Gezi Park, testimoniare le violenze – #DirenGeziParki

donna_gezipark

Ancora immagini da Istanbul, immagini di rivolta e di repressione.

http://twitter.com/hejdanielle/status/346339709955489793

http://twitter.com/lucatincalla/status/346033658848759808

http://twitter.com/AnonOpsMob/status/346007893612564480

Riot, un software per controllare i social network

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Si chiama Raytheon ed è una società multinazionale che si occupa di ‘Difesa e sicurezza’. E’ il quinto produttore al mondo di questo genere di servizi. Il Guardian ha pubblicato un video che svela come il software prodotto da Raytheon, Riot (che sarebbe l’acronimo di Rapid Information Overlay Technology), sia in grado di scandagliare trilioni di entità attraverso i vari social network. Lo ‘strumento’ di controllo sarebbe in grado di fornire previsioni circa gli spostamenti o i comportamenti degli utenti. Guardian parla di sofisticata tecnologia che potrebbe trasformare i social media in “Google delle spie”. Chiaramente questo tipo di tracking online verrebbe messo in opera a prescindere dalle intenzioni dei proprietari delle identità sui social. Così Facebook, Twitter, Foursquare ci fanno accettare le loro policy sulla privacy online mentre questi software spia bypassano la burocrazia e registrano ogni nostro click. Riot sfrutterebbe soprattutto le fotografie pubblicate sui social, dalle quali estrarrebbe i dati della geolocalizzazione, ovvero latitudine e longitudine.

Riot è in grado di visualizzare in un diagramma le associazioni e le relazioni tra gli individui online, cercando fra quelli con cui hanno comunicato di più su Twitter. Si può anche estrarre i dati da Facebook e vagliare le informazioni sulla posizione GPS da Foursquare, i cui dati possono essere utilizzati per visualizzare, in forma grafica, i primi 10 posti visitati dai singoli individui e gli orari in cui li hanno visitati. In sostanza, sfrutta tutte le informazioni che noi pubblichiamo ignari che queste possano avere una qualche risultanza per qualcuno.

La tracciabilità dei comportamenti elimina lo spazio di incertezza che ogni individuo porta con sé: in altre parole, elimina lo spazio della libertà individuale. Se tutto può essere tracciato e controllato, anche le nostre decisioni future possono essere inglobate in un algoritmo che tutto prevede poiché può attingere da un serbatoio smisurato di profili. Sinora l’obiezione più grande verso questi software era che mai e poi mai avrebbero potuto gestire terabyte di dati di informazioni inutili. Che mai avrebbero potuto prevedere una insurrezione popolare – come la Primavera Araba – poiché il software non può distinguere la semplice opinione dalla intenzione. Cosa avrebbe di diverso Riot? L’uso dei dati pubblici di Facebook o di Twitter a scopo di ‘garantire la sicurezza di un paese‘ non è un reato. I dati sono pubblici, abbiamo scelto di renderli tali, abbiamo cliccato su ‘Mi piace’ ben consci che altri possono vederlo, anche i funzionari del servizio segreto del nostro governo. Quando questo strumento è nelle mani di un potere legittimo e democraticamente costituito, è un potere altrettanto legittimo, esattamente come quello di stabilire delle pene per dei reati, o come il potere di emettere sanzioni amministrative. C’è una indagine, si individua una fattispecie di reato,c’è un giudice che stabilisce la liceità di intercettazioni telefoniche, si scoprono le prove, si istruisce un capo d’accusa. Ma quando invece la natura del potere è illegittima, o legittima ma antidemocratica, allora questo strumento diventa l’arma letale che annienta la sfera privata dei diritti civili.

Il video pubblicato su Guardian

Il Parlamento Europeo cancella #ACTA

Tratto dal sito del Parlamento Europeo:

Il Trattato anti contraffazione ACTA (Anti-Counterfeiting Trade Agreement) è stato respinto mercoledì dal Parlamento europeo e pertanto, per quanto riguarda l’Unione europea, non sarà legge. È stata la prima volta che il Parlamento ha esercitato le sue nuove competenze in materia di trattati commerciali internazionali. 478 deputati hanno votato contro ACTA, 39 a favore e 165 si sono astenuti.

Sono molto felice che il Parlamento abbia deciso di seguire la mia raccomandazione di respingere ACTA", ha affermato il relatore David Martin (S&D, UK) dopo il voto, ribadendo le sue preoccupazioni su un trattato troppo vago e aperto a interpretazioni erronee. Tuttavia, ha aggiunto il relatore, l’UE deve trovare vie alternative per proteggere la proprietà intellettuale "Sosterrò sempre le libertà civili rispetto alla protezione del diritto di proprietà intellettuale ", ha aggiunto.

Christofer Fjellner (PPE, SE), fra i sostenitori principali di ACTA in seno al PPE, ha chiesto, prima della votazione in plenaria, di rinviare il voto in attesa del giudizio della Corte di giustizia europea sulla compatibilità del trattato col diritto comunitario. Il Parlamento ha respinto la richiesta e una forte minoranza si è alla fine astenuta sul voto sul consenso al trattato.

Una forte pressione dell’opinione pubblica

Durante la discussione su ACTA, il Parlamento è stato oggetto di una pressione diretta e senza precedenti da parte di migliaia di cittadini europei che hanno chiesto la bocciatura le testo, con manifestazioni per strada, e-mail ai deputati e telefonate ai loro uffici. Il Parlamento ha anche ricevuto una petizione firmata da 2,8 milioni di cittadini di tutto il mondo che chiedeva la stessa cosa.

L’accordo ACTA, che è stato negoziato tra Ue, Stati Uniti, Australia, Canada, Giappone, Messico, Marocco, Nuova Zelanda, Singapore, Corea del Sud e Svizzera, è stato concepito per rafforzare l’applicazione dei diritti di proprietà intellettuale. Il voto di mercoledì significa che né l’UE né i suoi Stati membri potranno far parte dell’accordo.

Il partito Internet e la post-democrazia rappresentativa

foto @linkiesta.it

Juan Carlos De Martin scrive oggi su La Stampa (Internet la democrazia necessaria – LASTAMPA.it) che Internet non è la causa primaria dei neo movimenti politici (europei e arabi) ma è un “facilitatore”, un catalizzatore. Un elemento tecnologico che non c’era e che oggi rende meno difficoltosa l’interazione a diversi livelli fra individui. Oggettivamente Internet è un mezzo di comunicazione, ma è radicalmente diverso dai media tradizionali – radio, tv, giornali. Se i media tradizionali hanno avuto e hanno tuttora una influenza nella produzione di consenso in un sistema democratico rappresentativo, quale sarebbe allora il ruolo del Web “nel plasmare le interazioni tra Stato e cittadini?”, si chiede De Martin. Quale ruolo nel rendere possibili partiti diversi dagli attuali? Quale ruolo nello strutturare nuove e più efficaci forme di dialogo tra eletti ed elettori? Quale ruolo nel dar forma a una sfera pubblica migliore, non solo a livello locale e italiano, ma anche europeo e globale? Bisogna prendere il Partito come caso di studio e ipotizzare come strutturarlo oggi, se dovessimo costruirne uno ex-novo. “Come faremmo un partito politico se potessimo partire da zero?”.

Il vantaggio del Web è insito nella riduzione del costo della interazione fra “militanti e dirigenti, eletti ed elettori, simpatizzanti e iscritti, partito e altri partiti, partito e istituzioni”. “Otteniamo la parola oggi in un modo che è così automatico e senza sforzo che è diventato invisibile”, scrive Cory Doctorow sul The Guardian. Il costo della transazione è minimizzato in un sistema che ha la tecnologia di internet, del web e dei social network come elemento catalizzatore dello scambio e della condivisione delle informazioni e della conoscenza. Se fino ad oggi la tecnologia in letteratura è sempre stata raffigurata con le sembianze di uno strumento del potere, uno strumento che trasforma il potere totalitario in iper-totalitario (George Orwell, 1984), secondo Doctorow, la tecnologia riduce i costi della interazione fra gli individui in maniera orizzontale, per tutti, non solo per “i meglio organizzati”. Anzi, oggi, per la prima volta nella storia, la tecnologia non implica organizzazione. Il Web rende efficaci ed efficienti gli scambi di informazione anche fra quei gruppi che non sono organizzati. O per meglio dire, il Web presuppone disorganizzazione e liquidità delle forme della interazione. Non richiede posizioni gerarchiche poiché la parola fluisce liberamente in un contesto stratificato a più livelli comunicativi.

“Disorganised, effective” is groups like Anonymous and Occupy, groups that have no command structure at all, not even an articulated set of goals, no formal membership structure, and in Anonymous’s case, no formal deliberative process (Disorganizzati ma efficaci sono quei gruppi come Anonymous e Occupy, gruppi che non hanno alcuna struttura di comando, nemmeno un set articolato di obiettivi, senza una struttura associativa formale, e nel caso di Anonymous, nessun procedura formale deliberativa), Cory Doctorow, Disorganised but effective: how technology lowers transaction costs | Technology | guardian.co.uk.

Da un lato quindi, la riduzione dei costi di transazione implica la possibilità di aggregazione senza struttura, dall’altra fornisce al potere la possibilità di rafforzarsi e di amplificare il controllo dei comportamenti. La tecnologia del Web si stratifica sul sistema politico della democrazia rappresentativa oramai affetta da un surplus di potere dei gruppi di interesse che hanno cooptato i corpi intermedi – partiti, sindacati, associazioni – trasformandoli in strutture volte alla riproduzione del consenso, anche attraverso la manipolazione mass-mediatica. Dahrendorf, come Crouch (2009) parla appunto di post-democrazia indicando una serie di processi di degenerazione del modello rappresentativo della democrazia, a cominciare dalla dissoluzione della partecipazione. Il cittadino chiede di poter essere partecipe del meccanismo decisionale, mentre lo Stato-Nazione è messo in soggezione da organismi sovra statuali – non democratici – che ne erodono la sovranità interna. Così la sfera pubblica conosce una deriva personalistica e autoritaria. Il freno a questa deriva, secondo Dahrendorf, non può che essere la società civile, tramite le associazioni di volontariato, le ONG, il terzo settore. Ma,

[l’]Antidoto alla caduta della mediazione nei luoghi istituzionali della delega politica, come della presa di potere e del ruolo autocrate di media e tv, la cosiddetta società civile e le organizzazioni non governative rischiano di abdicare al loro tradizionale ruolo borghese di critica sociale e controllo delle decisioni del governo, divenendo artefici di una “governance” in nome della quale sono cancellate alternative e differenze di opinione (Dahrendorf, Ralf, Dopo la democrazia).

La confusione del ruolo fra società civile e sistema politico avviene in un contesto in cui il controllo dei governati sui governanti si è rovesciato nel controllo dei governanti sui governati. Il meccanismo della produzione di consenso e del suo mantenimento “sono oggi assolutamente distorti, in quanto il metodo della consultazione diretta ed esasperata, come il sondaggio permanente sul gradimento dell’azione di governo, è pratica non politica bensì aziendale, tecnocratica, imposta da media e premier sul terreno della rappresentanza” (Dahrendorf, Ralf, Dopo la democrazia). Possono allora i gruppi “disorganizzati ma efficaci” che nascono in rete sottrarsi a questa pericolosa sovrapposizione di ruoli fra società civile e sistema politico, laddove quest’ultimo ha in mano le tecnologie per riprodurre il consenso? Non somiglia questa a una battaglia di successione di tecnologie?

Il problema della neutralità della Rete non è affatto secondario. L’idea di uno “spazio internettiano libero e autoregolato si confronta con la pratica dell’influenza sempre più chiara degli Stati nella struttura della rete” (La maturazione del rapporto tra internet e democrazia | Luca De Biase). Questa epoca di mutamento, che è anche epoca di crisi economica, richiede un cambio di paradigma. Internet prelude alla condivisione di informazioni, interazione non prettamente economica in senso capitalistico, ovvero non è uno scambio “merce contro moneta”. Internet rende possibile su scala globale questa interazione, che non è mai scomparsa nel tessuto connettivo relazionale viso-a-viso. Da ciò la necessità di controllo, di filtrare i contenuti, di privilegiare o punire i flussi. Il potere precostituito nel mondo post-democratico opera per ridurre Internet al solo ruolo di rafforzamento del potere medesimo, alla stregua dei media mainstream, come meccanismo di riproduzione del consenso. La tecnologia di Internet non è completamente open-source: ciò implica il fatto che determinati algoritmi, deputati alla selezione delle informazione nei motori di ricerca e nei social network, siano completamente sconosciuti agli utenti. Anzi, sono proprietà privata. Tanto che anche i contenuti prodotti dagli utenti-cittadini diventano proprietà della Corporation che presiede alla formulazione degli algoritmi (vedi Twitter).

Come poter costruire quindi un nuovo partito, se il presupposto è questo? Come possono la tecnologia del Web e i gruppi “disorganizzati ma efficaci” che sorgono tramite essa, superare la Legge ferrea dell’oligarchia (Robert Michels – per una summa, vedi Wikipedia)? Secondo Robert Michels la democrazia presuppone organizzazione. Tutti i partiti politici si evolvono da una struttura democratica, aperta alla base, in una struttura dominata da una oligarchia, ovvero da un numero ristretto di dirigenti; ciò deriva dalla necessità della specializzazione, la quale fa sì che un partito si strutturi in modo burocratico, creando dei capi sempre più svincolati dal controllo dei militanti di base. Senza organizzazione, senza struttura, ovvero senza le regole che presiedono alla discussione e alla deliberazione, come potrebbe ancora esserci democrazia?

(c) gazeta

Prepariamoci a dire addio ad ACTA!

(c) gazeta

Traduzione di [Major Victory] Now Let’s Win ACTA’s Final Round! – La Quadrature du Net

Il Team de La Quadrature du Net e volontari provenienti da tutta Europa hanno trascorso la scorsa settimana al Parlamento per garantire che tutti i gruppi politici e dei membri fossero adeguatamente informati e pronti ad affrontare la loro responsabilità durante il voto di oggi. I membri dela commissione del Commercio Internazionale (INTA) hanno evitato di cadere vittime della forte pressione esercitata dalle lobby dell’industria e della Commissione UE, che hanno cercato con qualche difficoltà di salvare la faccia ed evitare una sconfitta palese. Il Commissario De Gucht, responsabile dei negoziati ACTA, anche lui invitato in seno alla commissione INTA, ieri, ha tentato disperatamente di convincere i membri a rinviare la votazione finale di qualche anno. Invano.

Con 19 voti contro 12, l’INTA ha adottato la raccomandazione finale: Il Parlamento europeo deve respingere ACTA!

Nel corso della prossima sessione plenaria a Strasburgo, probabilmente il 4 luglio, si terrà il voto finale. Questa sarà un’occasione unica per tutti i deputati per distruggere definitivamente e seppellire ACTA. I cittadini devono mettersi in contatto con tutti i membri del Parlamento e consigliare loro di seguire la raccomandazione della commissione INTA (come pure quelli delle altre quattro commissioni che hanno anch’essiinvitato a rifiutare ACTA).

“Considerando come la Commissione europea e i gruppi d’interesse hanno continuato ad ignorare la posizione ambigua della maggioranza dei parlamentari europei, si deve aspettare un nuovo ciclo di pressione e manovre. I cittadini devono rimanere pienamente mobilitati in vista del voto in plenaria”, ha dichiarato Richard Mélissa, attivista per La Quadrature du Net.

«La strada è ora asfaltata per un rapido e totale rifiuto di ACTA da parte del Parlamento europeo! Con un simbolo politico di una così grande scala globale, la strada sarà aperta per una riforma positiva del diritto d’autore, al fine di incoraggiare le nostre pratiche culturali, invece di reprimerle ciecamente. Ora puntiamo a questa tanto attesa vittoria e costruiamo il nostro mondo post-ACTA! Ma prima andiamo a festeggiare! “, Conclude Jérémie Zimmermann, portavoce del gruppo LQDN.

La Quadrature du Net ringrazia calorosamente tutti i cittadini che hanno partecipato a questo successo, e tutti i membri della commissione INTA che coraggiosamente li ha difesi. Si tratta di uno sforzo che dobbiamo sostenere.

Il Blog Beppe Grillo sotto attacco Ddos e Anonymous si spacca

Da ieri pomeriggio i server che ospitano il blog del fondatore del Movimento 5 Stelle sono andati sotto attacco DdOS, Denial of Service. Non è un fatto nuovo: già nel 2007 il blog di Grillo fu “defacciato”. D’altronde Grillo non è un campione della difesa del libertarismo digitale, anzi egli si nutre di copyright e spesso non cita le sue fonti, quindi per certi versi è “attaccabile”.

Il Tango Down odierno dovrebbe essere invece opera del gruppo di hacker Anonymous, ma la primaria rivendicazione che circola in rete viene contestata dal profilo twitter di @anonita, gli Anonymous italiani ufficiali:

A metterci del suo ci ha pensato Byoblu, noto videoblogger marcatamente filo-Grillo, secondo il quale l’attacco DdOS non sarebbe opera di Anonymous. Le argomentazioni – ribadisco, argomentazioni, non fatti – portate a suffragio di questa affermazione sono le più disparate:

  1. non è stato fatto defacement;
  2. Anonymous non attacca blog o media di informazione non mainstream (non ci metto la mano sul fuoco);
  3. quanto scritto sullo screenshot del presunto defacement non convince: Grillo che fa il saluto romano; Grillo che non ammette gli stranieri nelle sue liste;
  4. un DOS può arrivare da chiunque.

In realtà l’attacco è stato riconosciuto da @anonita che quindi smentisce Byoblu e le sue ricostruzioni artificiose:

E pure sul blog ufficiale di Anonymous Italia si dispiega una verità diversa: “AnonOps è una rete completamente autogestita il suo fine è mettere a disposizione di ognuno gli strumenti di protesta informatica, nessun utente può garantire del comportamento dell’altro, ognuno ha diritto a sviluppare liberamente il proprio dissenso, purché non sia manifestamente discriminatorio verso religione, etnie, orientamenti sessuali etc… etc… Riguardo al recente attacco al blog di Beppe Grillo questo non crea discriminazione alcuna verso minoranze o altro quindi è un’azione che può essere rivendicata da anonymous e come tutte le azioni di anonymous è sostenuta da alcuni ma non da tutti” (Anonymous blog ufficiale).

Insomma, una gran confusione. Un “anonimo fra tanti” si chiede su pastebin.com a chi fa comodo Anonymous. Secondo questo anonimo, Anonymous serve a chi fa sicurezza informatica poiché ogni attacco è una nuova possibilità di lavoro; ai giornalisti, “così da poter parlare di criminali e terrorizzare le masse”; alle persone montate. “Era un bel movimento”, scrive, “ora è roba da giornali, da pettegolezzo, da comunicato e  da Tango Down a random”. Ecco, questo mondo è intriso dell’idea che tutto ciò che va sui giornali sia dozzinale, sia pettegolezzo, gossip, pastura per innocenti pesci che abboccano. I giornali che “terrorizzano le masse”.

Anonymous Italia era una piattaforma anarchico-democratica agli albori. Scrive “anonimo” che essa era il luogo della libertà. Ne siamo sicuri? Siamo sicuri che la libertà coincida con la possibilità di mettere “tango down” blog o siti altrui? Tutto ciò ha a che fare con la libertà di espressione, nel senso che la pregiudica. Gli attacchi DOS altro non servono se non a esplicitare che esiste una tecnica, fra le tante in Rete, che permette di far tacere qualsiasi voce. Ma a lungo andare questa presunta patente di Giustizieri del Web diventa una chimera.

Ripetiamo l’accaduto per alcuni giornalisti che hanno evidentemente problemi nel recepire i messaggi: L’attacco al blog di Beppe Grillo è vero, c’è un comunicato sul blog del movimento Italiano, ma l’attacco era contro uno dei principi che ci siamo posti all’inizio di questa avventura con i gruppi internazionali: cioè non attaccare media/blog. Quindi di conseguenza chi l’ha fatto non ha rispettato questa regola condivisa comunemente e ha solamente rovinato la reputazione di qualcosa più grande e profondo di un semplice attacco Ddos. Con questa penso che sia chiaro. Ora scrivete quello che volete. Cioè, scrivete quello che vi dicono di scrivere (@anonita).

Gli anarchici della Rete non sono certo diversi dai loro parenti di sessanta anni fa. La mancanza di organizzazione e di struttura rende il movimento “pieno di spifferi”. Chi ha agito ha “rovinato qualcosa di più grande”. Cos’era? Il senso di giustizia? Battersi per la neutralità della Rete è un principio valido per cui fare dei Ddos? Prima di fare la cyberguerra dovremmo tentare una soluzione “più politica”, non credete? A che servono queste tecniche se possono essere usate per fini di lotta partitica? Non ho ancora visto nessun hacker di Anonymous mettere tango down il sito di Google, il primo e principale attore della rete che con il suo algoritmo di ricerca “malleabile” è il più importante fattore di pregiudizio della net-neutrality. I diritti digitali sono un catalogo di diritti che è ancora tutto da scrivere. Che deve esser portato alla luce del dibattito pubblico e incorporato nel quadro costituzionale europeo e nazionale. Battersi contro Acta e contro Sopa e Pipa è stato un momento di grande vivacità della Rete, un momento in cui anche gli attacchi Ddos erano uno strumento per far parlare i media tradizionali di questi provvedimenti oscuri, tenuti estranei al dibattito pubblico dai loro stessi relatori.

Oggi è stato compiuto semplicemente un abuso. Oggi il Ddos è stato impiegato per mettere a tacere.

Dal clickactivism al Politizen: la Terza Repubblica e la fine del professionismo in politica

Se c’è un aspetto comune alle elezioni regionali tedesche e quelle amministrative italiane, è l’emergere di formazioni partitiche sviluppate sul web dalla interazione di una moltitudine di soggetti più o meno eterodiretti. Piratenpartei e Movimento 5 Stelle sono spesso accomunati nelle analisi post elettorali e gli editorialisti dei grandi giornali tendono più a evidenziarne le differenze, che pure abbondano, invece di cogliere la grande rivoluzione che li sottende.

Qui posso solo avviare la discussione, cominciando dalle differenze.

Da un lato, quello tedesco, il Piratenpartei è una formazione politica totalmente senza un centro, slegata dai personalismi, pienamente calata nel sistema politico tedesco. Non fa altro che raccogliere la domanda di nuovi diritti civili – le libertà digitali – e le coagula in una proposta politica. In questo senso, il Piratenpartei, a dispetto del nome, non è affatto antisistemico. Non è affatto una formazione antieuropeista, ma anzi chiede maggior regolazione nell’ambito delle libertà digitali nel senso del riconoscimento della neutralità della Rete e nel riconoscimento dell’accesso alla conoscenza come diritto individuale inalienabile.

Invece in Italia il M5S si pone come elemento di rottura in un quadro partitico fortemente isolato rispetto al tessuto connettivo sociale e però non è pienamente in discontinuità con il recente passato, essendo fortemente caratterizzato dalla personalità di Beppe Grillo, e dipendendo, nella sua articolazione in rete, dalle infrastrutture della Casaleggio Associati. Il M5S non è frutto di una domanda di nuovi diritti civili, ma è frutto della protesta contro la Casta, con i professionisti della politica: inamovibili, si considerano legittimati anche nella sconfitta e nella illegalità e piegano il quadro istituzionale al fine ultimo della perpetuazione del proprio potere.

In entrambi i casi, però, i due neo-movimenti costituiscono l’occasione per l’attivista da tastiera di compiere un balzo ed entrare nelle Istituzioni senza passare per il vaglio dello strumento classico di selezione della élite politica: il partito. Di fatto costituiscono una cesura rispetto all’esclusivismo del professionista, del tecnico dell’Arte Politica (che niente ha a che fare con i tecnici in questo momento al governo, essendo questi ultimi esplicitamente tecnici dell’Economia e della Finanza).

Questo fenomeno che sto cercando di descrivervi, assomiglia molto a quanto avvenuto nella musica, nell’editoria, nella scrittura e nel giornalismo in generale. I non –professionisti, grazie al web, hanno accesso alla possibilità di pubblicare il proprio “prodotto”, non spendibile nel mercato classico, bensì fruibile in un regime di condivisione libera delle idee e dei contenuti che il web può realizzare (e sottolineo il può). Di fatto oggi ognuno di noi può autopubblicarsi un libro o un disco. Il web è un terreno vastissimo ma altrettanto denso di opere di autopubblicazione. Ciò naturalmente si accompagna ad aspetti negativi e anche potenzialmente deleteri. Primo fra tutti il fatto che anche chi non possiede “l’arte” può essere artista. Che anche chi non è giornalista, può essere giornalista. Ma certamente non “di professione”. Molto probabilmente il libro che vi siete autopubblicati a costo zero non meritava tanta gloria. Così il post che sto scrivendo ora potrebbe non essere all’altezza di una pubblicazione su un giornale. Allo stesso tempo, il politico, anzi il politizen (il netizen prestato alla politica) appena eletto a Parma potrebbe non essere all’altezza del suo compito. Viene meno il filtro dell’editore, del direttore di giornale, del segretario di partito. E con ciò, l’accesso libero a ciò che prima era di competenza del professionista, e che un comune mortale poteva svolgere soltanto dopo anni di gavetta nelle retrovie, ora sembrerebbe a portata di mano di individui qualsiasi, perfettamente sostituibili l’un l’altro.

La perdita della esclusività del professionista non significa peraltro che la professionalità non sia più un requisito necessario, anzi. La sua verifica non risiede più nel potere di discernimento di uno solo (sia esso l’editore, il direttore, il segretario). La verifica della professionalità diventa anch’essa un momento pubblico. Il politizen più del politico, deve adoperarsi per rendere pienamente trasparente la sua vita e il suo operato. Deve essere un tutt’uno con il pubblico.

Vi chiedo: il M5S risponde a tutto ciò in che modo? Veramente assegna al pubblico il potere di verifica e di controllo? Davvero il web può diventare strumento per una conoscenza pienamente libera?

Come vedete ho molti dubbi e domande. Il dibattito è aperto.

ACTA, nuova bocciatura sulla Privacy

L’Accordo Commerciale Anti-Contraffazione, noto con l’acronimo di ACTA, è stato oggetto di un parere negativo da parte di EDPS, European Data Protection Supervisor, una sorte di Garante della Privacy europeo. Naturalmente trattasi di un parere, peraltro una replica di un analogo documento del 2010, non vincolante per la Commissione Europea né per il Parlamento. EDPS si era espresso nel 2010 solo sulla base delle indiscrezioni del testo dell’Accordo. Oggi che il testo è pubblico, ha potuto esplicitare meglio la precedente affermazione secondo cui

the introduction in ACTA of a measure that would involve the massive surveillance of Internet users would be contrary to EU fundamental rights and in particular the rights to privacy and data protection, which are protected under Article 8 of the European Convention on Human Rights and Articles 7 and 8 of the Charter of Fundamental Rights of the EU (l’introduzione in ACTA diuna misura che comporterebbe la sorveglianza di massa degli utenti di Internet, sarebbe in contrasto con i diritti fondamentali dell’Unione e in particolare i diritti alla privacy e alla protezione dei dati, che sono tutelati ai sensi dell’articolo 8 della Convenzione europea sui diritti dell’uomo e dagli articoli 7 e 8 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. EDPS – trad. propria).

L’analisi dell’Accordo da parte di EDPS parte dal presupposto che EDPS medesima riconosce la legittima preoccupazione di assicurare il rispetto del diritto d’autore in un contesto internazionale. ma le modalità previste per rafforzare la sua applicazione “non devono andare a scapito dei diritti fondamentali degli individui, e in particolare dei loro diritti alla tutela della privacy e dei dati”, cosa che invece potrebbe avvenire se ACTA venisse applicato dagli Stati membri nel testo in cui è stato approvato dal Consiglio nel Dicembre 2011 e firmato dalla Commissione in sede internazionale il 26 Gennaio 2012.

Il disposto normativo contenuto nel Capitolo II, Sezione 5, contiene due strumenti potenzialmente lesivi della privacy individuale. che sono nell’ordine:

  1. un meccanismo mediante il quale i provider di servizi on-line possono essere obbligati da una competente autorità di rivelare l’identità di un abbonato sospetto, direttamente e immediatamente al titolare di un diritto;
  2. la promozione di sforzi di cooperazione fra provider e detentori dei diritti per affrontare efficacemente le violazioni di marchi e diritti d’autore.

EDPS scive senza che, questi due strumenti, ognuno singolarmente o in combinato fra loro, potrebbero prefigurarsi come un sistema di monitoraggio dell’uso individuale di Internet, sia nell’intento di combattere le violazioni del copyright, sia nell’atto di prevenirle. In molti casi, inoltre, tale monitoraggio verrebbe condotto dallo stesso soggetto detentore del copyright o con l’ausilio di società terze, se non addirittura del medesimo ISP. Le misure che comportano il controllo generalizzato delle attività Internet degli utenti sono molto invasive della sfera privata degli individui. Il monitoraggio potrebbe interessare anche utenti non sospettati, utenti ignari di essere sotto controllo, di essere tracciati. Nessuna notifica è prevista nemmeno per i sospettati sottoposti al monitoraggio.

They may involve the monitoring of electronic communications exchanged over the Internet and the review of the content of individuals’ Internet communications, including emails sent and received, websites visited, files downloaded or uploaded, etc. Furthermore, such monitoring usually entails the systematic recording of data, including the IP address of suspected users. All this information can be linked to a particular individual through the ISP, who can identify the subscriber to whom the suspected IP address was allocated. It therefore constitutes personal data as defined in Article 2 of the Data Protection Directive 95/46/EC (Ciò può comportare il controllo delle comunicazioni elettroniche
scambiate su Internet e la verifica del contenuto delle comunicazioni degli individui, compresi e-mail inviate e ricevute, i siti web visitati, i file scaricati o caricati, ecc. Inoltre, tale controllo comporta di solito la registrazione sistematica di dati, incluso l’indirizzo IP degli utenti sospetti. Tutte queste informazioni possono essere collegate a un individuo particolare attraverso l’ISP, che può a sua volta identificare l’abbonato al quale il sospetto indirizzo IP è stato assegnato. Ciò costituisce pertanto violazione dei dati personali ai sensi dell’articolo 2 della direttiva 95/46/CE sulla protezione dei dati individuali – EDPS cit., trad. propria).

La legittimità di tali misure specifiche che interferiscono con i diritti fondamentali e le libertà individuali devono essere valutate alla luce dei criteri di cui all’articolo 8 (2) della Convenzione europea dei diritti dell’uomo 24 e l’articolo 52 della Carta dei diritti fondamentali dell’UE. Queste norme fondamentali richiedono che ogni limitazione dei diritti sia prevista dalla legge e sia altresì necessaria e proporzionata allo scopo legittimo perseguito, nonché devono essere conformi alla normativa sulla protezione dei dati, che, tra l’altro, richiede che esse siano fondate su una base giuridica valida. Affinché siano definite proporzionate, tali misure devono essere valutate “caso per caso” e devono essere sufficientemente dettagliate al fine di definire con precisione l’impatto che queste possono avere sulla sfera dei diritti individuali. La misura deve essere proporzionata in risposta a una violazione individuale dei diritti di proprietà intellettuale (e che può esistere soltanto dinanzi al fatto compiuto); una misura che mira a prevenire le violazioni dei diritti d’autore in via generale non sarebbe proporzionata.

Pertanto, per valutare la proporzionalità di tali misure di monitoraggio è necessario valutare a) la portata e la profondità delle attività di monitoraggio; b) l’ampiezza delle violazioni del copyright. Ne consegue che il monitoraggio generalizzato previa memorizzazione di dati su scala generale allo scopo di far rispettare il copyright, così come la scansione di Internet in quanto tale, o tutta l’attività nelle reti P2P, andrebbero al di là ciò è legittimo.

Such general monitoring is especially intrusive to individuals’ rights and freedoms when it is not well defined and there is no limitation to it, in scope, in time, and in terms of persons concerned28 . As a consequence, the indiscriminate or widespread monitoring of Internet user’ behaviour in relation to trivial, small-scale not for profit infringement would be disproportionate and in violation of Article 8 ECHR, Articles 7 and 8 of the Charter of Fundamental Rights, and the Data protection Directive (Tale monitoraggio generale è particolarmente intrusivo per i diritti e le libertà individuali quando non è ben definito e non vi è alcuna limitazione ad esso, in termini di ambito, nel tempo, e in termini di soggetti interessati. Di conseguenza, l’indiscriminato o viceversa capillare monitoraggio del comportamento degli utenti di Internet ‘in relazione a violazioni banali, su piccola scala, non per profitto, sarebbe sproporzionato e in violazione dell’articolo 8 della ECHR, articoli 7 e 8 della Carta dei diritti fondamentali, e la Direttiva sulla protezione dei dati – EDPS, cit., trad. propria).

 

Il codice segreto di #Radiolondres: come twittare le presidenziali francesi

[Dalle ore 20 exit poll su twitter con hashtag #Radiolondres]

In Francia non si può parlare delle elezioni presidenziali su Twitter e in generale sui social network. Lo stabilisce una legge che vieta espressamente di divulgare informazioni circa i risultati del primo turno elettorale prima della chiusura dei seggi, posto alle ore 20 di questa sera. La legge in questione esiste già da qualche anno e non è corretto parlare di censura. Le autorità preposte per vigilare sulla regolarità del voto come faranno a prevenire la diffusione incontrollata e prematura degli exit poll? Semplice. Gli exit poll sono commissionati alle agenzie di sondaggio. Se venissero divulgati i dati prima delle otto, le agenzie rischiano multe salatissime; i francesi l’annullamento del voto.

Pensate che ciò basti mettere il bavaglio a Twitter? C’è chi ha inventato il codice di  #Radiolondres: come durante la seconda guerra mondiale, quando la radio clandestina parlava in codice alle forze resistenti al nazismo, così i francesi si scambieranno le informazioni sugli exit poll anche prima della chiusura dei seggi. Il codice #Radiolondres è stato inventato da @BouLoulouduu77:

Il senso di @VeltroniWalter per Twitter

Italiano: L'On. Walter Veltroni, per la rappre...

(Photo credit: Wikipedia)

La vicenda Calearo, apertasi con le dichiarazioni del deputato ex PD a Radio24 (“non vado in parlamento ma mi tengo lo stipendio”), ha avuto ieri sera un inatteso sforamento su Twitter. Inatteso perché uno si aspetta, che so, una agenzia di stampa, un lancio Ansa, con il tal politico che rilascia dichiarazioni e si sottopone alle domande dei giornalisti ivi presenti. E invece no. Al tempo di Twitter, le agenzie di stampa vengono completamente dribblate dal politico, così i loro giornalisti. E i giornalisti nelle redazioni non possono far altro che rincorrere il loro Blackberry o l’iPhone o il tablet o sedersi rassegnati.

Ma procediamo con ordine.

Succede che @VeltroniWalter, account ufficiale e evidentemente gestito dal politico Walter Veltroni, si sente in dover di rispondere alle critiche del “popolo-della-rete” – naturalmente ‘insorto’ contro le dichiarazioni del Calearo, deputato ceerleader del PD veltroniano, anno domini 2008 – e lo fa il sabato sera, stando a malapena dentro i 140 caratteri e con una sintassi che a tratti sembra andare in crisi:

Quindi Calearo è una “persona orrenda”, ma la colpa di averlo portato alla Camera non è di Veltroni bensì di tutto il PD che l’ha votato all’unanimità. Ne consegue che Veltroni non può accettare critiche, soprattutto da chi ha fatto cadere il governo Prodi – due volte! a chi si riferisce? A D’Alema? – né da coloro i quali hanno “compiuto errori gravissimi”. Fine delle comunicazioni. Veltroni affida il proprio vomito dichiarativo a Twitter poi se ne va. Si scollega? Abbandona sul comodino il suo iPhone? Si addormenta sul divano in un mestissimo sabato sera ascoltando la meravigliosa intervista di Fabio Fazio a Er Circoria detto Rutelli? Non è dato a sapere. Veltroni non impiega Twitter per sottoporsi al confronto con “gli Altri”. Lo usa solo per NON avere alcun confronto, per non essere contraddetto, per instillare nella pubblica discussione affermazioni impacchettate, e basta. E allora l’uso che tu, Politico, fai dei social network, diventa una misura del valore che dai alla relazione con chi non è come te, privilegiato e protetto dentro al Sistema. Laddove puoi esporti alla pubblica e libera discussione e non puoi proteggerti dalla mediazione professionale e giornalistica del conduttore televisivo, mostri la paura intrinseca dell’uomo per la parresia. La “parola libera” ti confonde, è terra straniera, una terra in cui uno conta uno, e si è soli, senza scorte né ‘armature’.

@VeltroniWalter dinanzi a tutto ciò fa una cosa sola: scappa.

Dietro ACTA la strategia ultra repressiva della Commissione Barroso

[tradotto da cubicamente] Articolo originale su LQDN
La Commissione europea sta inesorabilmente difendendo ACTA, l’Anti-Counterfeiting Trade Agreement, tanto che deve affrontare l’opposizione diffusa in Europa e fuori. Raffigurando falsamente ACTA come un accordo accettabile, la Commissione sta preparando la strada per la sua agenda ultra-repressiva in fatto di rafforzamento del copyright, come rivelato nei documenti appena pubblicati. I cittadini e i loro rappresentanti eletti in tutta Europa devono denunciare questa pericolosa deriva del processo di decisione politica, che è destinato a minare le libertà online e la stessa architettura di Internet, che invece richiedono una profonda riforma del diritto d’autore.
La scorsa settimana, Neelie Kroes (Commissario UE per l’Agenda digitale) e Viviane Reding (commissario europeo per la Giustizia, Cittadinanza e diritti fondamentali) hanno entrambi espresso il loro sostegno ad ACTA, aiutando così Karel De Gucht, commissario per il Commercio Internazionale, nella ‘vendita’ di questo infame accordo al Parlamento Europeo. Il commissario De Gucht ha passato un sacco di tempo la scorsa settimana facendo lobbying presso il Parlamento Europeo, incontrandosi con i vari gruppi politici per convincerli che l’opposizione ad ACTA si basa sulla disinformazionee che i membri del Parlamento Europeo (MEP) dovrebbe accettarlo.E’ estremamente preoccupante vedere sia Neelie Kroes che Viviane Reding indifferenti alle numerose critiche contro ACTA. La Quadrature du Net, come sottolinea in un documento (1), sostiene che gli argomenti addotti dai commissari UE a favore di ACTA non resistono ad una verifica dei fatti.
Ancor più preoccupante è che, senza nemmeno aspettare la decisione del Parlamento europeo di accettare o rifiutare ACTA, il commissario Michel Barnier, responsabile del mercato interno, sta già spingendo per la nuova applicazione di misure repressive in materia di copyright analoghe a quelle dei disegni di legge Sopa / PIPA negli Stati Uniti. Una ‘roadmap’ pubblicata di recente sulla revisione dell'”Intellectual Property Rights Enforcement direttiva” (IPRED – 2), conferma che la Commissione intende specificamente affrontare casi di violazione on-line, utilizzando ACTA per implementare meccanismi di censura privati ​​nell’ordinamento normativo europea (3).
Il documento suggerisce che un rapido, extra-giudiziale oscuramento dei contenuti online, blocchi nelle forme di finanziamento dei siti web che si presume siano in violazione e anche misure di filtraggio del traffico Internet potrebbe essere considerati (4) con il pretesto della cooperazione tra gli operatori di Internet e le industrie del copyright (5). Inoltre, vi è una chiara volontà di estendere la portata delle sanzioni attraverso una definizione di “scala commerciale”, che dovrebbe includere qualsiasi attività che possa provocare perdite di ricavi per le major del cinema e della musica (6).
“La Commissione europea sta cercando di aggirare la democrazia per imporre misure repressive che saranno rese inevitabili da ACTA. Mentre Michel Barnier sta già lavorando per implementare le misure repressive di ACTA nel diritto comunitario nella revisione di IPRED, i commissari De Gucht, Kroes e Reding chiedono al Parlamento di accettare ACTA, come se si trattasse di un accordo commerciale innocuo. La verità è che la Commissione sta cercando di imporre l’agenda scritta dalle Industrie del settore per far rispettare le politiche obsolete sul copyright, sui brevetti e sui marchi attraverso dure sanzioni penali e misure extra-giudiziarie” ha dichiarato Jérémie Zimmermann, portavoce del gruppo di difesa dei cittadini La Quadrature du Net.
“Ciò che è necessario non è una maggiore repressione, ma un aperto dibattito per la positiva riforma di un regime del copyright che è sempre più in contrasto con i diritti fondamentali e l’innovazione. Se ratificato, ACTA creerebbe nuovi significativi ostacoli alla riforma. I cittadini dell’UE devono continuare ad invitare i loro rappresentanti eletti a respingere ACTA. E’ l’unico modo per bloccare questa corsa agli armamentie sviluppare un quadro positivo per l’attività creativa in un ambiente digitale e le nuove pratiche culturali” dichiara Philippe Aigrain, co-fondatore de La Quadrature du Net.

Entra in contatto con i membri del Parlamento Europeo per assicurarsi che essi sappiano di che cosa tratta davvero ACTA.

1. https :/ / www.laquadrature.net / wiki / Counter-Arguments_Against_ACTA
2. Vedi la nostra webdossier il IPRED: http://www.laquadrature.net/en/anti-sharing-directive-ipred
3. Secondo questo documento, “il relativo anonimato di Internet, la sua natura transfrontaliera e dei suoi servizi ai consumatori e user-friendly accessibili da tutto il mondo hanno creato un ambiente online in cui tali soggetti non possono essere facilmente identificati, le prove digitali sono difficili da preservare, i danni derivanti dalle vendite su internet sono difficili da quantificare e, dopo essere stato scoperto, i trasgressori in fretta possono”riapparire” sotto un nome diverso”. Vedi: http://ec.europa.eu/governance/impact/planned_ia/docs/2011_markt_006_rev
4. Come dice l’articolo 27 di ACTA, IPRED prevede già misure per “scoraggiare ulteriori violazioni”. Sembra che la Commissione voglia imporre misure ad hoc per impedire le violazioni.
Nel corso di una udienza presso il Parlamento Europeo sui marchi di fabbrica a metà gennaio, Jean Bergevin, capo unità per l’applicazione della proprietà intellettuale presso la Commissione europea, ha sottolineato che il blocco DNS veniva considerata come una misura di ultima istanza, quando di diritto civile non riesce a fermare l’infrazione.
5. La cooperazione è una parola make-up per celare misure extra-giudiziarie. ACTA incoraggia la cooperazione per affrontare i contenuti online in presunta violazione del copyright (art. 27,4). Il documento indica una tabella di marcia che recita:
“Misure complementari in strumenti di soft-law destinati a distruggere il businness/catena del valore della contraffazione e ad accrescere la cooperazione tra i titolari dei diritti di proprietà intellettuale e gli intermediari (ad esempio fornitori di servizi Internet, gli spedizionieri e corrieri, i service provider di pagamernto, ecc.) non si possono escludere”.
Questo chiaramente fa eco alle misure di SOPA e PIPA. Previa notifica da parte delle industrie di intrattenimento, i motori di ricerca così come i fornitori di pagamento e gli inserzionisti sarebbero stata impossibilitata a fornire prestazioni o di contrattare con determinati siti web, senza alcuna decisione giudiziaria. Per un’analisi dettagliata di tali disposizioni, si veda: http://benkler.org/WikiLeaks_PROTECT-IP_Benkler.pdf
Osservate come “cooperazione” è diventata una parola chiave nelle politiche di tutela del copyright: http://www.laquadrature.net/wiki/Cooperation
6. Vedi argomentazioni contrarie a quanto sostenuto dalla Commissione Europea che ACTA è relativo solo alla contraffazione su larga scala: https://www.laquadrature.net/wiki/Arguments_Against_ACTA # 0,22 ACTA_does_no …

Servizio Pubblico, diretta streaming della terza puntata (per Linux OS)

Playlist su Youtube di DiBaRock – guarda la terza puntata

La terza puntata di Servizio Pubblico in diretta streaming. Sul sito di http://www.serviziopubblico.it la diretta va in onda su piattaforma Silverlight2, decisamente poco compatibile con i sistemi Unix. Al link sottostante potete trovare un player compatibile con i sistemi operativi Linux (Ubuntu, Fedora, ect.).

http://bit.ly/vdRh08

Solo per Windows: vai sulla pagina Fb di Yes, political!

Ma la realtà vinse sul videomessaggio

Finisce com’è cominciata, con un videomessaggio, l’età della videocrazia. Berlusconi ha sentito l’urgenza di parlare a tutti noi, inviando molto probabilmente un vhs, un nastro, al massimo un cd, alle principali testate giornalistiche televisive. Anche se si è dimesso. Con uno sgarbo istituzionale senza precedenti, ha impiegato lo scenario di Palazzo Chigi che in realtà non sarà più il suo scenario.

Ma, badate bene, è arrivato in ritardo. Ieri sera, la festa davanti al Quirinale l’ha scosso. Gli ha fatto percepire, forse per la prima volta, la distanza siderale che si è creata fra sé e la gente. Soprattutto, un evento imprevisto, che si è auto-organizzato con mezzi che non sono la televisione, ha spodestato la rappresentazione del reale operata dai media berlusconiani e ha rotto – direi squarciato, proprio con un taglio, come le tele di Lucio Fontana, come la barca di Truman che si incaglia contro la scenografia dello show – l’ideale perfezione della narrazione videocratica.

Il “nobile gesto” di Berlusconi, le dimissioni, è oggetto di fischi e insulti. Come non abbiamo potuto prevederlo? Non c’erano sondaggi sul tavolo a testimoniare questo scarto, questo cambiamento dell’opinione pubblica. E allora occorre rimediare? Organizzando una adunata di sostenitori sotto casa e inviando un videomessaggio. Già, il limite è proprio questo, il dover allestire, inscenare rappresentazioni da far passare per il tubo catodico e l’inconsistenza di qualsiasi altra strategia comunicativa che non passi per la tv generalista.

Ecco allora la possibile intuizione:il berlusconismo finisce quando finisce il monopolio dell’immagine da parte di Berlusconi medesimo. Egli non è più padrone della sua icona, quindi non è più padrone della sua storia. Come scrive Sartori:”Nella nostra società regna infatti sovrano il primato dell’immagine: il visibile prevale sull’intelligibile; la capacità di astrarre, di capire e dunque di distinguere tra vero e falso è oramai atrofizzata. Questa agghiacciante realtà ha un unico ed apparentemente insospettabile artefice: la televisione”  (Homo Videns, Barei,Laterza, 2000). Ora il primato dell’immagine è in crisi e il suo principale controllore è detronizzato. La tv è messa in crisi da Twitter, da Facebook, social network dove il controllo potrebbe essere ancora più stringente e totale, ma che per ora spezzano il predominio imagologico del sistema Mediaset sulla società.

I nuovi media hanno creato la possibilità di comunicare orizzontalmente e di creare contenuto, di partecipare e condividere con estrema facilità. C’è una politica che non si fa nelle istituzioni, né nei partiti. Questa nuova Politica è fatta nei forum e sui blog; è la discussione continua e multilivello che fluisce in rete. Questa è politica. E’ formazione di opinione pubblica che non è più controllabile con la televisione.

Non c’è più un pubblico che applaude, no. Niente più applausi. Ma twet e post e ticchettio di tastiera. Che è poi il preludio a far ticchettare le scarpe nelle piazze.

Dove vedere la diretta di Servizio Pubblico

3 Novembre 2011, la televisione di Santoro prova a fare la rivoluzione con un prodotto televisivo multipiattaforma- che brutta parola… In ogni caso, in mancanza di una strategia diversa, per esempio di compartecipazione di blogger e webtv, quello che rimane è pur sempre la nuova edizione di Annozero, questa volta fuori dalla Rai, quindi fuori dai tentativi di censura. Non dite che è poco.

Se volete donare 10 euro a Santoro, che a sua volta vi donerà questa trasmissione, visitate questa pagina: http://www.serviziopubblico.it/donazione.html

Pertanto questi sono i canali dove vedere Servizio Pubblico:

  1.  webtv:

http://bit.ly/tMzbJp

http://bit.ly/u0KaWu

http://www.serviziopubblico.it

http://www.ilfattoquotidiano.it

http://www.repubblica.it

http://www.corriere.it

2. Tv tradizionali:

Dal Canone Rai al Canone Santoro e la webtv che non c’è

L’entusiasmo per Annozero finalmente scevro da censure e presunte tali, un Annozero diventato webtv senza padroni, che parla una lingua libera e sceglie la forma ‘social’ per condividere temi e destino con quello che sino ad ora è un pubblico passivo che guarda e paga, si può dire che finisce qui.

Nel pomeriggio ha fatto il suo debutto il sito Servizio Pubblico, sorta di piattaforma di raccolta fondi per finanziare il progetto di ‘Comizi d’Amore’, la nuova trasmissione di Santoro. Compare, in apertura sito, un messaggio di Santoro ai netizen, una preghiera riassumibile in una parola: finanziatemi. E Michele chi? chiede 10 euro a testa come contributo volontario. Lui afferma che la sua trasmissione è servizio pubblico e non doveva essere cancellata. Fa rivivere attraverso le parole quel sentimento di indignazione che si insinuava in ognuno di noi nei giorni delle trame di Saxa Rubra e Via Teulada fra Mauro Masi e i ‘cani’ del padrone, volti a zittire la scomoda trasmissione televisiva. Santoro osa spingersi sino a paragonarsi a Bouazizi, “quel tunisino da cui è nata la rivolta nel maghreb”, una esagerazione come sottolinea Fabio Chiusi, un peccato di vanagloria che l’eroe antiberlusconiano poteva anche risparmiarCi.

Ma ciò che veramente dà da pensare è la forma della nuova creazione. Che pretende di comunicare sul web ma che ignora le sue regole, che sono la partecipazione e la condivisione. Nel sito serviziopubblico.it, Santoro vi appare in un videomessaggio, esattamente come accade sul vituperato forzasilvio.it. Santoro ha soltanto adesso cercato di comunicare con il web, a parte per qualche striminzito messaggio su Facebook. E la prima cosa che si ha chiesto non è di partecipare alla creazione dei contenuti, bensì di pagare una specie di canone per i “cacciati dalla tv pubblica”.

Il nuovo Comizi d’Amore avrà una sua redazione di (certamente ottimi) giornalisti professionisti – seppur precari – che lavorerà esattamente come ha lavorato per anni in Rai; una redazione a cui hanno installato il telefono da “appena due ore” (!). E allora vien da credere seriamente che il web per Santoro sia un elettrodomestico surrogato della tv, un canale di comunicazione unidirezionale, l’esatto opposto della filosofia 2.0, dove il singolo è occhio e al tempo stesso voce (ovvero spettatore passivo e attore) di una dinamica discorsiva che è molteplice e si disloca su innumerevoli e infiniti piani.

Santoro invece è rimasto fermo alla vecchia tv di denuncia nella quale il ruolo di attore spetta al giornalista, colui che confeziona il pacchetto informativo – che è insieme racconto del fatto e giudizio – e lo sottopone allo spettatore, senza però riceverne alcun ritorno se non in termini di ascolto, di ‘auditel’. La tv che cerca di finanziare è la solita ‘tivvù’ , scritta così, come la pronuncerebbe un qualsiasi Pippo Baudo.

La webtv è altro: è creatività senza budget e senza finanziatori, è apertura al contributo a alla condivisione. Santoro aveva in mano l’occasione per fornire la sua professionalità alla webtv e invece preferisce convogliare il già visto – seppur nella forma corretta di Raiperunanotte – piuttosto che osare. Osare è il verbo del futuro, direbbe lo Steve Jobs che si nasconde in tutti noi. Ma in questo paese il futuro si è smarrito, o si annoia profondamente.

[Naturalmente possa sbagliarmi. Voi cosa ne pensate?]