Sfiducia Alfano: Napolitano ordina, Epifani esegue, Franceschini si frega le mani

Sì, è un fotomontaggio

Sì, è un fotomontaggio

Oggi lo possiamo dire con un certo grado di sicurezza: i famosi 101 hanno un padre ispiratore, un ideatore occulto che si è inventato letteralmente il secondo mandato e ha costruito il governo delle ‘Larghe Intese’. Sì, Giorgio Napolitano.

Napolitano, oggi, si è palesato con alcune dichiarazioni fin troppo limpide: 1) non è possibile nemmeno far vacillare il governissimo; 2) chi lo fa si prende la colpa e non potrà contare sul Presidente per la formazione di un nuovo governo (ergo, se cade Letta si dimette?); 3) l’alternativa è che non c’è nessuna alternativa, pena la gogna finanziaria internazionale. Il governo del cambiamento è stato negato fin dalle origini dal Quirinale. Il Quirinale ha accolto il pavido Bersani, incapace di dire pubblicamente che il governo con il PdL era già nei programmi il giorno dopo le elezioni. Il Quirinale ha accettato una nuova candidatura per un mandato bis talmente irrituale da essere ai confini della costituzionalità. Il Quirinale è la garanzia vivente per la sopravvivenza di Letta quale presidente del consiglio del Governissimo.

La mina del Kazakhstan, esplosa con colpevole e consapevole ritardo (tutto era noto, persino che si trattava dei familiari di un dissidente – poiché così recitò l’Ansa del 31 Maggio), ha finito per rivelare o l’incapacità della gestione Alfano, oppure la sua correità con la deportazione di Alma e Aula Shalabayeva. In ogni caso, sarebbe un ministro da dimissionare. Letta, invece, ha dapprima negato il caso (ed era il 5 Luglio, “non ho letto i giornali”, rispose al cronista de Il Fatto), poi ha emesso, tramite il Consiglio dei Ministri, un comunicato in cui assicurava la correttezza delle procedure seguite dai poliziotti; infine, dopo la lettura dell’informativa ‘urgente’ alle Camere, ha sposato in pieno la linea del ‘non c’ero, non sapevo’ del suo ministro. Di fatto, a questo punto della vicenda, diventata a pieno titolo uno scandalo internazionale, né Alfano né Letta potrebbero rimanere al proprio posto indenni. Ma al tempo delle larghe intese, questo prezzo lo pagheranno altri (tipo, per esempio, gli elettori del PD – e le anime belle).

Napolitano ha stigmatizzato anche lui il caso Shalabayeva. Parla di ‘imbarazzo’ e ‘discredito’ per il paese, ma non di grave violazione dei diritti umani.

Occorre sgombrare il campo egualmente da gravi motivi di imbarazzo e di discredito per lo Stato e dunque per il Paese, come quelli provocati dall’inaudita storia della precipitosa espulsione dall’Italia della madre Kazaka, della sua bambina, sulla base di una sedicente e distorsiva rappresentazione del caso (Il Sole 24 Ore).

“È indispensabile”, ha altresì detto, “proseguire nella realizzazione degli impegni del governo Letta, sul piano della politica economica, finanziaria, sociale, dell’iniziativa europea, e insieme del cronoprogramma di 18 mesi per le riforme istituzionali”. Ecco cos’è il governo Letta: il governo del Presidentissimo, con un programma di riforme pensate e ideate dal Quirinale. Come scrive Civati, “una riforma costituzionale l’abbiamo già fatta. Il presidenzialismo”.

Il rischio Alfano si è quindi trasferito in toto sulle spalle deboli della maggioranza di governo: quelle del PD. Già, perché dinanzi ad una sacrosanta mozione di sfiducia delle opposizioni, la segreteria, su evidente imbeccatura del Quirinale (e pronta adesione dei 101…), ha stabilito tramite il capogruppo Zanda la linea dura: “non ci saranno voti in dissenso” per cui pare evidente che, se anche ben ci saranno, il momento dopo in cui verranno espressi, quei voti non saranno più del PD, ma del gruppo Misto. L’ombra dell’espulsione è solo paventata, ma è evidente, sottotraccia, come un bastone che balena dietro le schiene di energumeni picchiatori. Franceschini, ministro per i rapporti con il Parlamento (che sembra più che altro un ministro per i rapporti del PdL con il PD) afferma:

“È ora di smetterla che quelli che non si allineano alle decisioni del partito fanno la figura delle anime belle mentre gli altri, quelli che ci mettono la faccia, sono i cattivi. Questo non è più tollerabile”.

Non è più tollerabile significa una cosa sola. C’è bisogno di spiegarlo? Il gruppo PD al Senato ha votato quasi all’unanimità per il no alla sfiducia individuale. Si sono distinti in sette, fra cui l’unico superstite fra i renziani, Marcucci (hanno resistito dietro la linea Maginot dell’astensione i soli senatori Ricchiuti, Tocci, Collina, Puppato, Marcucci, Cociancich). La linea dura di Zanda è stata rafforzata con questo passaggio logico: non è un voto di coscienza, è un voto politico (come se la coscienza fosse impolitica). Detto ciò, ha detto tutto: la politica del PD è proseguire il disegno quirinalizio delle riforme in diciotto mesi, mantenendosi al potere con e per il tramite della pletora berlusconiana. Se il governo consegna nelle mani di un dittatore la moglie e la figlia di sei anni (ripeto, sei anni!) di un dissidente, niente importa, vengon prima le miracolose riforme costituzionali.

Ci rimangono Franceschini e il suo volto duro da Sceriffo.