Dal Canone Rai al Canone Santoro e la webtv che non c’è

L’entusiasmo per Annozero finalmente scevro da censure e presunte tali, un Annozero diventato webtv senza padroni, che parla una lingua libera e sceglie la forma ‘social’ per condividere temi e destino con quello che sino ad ora è un pubblico passivo che guarda e paga, si può dire che finisce qui.

Nel pomeriggio ha fatto il suo debutto il sito Servizio Pubblico, sorta di piattaforma di raccolta fondi per finanziare il progetto di ‘Comizi d’Amore’, la nuova trasmissione di Santoro. Compare, in apertura sito, un messaggio di Santoro ai netizen, una preghiera riassumibile in una parola: finanziatemi. E Michele chi? chiede 10 euro a testa come contributo volontario. Lui afferma che la sua trasmissione è servizio pubblico e non doveva essere cancellata. Fa rivivere attraverso le parole quel sentimento di indignazione che si insinuava in ognuno di noi nei giorni delle trame di Saxa Rubra e Via Teulada fra Mauro Masi e i ‘cani’ del padrone, volti a zittire la scomoda trasmissione televisiva. Santoro osa spingersi sino a paragonarsi a Bouazizi, “quel tunisino da cui è nata la rivolta nel maghreb”, una esagerazione come sottolinea Fabio Chiusi, un peccato di vanagloria che l’eroe antiberlusconiano poteva anche risparmiarCi.

Ma ciò che veramente dà da pensare è la forma della nuova creazione. Che pretende di comunicare sul web ma che ignora le sue regole, che sono la partecipazione e la condivisione. Nel sito serviziopubblico.it, Santoro vi appare in un videomessaggio, esattamente come accade sul vituperato forzasilvio.it. Santoro ha soltanto adesso cercato di comunicare con il web, a parte per qualche striminzito messaggio su Facebook. E la prima cosa che si ha chiesto non è di partecipare alla creazione dei contenuti, bensì di pagare una specie di canone per i “cacciati dalla tv pubblica”.

Il nuovo Comizi d’Amore avrà una sua redazione di (certamente ottimi) giornalisti professionisti – seppur precari – che lavorerà esattamente come ha lavorato per anni in Rai; una redazione a cui hanno installato il telefono da “appena due ore” (!). E allora vien da credere seriamente che il web per Santoro sia un elettrodomestico surrogato della tv, un canale di comunicazione unidirezionale, l’esatto opposto della filosofia 2.0, dove il singolo è occhio e al tempo stesso voce (ovvero spettatore passivo e attore) di una dinamica discorsiva che è molteplice e si disloca su innumerevoli e infiniti piani.

Santoro invece è rimasto fermo alla vecchia tv di denuncia nella quale il ruolo di attore spetta al giornalista, colui che confeziona il pacchetto informativo – che è insieme racconto del fatto e giudizio – e lo sottopone allo spettatore, senza però riceverne alcun ritorno se non in termini di ascolto, di ‘auditel’. La tv che cerca di finanziare è la solita ‘tivvù’ , scritta così, come la pronuncerebbe un qualsiasi Pippo Baudo.

La webtv è altro: è creatività senza budget e senza finanziatori, è apertura al contributo a alla condivisione. Santoro aveva in mano l’occasione per fornire la sua professionalità alla webtv e invece preferisce convogliare il già visto – seppur nella forma corretta di Raiperunanotte – piuttosto che osare. Osare è il verbo del futuro, direbbe lo Steve Jobs che si nasconde in tutti noi. Ma in questo paese il futuro si è smarrito, o si annoia profondamente.

[Naturalmente possa sbagliarmi. Voi cosa ne pensate?]