e il blog di Grillo, c’è una casa editrice (Chiarelettere) e una società di marketing (Casaleggio Associati). Chi meglio di loro potrebbe impiegare quei denari? Così Tavolazzi, due giorni dopo, lascia intendere: “Quanto si dividono i soci del Fatto Quotidiano. Tra loro anche Chiare Lettere, editore di Casaleggio” (https://www.facebook.com/valentino.tavolazzi/posts/531673310195341). In coda al post di Tavolazzi compare il seguente commento (che inserisco per darvi l’idea di che aria tira):

A voler comprender bene, dicendo e predicando che i soldi pubblici sono il male, si organizza prima un giornale, poi un partito e quel partito lo si manda in parlamento facendo incetta di seggi. Quindi, una volta che si deve gestire il denaro pubblico derivante dalla elezione in parlamento, che si fa? Si creano dei “gruppi di comunicazione” per spogliare il parlamentare del diritto di gestire quel denaro (al di là del fatto che può gestirlo bene o male) e anziché dire “quei finanziamenti non li vogliamo, non li utilizziamo, li restituiamo, ecc.”, ci si organizza per gestirli in maniera autonoma e oculata, in maniera “da non disperderli”. Non è strano tutto ciò? Soprattutto se pensiamo che la democrazia interna del M5S non esiste, che delle primarie del M5S non c’è traccia (forse in qualche chat fra qualche decina di persone) e che quando altri le fanno per davvero le primarie e vi partecipano in milioni, allora sono un trucco demagogico, una buffonata:

Alcune delle migliori risposte a questi tweet di Grillo:

E poi, quel post sulla violenza sulle Donne, dopo il punto G e la defenestrazione della Salsi:

L’Europa? Un buco da nove miliardi di euro

Infografica relativa al bilancio 2011 – Provenienza dei fondi

Ce lo chiede l’Europa. E, sulla base di questo assunto, tagliamo senza pietà i diritti sociali dei lavoratori. L’Europa, questo gigante morale. In questi giorni di trattative sotterranee e meno sotterranee, è emerso che il bilancio dell’Unione Europea dell’anno in corso ha in qualche modo prodotto un buco, un deficit, una voragine di nove miliardi di euro. Denaro che deve essere fornito dai paesi membri in quanto l’Unione deve portare a termine i progetti formativi e infrastrutturali. Sono i cosiddetti fondi per la ricerca e fondi sociali, i fondi per l’agricoltura, nonché l’amatissimo Erasmus, a non avere più copertura. Ad ottobre, l’UE aveva già speso una cifra pari all’88% del bilancio per il 2012. David Cameron è stato oggi in visita a Roma a Palazzo Chigi. La sua posizione è irremovibile: “E’ arrivato il momento di avere un maggiore controllo sulla spesa. Non possiamo piu’ permetterci di aumentare il bilancio, l’Europa deve imparare a vivere coi i suoi mezzi”. Monti ha ribadito che le distanze con il Regno Unito sulle modalità di colmare il disavanzo. La conciliazione è di fatto fallita. Le resistenze di Cameron sono rivolte anche e soprattutto sul prossimo settennato. Nel mirino di Cameron sono le politiche agricole, che premiano soprattutto l’Est Europa. Una vecchia storia che ricorda le battaglie di Margaret Tatcher. Sua la famosa esclamazione: “I want my money back”, voglio i miei soldi indietro. La Gran Bretagna ha minacciato di porre il veto se non sarà accolta la sua richiesta di congelare il livello delle spese in termini reali.

Ora la Commissione e il Parlamento hanno tre settimane di tempo per ricucire lo strappo nel Consiglio. La Commissione Ue preparerà due nuovi progetti, certamente dopo il vertice straordinario dei capi di stato e di governo Ue del 22-23 novembre. Sarà scorporato il piano per l’estensione del bilancio 2012 dal Progetto di Bilancio 2014-2020. Per fare un esempio, sulla crescita economica, la Commissione propone di stanziare 376 miliardi di euro a favore degli strumenti della politica di coesione, suddividendo tale importo tra i diversi settori interessati:

Ricerca e innovazione; Infrastrutture e energia; PAC;

  • 162,6 miliardi di euro per le regioni dell’obiettivo di convergenza;
  • 38,9 miliardi di euro per le regioni in transizione;
  • 53,1 miliardi di euro per le regioni dell’obiettivo di competitività;
  • 11,7 miliardi di euro per la cooperazione territoriale;
  • 68,7 miliardi di euro per il Fondo di coesione.
  • 9,1 miliardi di euro per l’energia;
  • 31,6 miliardi di euro per i trasporti;
  • 9,1 miliardi di euro per le tecnologie dell’informazione e della comunicazione (TIC);
  • 281,8 miliardi di euro a favore del primo pilastro della PAC;
  • 89,9 miliardi di euro a favore dello sviluppo rurale;
  • 4,5 miliardi di euro per la ricerca e l’innovazione;
  • 2,2 miliardi di euro per la sicurezza alimentare;
  • 2,5 miliardi di euro per gli aiuti alimentari;
  • 3,5 miliardi di euro per una nuova riserva per crisi eventuale nel settore agricolo;
  • fino a 2,5 miliardi di euro per il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione.

L’Italia è il terzo contributore netto dell’Unione e il primo per saldo netto negativo in termini relativi (0,38% del Pil). Però sono gli agricoltori di Lituania, Lettonia e Estonia ad aver annunciato annunciato una marcia su Bruxelles per protestare contro il sistema di finanziamento delle agricolture che loro ritengono “discriminatorio”. Nel nostro paese, se ce lo chiede l’Europa, siamo pronti anche a rinunciare a qualsiasi contributo.

M5S / Cancelleri e quella confusione sulle primarie

Riprendo questo capoverso dall’intervista a Giancarlo Cancelleri di Angela Gennaro per Pubblico Giornale. Cancelleri è il candidato Presidente per il M5S alle elezioni regionali siciliane di domani:

Come avete scelto i candidati?
Attraverso primarie durate due mesi. I candidati dovevano avere fedina penale pulita, un curricu- lum documentato nel movimento o nelle associazioni del territorio, l’assenza di tessere di partito e di esperienze politiche prece- denti. Non devono aver partecipato alle ultime due tornate elettorali a qualunque livello. Per noi il limite massimo è quello di due mandati. La documentazione è stata messa online dall’assemblea di agosto i delegati di tutte le città della Sicilia hanno votato (Pubblico Giornale).

A parte il riferimento ai prerequisiti dei candidati, vorrei sottolineare l’ultima frase. Cancelleri spiega che la documentazione relativa ai candidati è stata messa online e quindi votata. Ma da chi? “Dai delegati di tutte le città”. I delegati sono soggetti che a loro volta sono stati individuati all’interno dei vari circoli cittadini. Sono stati eletti? O nominati? In ogni caso non si tratta di normali cittadini, ovvero di cittadini esterni al mondo della politica, bensì degli stessi attivisti del movimento. Pertanto: gli attivisti votano o nominano i delegati, i delegati votano per scegliere i candidati di lista. Tutto ciò avviene all’interno delle “mura” del movimento/partito.

Cosa ha a che fare questa modalità operativa con la democrazia diretta? Nulla. Essa è infatti una delle mille possibili modalità con cui si esplica un sistema democratico rappresentativo. La moltitudine degli iscritti delega il proprio diritto di voto a un soggetto intermedio, il quale sussume in sé questo incarico. Esattamente come succede per le elezioni generali per la definizione della composizione delle Camere, laddove il popolo, in cui risiede il potere sovrano di fare le leggi, delega la medesima sovranità ai rappresentanti eletti.

Il grado di inclusività di questo modello è minimo se confrontato con la platea complessiva dei potenziali elettori del M5S. Ed è massimo a livello dei delegati. Il M5S, senza che se ne sia reso conto, ha dovuto pagare pegno a quella che si chiama “legge ferrea dell’oligarchia” (cfr. Roberto Michels). Ogni organizzazione reagisce alla complessità legata al numero (la massa degli elettori, o la massa, di ordine inferiore, degli iscritti) adottando una struttura verticale. In ogni organizzazione c’è sempre una minoranza che governa e una maggioranza che obbedisce.

Parlare di primarie, in questo caso, è sbagliato. Le primarie sono uno strumento di selezione delle candidature che estende il diritto di scelta a una platea di elettori quanto più ampia possibile, almeno tanto quanto è ampio il bacino elettorale del partito/movimento. Le primarie aperte realizzano il grado di inclusività massimo che un sistema democratico rappresentativo possa avere. Il voto dei candidati a 5 Stelle è stato limitato a un gruppo di delegati, a loro volta eletti o nominati (non è chiaro) dalle assemblee cittadine degli iscritti al movimento. Il voto delle primarie non è delegato, ma è diretto. Questa la grande differenza. Questa la ragione per cui affermo che la democrazia diretta nei 5 Stelle non esiste.

Verso la guerra di Siria

Ci sono forti, fortissimi segnali che il mirino della Santa Alleanza Occidentale che passa sotto il nome della Nato, si sita dirigendo con molta più precisione verso Damasco. La Siria di Assad, dopo essere stata scomunicata dal consiglio della Lega Araba, succede alla Libia di Gheddafi e forse permetterà di aprire il fronte Israelo-Iraniano. Insomma, un bel guazzabuglio. Perché da un lato ci sono i massacri dei civili da parte dell’esercito di Assad, dall’altra c’è il rischio fortissimo di incentivare dinamiche belliche pericolosissime, come quelle turche o quelle iraniane o israeliane che dir si voglia.

In Sira si dice, si narra, sia un massacro da sei-sette mesi a questa parte. Al Jazeera evidentemente è tesa a enfatizzare gli scontri, seppur ridotti di numero rispetto al periodo della ‘Rivoluzioe dei Gelsomini’. Ad essa si sovrappone la grancassa dei media anglo-americani. Ci sono voci dissonanti, come ai tempi dell’intervento in Libia, sul reale stato delle cose. Stefano Vernole (cpeurasia) scrive che Damasco è una città tranquilla, che l’esercito è nelle caserme e non c’è traccia di scontri e che quelli della Lega Araba lo sanno, poiché “sono usciti dal Palazzo Presidenziale dopo i [recenti] colloqui ridendo e senza alcun tipo di scorta” (Vernole, cit.). Non so se questo fatto debba esser preso a misura dello stato delle cose in Siria. Quel che è certo è che la scomunica della Lega Araba apre i giochi per il sovvertimento del regime di Assad, ovviamente manu militari.

Il verdetto della Lega Araba ha dato una scossa a Erdogan, primo ministro turco, che non vede l’ora di valicare il confine e invadere, avete capito bene, invadere la Siria. Vi ricordo che la Turchia è una paese Nato. Detto questo, una invasione della Siria è un atto di guerra della Nato contro uno stato indipendente. Secondo la teoria della Guerra Giusta, le continue violazione dei diritti umani in quel paese da parte del potere pubblico, rendono legittimo l’intervento di una forza esterna, naturalmente dietro mandato Onu. Che non arriverà. I segnali sono sempre più chiari. La Russia non autorizzerà l’intervento, neppure la Cina darà l’avvallo. E’ escluso che il Consiglio di Sicurezza Onu si pronunci per una invasione della Siria. Sarà un atto deliberato della Turchia, in violazione del diritto internazionale.

La decisione adottata sabato scorso dalla Lega Araba di sospendere la Siria è “giusta”: lo ha affermato il ministro degli Esteri turco, Ahmet Davutoglu, in visita a Rabat dove domani si svolgerà un vertice ministeriale della Lega Araba alla quale parteciperà anche il capo della diplomazia turca. “Il regime siriano non ascolta il suo popolo e persiste nella sua strategia della repressione”, ha sottolineato Davutoglu, aggiungendo che il suo governo è “pronto ad incontrare e ascoltare tutti i rappresentanti dell’opposizione siriana” (TMNews).

Ma la domanda è: esiste un’opposizione siriana? Quale è la condizione reale del paese? Sembra che invece una parte del paese si sia schierata dalla parte di Assad: è il terrore di una invasione straniera che li avrebbe spinti a scendere in piazza a fianco del presidente ( e non solo la coercizione). L’immagine di uno scontro di civiltà disegnato da Al Jazeera e dai media USA contrasta con il fatto che il paese è ” un coacervo di etnie e culture tutte rispettate e ben rappresentate dalle moschee, dalle chiese cattoliche e da quelle cristiano-ortodosse, che convivono pacificamente l’una di fianco all’altra” (Vernole, cit.).

La Turchia ha in serbo una mossa strategica, il taglio della fornitura di corrente elettrica:

La Turchia potrebbe rivedere le proprie forniture di energia alla Siria qualora l’attuale ‘clima’ repressioni dovesse continuare: lo ha detto il ministro dell’Energia turco, Taner Yildiz. Tagli all’energia e alla fornitura di acqua informalmente erano considerati esclusi dal pacchetto di sanzioni contro la Siria che, da settembre, Ankara sta mettendo a punto di concerto con gli Usa per ottenere un ammorbidimento della repressione contro le proteste popolari anti-regime. (ANSA).

Sarebbe il primo atto di guerra, non contro Assad ma contro il popolo siriano.