Gli errori di Berlusconi secondo Feltri

Ecco l’esclusiva classifica degli errori di B. secondo Feltri:

  1. non aver ripristinato l’immunità parlamentare: con la maggioranza schiacciante che si ritrovava, era logico farlo; lui potrebbe ribattere che l’immunità parlamentare è impopolare, ma trincerarsi dietro i vari Lodi Schifani e Alfano non è stato in nessun modo utile allo scopo, ovvero sottrarsi al giudizio della magistratura, “una persecuzione”;
  2. aver preferito la carica di Presidente del Consiglio anziché fare il parlamentare europeo: Berlusconi si è sempre presentato capolista alle elezioni europee, e le ha sempre vinte; facendo il parlamentare europeo avrebbe goduto dell’immunità, e ciò gli avrebbe risparmiato mesi di scorni sui vari Lodi; avrebbe potuto affidare il governo a Letta, o ad Alfano, lui dedicarsi al PdL;
  3. la fondazione del PdL: Fini e B. già mal si sopportavano, il PdL è nato senza organizzazione né programma;
  4. non esser stato in grado di sfruttare i “successi economici” del governo: il contenimento del debito, l’aver sottratto il paese alla spirale speculativa, ecc. ecc.

Fuori classifica: le ‘Orgettine’ e il codazzo di servi pronti a tutto; le amicizie pericolose oltreconfine (Putin, Gheddafi); il perenne conflitto di interessi; la fondamentale ignoranza politica.

Fini, ovvero il Migliorismo di Napolitano applicato a Berlusconi

Emblematica la vicenda odierna sul Lodo Alfano, all’indomani del doppio voto dello scandalo in Ia Commissione Affari Costituzionali al Senato – retroattività e reiterabilità dell’immunità per Capo dello Stato e Presidente del Consiglio. Napolitano invia una lettera a Carlo Vizzini, presidente della suddetta Commissione, una informale moral suasion all’interno della quale inserisce tutte le sue preoccupazioni circa il provvedimento di natura costituzionale (che chi sa mai se vedrà la luce): pur non entrando nel merito del testo, il Presidente si limita a sottolineare che la natura della carica che riveste è già tutelata dall’articolo 90 della Costituzione:

tale decisione – scrive Napolitano -, che contrasta con la normativa vigente risultante dall’articolo 90 della Costituzione e da una costante prassi costituzionale, appare viziata da palese irragionevolezza nella parte in cui consente al Parlamento in seduta comune di far valere asserite responsabilità penali del Presidente della Repubblica a maggioranza semplice anche per atti diversi dalle fattispecie previste dal citato articolo 90 (L’Unità).

Insomma, la Costituzione disegna la figura del Presidente deinterlacciata rispetto al Parlamento e al Governo. E’ una figura di dignità superiore a quella delle altre istituzioni, che opera in un quadro di bilanciamento e indipendenza dei poteri. Il Lodo si inserisce in questa architettura rigida ma limpida innestando una irrituale – e forse incostituzionale – dipedenza del Presidente dal Parlamento per quanto concerne la sua assoggettabilità al giudizio della magistratura, altro potere che rischia di perdere la sua indipendenza qualora vada in porto l’altra riforma, quella più generica sulla Giustizia. Pensate a un pm sotto l’egida del Ministro dell’Interno che bersaglia il Capo dello Stato su incipit del governo. Pensate a una maggioranza parlamentare che giudica preventivamente un Presidente della Repubblica autore eventuale di illeciti di natura penale.

Osservate invece la semplicità della norma di cui all’articolo 90 della Costituzione:

Il Presidente della Repubblica non è responsabile degli atti compiuti nell’esercizio delle sue funzioni, tranne che per alto tradimento o per attentato alla Costituzione. In tali casi è messo in stato di accusa dal Parlamento in seduta comune [cfr. art. 55 c.2], a maggioranza assoluta dei suoi membri [cfr. artt. 134, 135 c.7 ].

Alto tradimento, attentato alla Costituzione: sono queste le accuse per cui vale la messa in stato d’accusa. E il Parlamento delibera in seduta comune e a maggioranza assoluta dei suoi membri. Basta, non serve altro. E’ già una garanzia di altissimo grado quella preservata dall’articolo 90.

Vi sarà chiaro che l’inserimento della figura del Capo dello Stato nel Lodo Alfano è pura distrazione di massa. Il Lodo è una legge ad personam. Che ha preso il voto dei finiani in Commissione. Perché?

Un tempo vi era una corrente del PCI che si chiamava Migliorismo. Protagonista di quella scena politica era proprio Giorgio Napolitano. Il Migliorismo “sostiene il possibile miglioramento dall’interno, quando non l’accettazione, del capitalismo; questo attraverso una serie di graduali riforme e praticando una politica socialdemocratica, che non si opponga cioè in maniera violenta o conflittuale al capitalismo stesso” (Wikipedia). E’ di fatto una politica dell’appeasement, dell’acquiescenza, dell’accettazione del male che è sempre un “male minore”. Il Migliorismo rompeva con l’ortodossia marxista e inaugurava la stagione del Riformismo. L’ala migliorista è ciò che è sopravvissuto del comunismo italiano dopo la svolta della Bolognina.

In analogia a quanto sopra, il finianesimo è la declinazione del migliorismo di Napolitano al berlusconismo. Fini da un lato annuncia l’emersione di un profilo politico a destra che fa della giustizia e dei diritti civili una bandiera; dall’altro, dopo averlo sostenuto per quindici anni e essersi abbeverato alla stessa marcescente putrefatta fonte, scende a patti con il male assoluto, con la degenerazione plutocratica, populista della videocrazia italiana, identificata con il corpo e la persona del leader. Fini ordina ai suoi in Commissione di concedere il Lodo a Berlusconi. Immunità per uno piuttosto che la distruzione di un sistema costituzionale. Ma l’uguaglianza di tutti davanti alla legge può essere barattata dinanzi alla minaccia di una distruzione totale?

Accade a ciascuno di cercare il male minore, nella vita individuale e pubblica. È il momento in cui urge, tatticamente, scongiurare il precipizio nel peggio. In politica spingono in questo senso la prudenza, l’astuzia. Ma il male minore rischia di installarsi, di divenire concetto stanziale anziché nomade: non ambivalente paradosso ma via aurea, con esiti e danni collaterali che possono esser devastanti, non subito ma nel lungo periodo. A forza di mitigare l’iniquità agendo dal suo interno, in effetti, sorgono insidie che la Arendt spiega bene: «Lungi dal proteggerci dai mali maggiori, i mali minori in politica ci hanno invariabilmente condotti ai primi» (Barbara Spinelli, La Stampa.it).

Ci si scorda, aggiunge Spinelli, di aver scelto un male, seppur minore. Abbiamo ammesso il male in casa nostra, nella nostra casa comune che è la Costituzione. Lentamente, esso la farà a pezzi. Come il Migliorismo, che pretendeva di cambiare da dentro il sistema capitalista, è finito per essere espressione di una classe politica di sinistra che si è persa, liquefatta nel capitalismo (Fassino e “abbiamo una banca”), così il finianesimo ammette la propria sconfitta non potendo evitare la catastrofe della riforma della Giustizia, se non pagandola a duro prezzo con una immunità ad personam.

Tardiva, se non altro, la dichiarazione di oggi di Gianfranco Fini in coda alla lettera di Napolitano, “basta leggi ad personam”. Dopo averne votate così tante, è difficile credergli ancora.

Lodo Alfano anche per i fatti antecedenti la assunzione in carica: le insensate ragioni dei senatori PdL

Il Lodo Alfano versione legge costituzionale ha incassato il parere della IIa Commissione Giustizia al Senato. Lo saprete, il provvedimento riprende il contenuto delle disposizioni di cui ai Lodi Schifani e Alfano (leggi 20 giugno 2003, n. 140 e 23 luglio 2008, n. 124) che furono abrogate da due sentenze della Corte costituzionale, ed è appunto diretto a disciplinare la materia superando quelle censure operando in due modi:

  1. garantendo la omogeneità delle funzioni protette – in questo senso va la previsione della sospensione del procedimento nei confronti dei Ministri e non del solo Presidente del Consiglio e l’esclusione dei Presidenti delle Camere  e del Presidente della Corte costituzionale previsti nelle altre due legge;
  2. prevedendo una procedura non automatica per la sospensione, che  è stabilita per il Presidente della Repubblica dal Parlamento in seduta comune  e per la Camera di appartenenza per il  Presidente del Consiglio dei Ministri e per i Ministri – ovvero dal Senato per i Ministri non parlamentari – con un voto che deve essere espresso entro novanta giorni dalla trasmissione degli atti del procedimento.

Ma, fa rilevare il presidente della commissione, Berselli (PdL), nonché relatore del medesimo parere:

Lodo Alfano Costituzionale Mai

Levata di scudi, ieri, contro il Lodo Alfano in versione legge costituzionale. Sdegnate le opposizioni, IdV in testa, ma pure il PD. I finiani dicono che il Lodo Alfano costituzionale non è una priorità. Tutto nasce dalle dichiarazioni di Bossi, secondo il quale “al premier Berlusconi qualcosa va concesso” – tanto per non far capire che si tratta di legge ad personam. Pare che l’intenzione sia quella di portare il provvedimento in aula già dopo l’approvazione della manovra, ovvero a fine Luglio. Lo dice Federco Bricolo, capogruppo al Senato per la stessa Lega Nord. Sembra che la Lega abbia molto a cuore le sorti di questo provvedimento. Di certo non si sono sprecati molto in autocritica sulla nomina di Brancher, allora perché mai perder tempo a riflettere su questo disegno di legge.

Il Lodo Alfano nuova versione si ‘pregia’ di essere fondato sull’interesse al sereno svolgimento delle funzioni, al fine di attuare il “principio della continuità e regolarità delle più alte cariche pubbliche” (Legislatura 16° – Atto n. 2180) in armonia con il principio di eguaglianza contenuto nell’art. 3 della Costituzione. In sostanza, il nuovo provvedimento vorrebbe superare tutte le obiezioni della Corte Costituzionale – contenuti nelle sentenze 24/2004 e 262/2009 – ai precedenti tentativi operati con il Lodo Schifani prima e con il Lodo Alfano poi, entrambi naufragati sullo scoglio dell’eguaglianza. Il ‘regime differenziato’ potrebbe essere accolto nel nostro ordinamento “a patto che risultino concretamente tutelati anche gli altri valori costituzionali” (ibidem). Così il legislatore.

Chi sono i fortunati legibus soluti? I soliti: il Presidente della Repubblica, il Presidente del Consiglio dei ministri e i ministri, che “durante lo svolgimento della carica o delle funzioni, non possono essere sottoposti a processo penale qualora il Parlamento decida in tal senso. La norma “opera esclusivamente con riguardo ai reati extrafunzionali, posto che, per i reati commessi nell’esercizio delle funzioni, gli articoli 90 e 96 della Costituzione già prevedono speciali regole giurisdizionali per le alte cariche dello Stato” (ibidem).

Il concetto di base che sorregge tutto l’impianto argomentativo del legislatore è concentrato nella “esigenza di assicurare la continuità nello svolgimento del munus facente capo a tali alte cariche dello Stato”, esigenza che sussisterebbe anche in relazione al processo ordinario. Va da sé che il legislatore qui non opera alcuna distinzione fra la funzione e la persona che la svolge, anzi, compie una vera e propria fusione tale per cui la persona è la funzione e tolta essa, la funzione è compromessa. Ciò è concepibile in un sistema democratico dove le Alte Cariche dello Stato qui indicate non sono cariche elettive, tranne una, quella del presidente della Repubblica? Presidente del Consiglio e Ministri sono nominati. La costituzione prevede le forme per il loro avvicendamento. Non c’è ragione per cui la funzione del Presidente del Consiglio non possa svolgersi, se non dopo il naturale avvicendamento della persone che la interpretano. La carica resta, la persona no. Se la persona che svolge tale funzione è sottoposta a processo, essa dovrebbe semplicemente farsi da parte. Uno scudo è sì necessario: non per la persona, bensì per la funzione. Nell’interesse collettivo, affinché una persona possa essere nominata presidente del consiglio non dovrebbe avere né indagini né processi pendenti sul proprio capo.Tutto questo è già stato detto ai tempi della seconda sentenza della Consulta, lo scorso Ottobre. Cosa è cambiato da allora? Nulla. Si cerca di riproporre lo stesso cannovaccio di allora, arricchito di una formula un po’ barocca che assegna l’onere della decisione non più a un meccanismo anodino ma al Parlamento, che naturalmente voterà secondo l’indicazione dell’interessato.

Il voto parlamentare sospenderebbe così il processo in corso, ma non l’attività giudiziaria:

  1. il giudice, se ne ricorrono i presupposti, può acquisire, nel processo sospeso, le prove non rinviabili. Si tratta di una «valvola di sicurezza», che, escludendo la paralisi assoluta delle attività processuali, salvaguarda il diritto alla prova e impedisce che la sospensione operi in modo generale e indifferenziato sul processo in corso;
  2. è sospeso anche il corso della prescrizione dei reati in esso contestati. Secondo il principio generale previsto dall’articolo 159 del codice penale, la prescrizione riprenderà il suo corso dal giorno in cui cessa la causa della sospensione (ibidem).

E la parte civile? Vedrebbe compromesso il suo interesse soggettivo? Il legislatore, in questo caso, non ha lasciato cadere il suggerimento della Consulta: “il comma 5 prevede la possibilità, per la parte civile, di trasferire l’azione in sede civile, in deroga all’articolo 75, comma 3 del codice di procedura penale”. Una deroga che è in linea con i principi espressi dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 24/2004 ( Lodo Schifani), mentre la parte civile verrebbe ulteriormente tutelata trattando la causa “con priorità, attraverso la riduzione del termine a comparire” (ibidem).

Mera consolazione: l’iter legislativo è quello definito dall’art. 138 della costituzione. L’atto, affinché divenga legge costituzionale, deve essere approvato “con due successive deliberazioni ad intervallo non minore di tre mesi, e […] a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera nella seconda votazione” (Cost. art. 138, c. 1 ), a cui segue il referendum consultativo. Servono, come ben saprete, i 2/3 dei componenti per evitare la consultazione degli elettori. Una maggioranza qualificata che questo parlamento non sarà comunque in grado di esprimere (thanks, God). Ergo, Lodo Alfano Costituzionale Mai.

Mr b: dimissioni per un nuovo plebiscito popolare? No, grazie. Un chirurgo per recidere il tumore Mr b.

Precisiamo subito che in Italia non esiste nessun premier. Nessun "primus super pares". Il Presidente del Consiglio non è eletto dal popolo, bensì è nominato dal Presidente della Repubblica, su indicazione delle Camere. Certi parlano di Costituzione formale e Costituzione materiale, distinguendo fra ciò che è scritto e ciò che è fatto. De Gaulle in Francia trasformò il paese in una Repubblica Presidenziale, a furia di violare le regole. Mr b pretende di fare lo stesso qui da noi. Peccato che per tradizione politica, l’Italia sia profondamente una Repubblica parlamentare: i governi – e i loro Presidenti – si susseguono, ciò che resta è l’Istituzione.
Allora, il nostro primus infra pares dovrebbe fare nient’altro che presentarsi alle Camere per valutare se la maggioranza che lo sostiene sia ancora tutta intera. Le dimissioni tout court non farebbero altro che alimentare il perverso gioco distruttivo delle elezioni anticipate: il finto premier userebbe tutto il suo potere mediatico per stroncare le velleità di una opposizione ancora da ricostruire (parlo soprattutto del PD, che deve affrontare il nodo cruciale della leadership e di una linea politica tutt’altro che chiara). Sarebbe una sconfitta seria per il paese una nuova affermazione di Berlusconi alle elezioni. Sarebbe il colpo finale che distruggerebbe definitivamente la sfera politica e la democrazia.
Solo la maggioranza può eliminare Berlusconi. Solo la sua maggioranza può dimissionarlo e decidere di farne a meno. Il cancro enorme che blocca il paese può solo essere estirpato dal corpo politico dalle mani di chi lo ha finora coltivato.
Oppure da quelle di un ottimo chirurgo – non so se mi spiego.

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    • Ignazio si è espresso questo pomeriggio sulla sentenza sul Lodo Alfano, affermando la necesssità che “Berlusconi resti al suo posto e si faccia giudicare in tribunale come tutti i cittadini italiani. La sentenza della Consulta è così chiara che non lascia dubbi. Possiamo dire che la Corte sbarra la strada a ulteriori riedizioni del lodo con legge ordinaria. Per salvare il capo del governo dalle sue pendenze personali con la giustizia la destra deve chiedere di cambiare la Costituzione. La maggioranza in questi mesi non ha fatto altro che alimentare un clima di tensione, evocando continuamente complotti eversivi. Ci conforta che, in questa fase politica così violenta, i giudici investiti del compito di proteggere la Costituzione abbiano lavorato senza farsi condizionare in alcun modo. Ciò che è scritto in ogni aula di tribunale la legge è uguale per tutti finalmente viene confermato anche per Silvio Berlusconi. Speriamo che adesso si possa ricominciare a parlare dei problemi del paese”.

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    • Il commento allucinato del premier («queste cose qua a me mi caricano e caricano anche gli italiani. Viva l’Italia, viva Berlusconi!») fa seriamente allarmare sul patologico delirio di onnipotenza di quest’uomo che la moglie Veronica ha definito «malato»

    • Ma ancora più inquietante è l’appecoronamento di certa informazione. La sera della sentenza, in diretta telefonica a Matrix, ha dichiarato che prima di essere sceso in campo nel ’94 non ebbe mai un’accusa, e che da tutti i procedimenti a suo carico è stato finora assolto

    • Il conduttore-barboncino, Alessio Vinci, non ha fatto una piega di fronte alla doppia bugia: nel 1990 è stato dichiarato testimone spergiuro (testimoniò che stava nella P2 solo da tre giorni mentre era iscritto da tre anni), ma fu salvato da un’amnistia

    • quanto alle assoluzioni, è stato assolto nel merito solo per la tangente di Telepiù, ma per tutti gli altri episodi di corruzione, salvo appunti quelli ancora in itinere (benchè su Mills sia stato già dichiarato “corresponsabile in atti corruttivi»), l’ha sfangata solo grazie alla lunghezza dei processi. Dovuta anche e soprattutto alle leggi con cui lui ha inzeppato il codice di cavilli ritardanti. Per salvare se stesso. Non l’Italia

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    • Il piano B, quello che non gli farà evitare i suoi tre processi, ma almeno lo metterà al riparo dal rischio di una condanna per corruzione giudiziaria, è scattato

    • gli uomini di Silvio Berlusconi hanno deciso di tirare fuori dalle secche della commissione giustizia, dove era impantanata da mesi, una norma finora nascosta tra le pieghe della riforma del codice di procedura civile

    • Una legge ad personam, l’ennesima, che toglie il valore di prova alle sentenze già passate in giudicato

    • Quando sarà approvata, e c’è da giurarci che lo sarà, i tempi di centinaia di dibattimenti si allungheranno a dismisura

    • tra questi c’è anche quello per la presunta mazzetta da 600.000 dollari versata dal Cavaliere per comprare la testimonianza dell’avvocato inglese David Mills

    • L’idea della legge nasce infatti all’indomani della decisione del tribunale di Milano di stralciare la posizione di Berlusconi da quella del suo coimputato. Eravamo nell’autunno del 2008

    • Quel giorno gli avvocati-parlamentari Niccolo Ghedini e Piero Longo si accorgono che il Lodo ha una falla

    • il processo contro il premier sarebbe prima o poi ricominciato. E il rischio che ripartisse (o si concludesse) quando ormai l’eventuale condana in cassazione del legale inglese era già diventata definitiva, sembrava altissimo

    • l’appello contro il solo Mills comincerà già domani ed è prevedibile che duri pochissimo

    • con le norme in vigore il giudice del processo all’imputato Berlusconi, dovrebbe solo limitarsi a stabilire se il premier ha dato o meno l’ordine di pagare Mills

    • il fatto storico – cioè la mazzetta versata dalla Fininvest all’avvocato inglese – sarebbe già provato dall’eventuale sentenza, o di condanna o di prescrizione, in terzo grado

    • Il dibattimento sarebbe insomma rapidissimo

    • Insomma puntare alla prescrizione. In fondo il Cavaliere non deve non resistere molto. Un’apposita legge, la ex Cirielli, approvata dal centro-destra nel 2005, proprio quando Berlusconi scoprì di essere indagato per il caso Mills, ne ha dimezzato la lunghezza: se il processo contro di lui cominciasse settimana prossima (ma non sarà così) il premier nel giro di circa due anni la farebbe franca

    • Ventiquattro mesi sono un niente se la norma che toglie alle sentenze il valore di prova sarà approvata

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La prima notte di Mr b da comune mortale.

E’ una notte strana. La notte a Roma. Palazzo Grazioli blindato. L’unità di crisi raccolta intorno a lui. Il leader solo, senza più i poteri, chiuso nelle stanze, al riparo dagli insulti dei semplici passanti (sei denunciati fuori da Palazzo Venezia, stasera).
E’ una strana notte, questa. La notte della fine del regno assoluto.

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    • Misure di sicurezza straordinarie e grande mobilitazione delle forze dell’ordine attorno a Palazzo Grazioli, residenza romana del premier. La strada è transennata alle auto e circondata da poliziotti in tenuta antisommossa e persino le ambulanze e le auto di servizio sono costrette a deviare e cambiare direzione

    • A Palazzo Grazioli, intanto, è riunita una "unità di crisi" del centrodestra: sono presenti La Russa, Matteoli, Ghedini, Gasparri, Quagliariello e Rossella

    • calca di giornalisti italiani e stranieri (la tv tedesca e francese, le principali agenzia di stampa internazionali), tutti assieme hanno da stamani atteso la sentenza sul lodo Alfano davanti alla Consulta

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    • Tre persone che avevano urlato frasi offensive all’indirizzo di Silvio Berlusconi, poco prima che il premier entrasse alla mostra in corso a Palazzo Venezia a Roma, sono state denunciate.

    • Secondo quanto si è appreso le tre persone mentre il premier si accingeva ad entrare a Palazzo Venezia, hanno urlato: «In galera, in galera, la legge è uguale per tutti»

    • Le forze dell’ordine hanno in un primo momento bloccato una delle tre persone e successivamente le altre due. I tre sono stati poi accompagnati nel vicino commissariato di polizia dove sono stati denunciati

    • All’uscita della mostra, stessa scena: altri tre contestatori e altre denunce. I tre hanno urlato al premier: «In galera, in galera». Anche in questo caso i tre sono stati quindi accompagnati negli uffici del commissariato e denunciati.

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    • No al clima da stadio. La presidente della commissione Giustizia della Camera, Giulia Bongiorno, non entra nel merito della decisione della Corte Costituzionale di bocciare il lodo Alfano.

    • Ma a chi le chiede un commento sul pronunciamento della Consulta il legale del presidente della Camera Fini risponde: «Sarebbe auspicabile evitare di accogliere la decisione in un clima da stadio. Occorre prendere atto dell’esito con il rispetto che merita la Corte Costituzionale»

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    • La notizia della bocciatura del ’lodo Alfano’ apre quasi tutti i grandi siti web internazionali. Grande evidenza sul sito del britannico The Times, che ha seguito con attenzione le vicende del governo italiano negli ultimi mesi: «La massima corte italiana toglie l’immunità a Berlusconi. Il premier italiano lotta per la sua carriera»

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    • Berlusconi: "Giudici di sinistra". La bocciatura a tutto campo, da parte della Corte costituzionale, colpisce un provvedimento fortemente voluto da Silvio Berlusconi. Che, prima, lascia commentare l’esito della vicenda al sottosegretario Paolo Bonaiuti: "Una sentenza politica, ma il presidente, il governo e la maggioranza continueranno a governare come, in tutte le occasioni dall’aprile del 2008, hanno richiesto gli italiani con il loro voto". Poi, uscendo da Palazzo Grazioli, non si tiene: "Vado avanti. La Consulta è politicizzata. E’ di sinistra". E aggiunge: "Dobbiamo governare per cinque anni con o senza il Lodo. Non ci ho mai creduto perché una Corte Costituzionale con 11 giudici di sinistra era impossibile che approvasse tutto questo". Insieme, una filippica contro i giornali e i giornalisti di sinistra, i programmi di approfondimento di sinistra, il capo dello Stato "che sapete da che parte sta". Per concludere così: "A me queste cose mi caricano. Andiamo avanti. Viva Berlusconi". Più tardi, quando gli riferiscono le parole di imparzialità che arrivano da Quirinale ("Il capo dello Stato sta dalla parte della Costituzione con assoluta imparzialità"), il Cavaliere perde quasi le staffe: "Non mi interessa quello che dice Napolitano. Mi sento preso in giro".

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Il Lodo Alfano è INCOSTITUZIONALE

La Consulta ha deciso: il Lodo alfano non è coerente con i principi della nostra Carta Costituzionale. Lo scudo di Berlusconi è illegittimo. Mr b tornerà a essere uno come tanti, e a pagare per i reati commessi.

Le motivazioni: viola l’art. 138 della Costituzione, l’obbligo di fare ricorso a una legge costituzionale ed è illegittimo anche in relazione all’art. 3, vale a dire il principio di uguaglianza.

La decisione è stata presa a maggioranza. Nove giudici favorevoli all’accoglimento della pregiudiziale di costituzionalità, sei contrari.

Questo il testo del comunicato della Corte:

“La Corte costituzionale, giudicando sulle questioni di legittimità costituzionale poste con le ordinanze n. 397/08 e n. 398/08 del Tribunale di Milano e n. 9/09 del GIP del Tribunale di Roma ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 1 della legge 23 luglio 2008, n. 124 per violazione degli articoli 3 e 138 della Costituzione. Ha altresì dichiarato inammissibili le questioni di legittimità costituzionale della stessa disposizione proposte dal GIP del Tribunale di Roma”.

Le reazioni. Paolo Bonaiuti parla già di “sentenza politica”. Bossi: “Berlusconi non si arrenderà, non vuole elezioni anticipate”; e poi, con tono minaccioso: “se si ferma il federalismo, facciamo la guerra” (un messaggio a chi, fra la maggioranza, vuole ricorrere alle urne?). Fabrizio Cicchitto: ”E’ incontestabile che la Corte Costituzionale ha rovesciato la sua precedente impostazione. L’unica spiegazione di questo cosi’ profondo cambiamento della sua dottrina sulla materia regolata dal lodo Alfano deriva da un processo di politicizzazione della Corte che si schiera sulla linea dell’attacco al presidente Berlusconi”.

Gasparri, “La Consulta non e’ piu’ un organo di garanzia”; “Una giornata buia per i valori della legalita’ e che segna il tramonto di una istituzione che ha obbedito a logiche di appartenenza politica e non a valutazioni di costituzionalità” (Gasparri, l’uomo con le bombe a mano in bocca).

Antonio Di Pietro, commentando la sentenza della Corte Costituzionale sul Lodo Alfano, ha detto: “Allora” (al momento della approvazione del Lodo) “rimanemmo stupiti – aggiunge Di Pietro – che il capo dello Stato, non solo firmò il Lodo, ma dichiarò che lo faceva non per dovere, ma perché lo riteneva del tutto costituzionale”. “Spero che da oggi, alla luce della decisione della Consulta – conclude – il presidente del Consiglio la smetta di fare leggi a proprio uso e consumo, si dimetta dall’incarico e vada a fare quello che da 15 anni si ostina a non voler fare: l’imputato”.

Rocco Buttiglione: “Ognuno è libero di condividere o meno i pronunciamenti della Corte Costituzionale sul Lodo Alfano, ma tutti – sottolinea – sono tenuti a rispettarli. Questo non vuol dire che Berlusconi debba dimettersi: chi ha la maggioranza ha il diritto-dovere di governare. Per lo stesso motivo nessuno pensi di convocare elezioni anticipate contro la Corte Costituzionale”.

Questo il testo dell’unico articolo della legge cosiddetta “Lodo Alfano”, dichiarato incostituzionale per violazione degli artt. 3 e 138 della Costituzione:

ART. 1.

1. Salvi i casi previsti dagli articoli 90 e 96 della Costituzione, i processi penali nei confronti dei soggetti che rivestono la qualità di Presidente della Repubblica, di Presidente del Senato della Repubblica, di

Presidente della Camera dei deputati e di Presidente del Consiglio dei ministri sono sospesi dalla data di assunzione e fino alla cessazione della carica o della funzione.

La sospensione si applica anche ai processi penali per fatti antecedenti l’assunzione della carica o della funzione.

2. L’imputato o il suo difensore munito di procura speciale può rinunciare in ogni momento alla sospensione.

3. La sospensione non impedisce al giudice, ove ne ricorrano i presupposti, di provvedere, ai sensi degli articoli 392 e 467 del codice di procedura penale, per l’assunzione delle prove non rinviabili.

4. Si applicano le disposizioni dell’articolo 159 del codice penale.

5. La sospensione opera per l’intera durata della carica o della funzione e non è reiterabile, salvo il caso di nuova nomina nel corso della stessa legislatura.

6. Nel caso di sospensione, non si applica la disposizione dell’articolo 75, comma 3, del codice di procedura penale.

Quando la parte civile trasferisce l’azione in sede civile, i termini per comparire, di cui all’articolo 163-bis del codice di procedura civile, sono ridotti alla metà, e il giudice fissa l’ordine di trattazione delle

cause dando precedenza al processo relativo all’azione trasferita.

7. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano anche ai processi penali in corso, in ogni fase, stato o grado, alla data di entrata in vigore della presente legge.

8. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

Lodo Alfano, interpretazioni a parte.

Il cliam sui giornali e sul web è di quelli confusi. L’Unità abbozza una teoria strana, secondo cui la rinuncia di Fini al Lodo Alfano è una implicita conferma del fatto che la legge non verrà cassata dalla Consulta.
Non me ne capacito. Tanto più che, come è spiegato da Travaglio sul suo blog, Fini ha rinunciato al Lodo già da tempo ma si è venuto a sapere solo in questi giorni grazie al gionale di Padellaro e soci, che ha scritto un articolo sulla vicenda. La querela Woodcock-Fini giaceva in un cassetto della procura romana auto-sospesasi in virtù del Lodo, nonostante la rinuncia del Fini stesso. Quindi non si comprende come questo fatto possa incidere nella decisione della Corte, al quale dovrebbe decidere solo sulla base della legittimità costituzionale.
Trovo invece corrette e centrali le osservazioni di Travaglio, secondo cui:
1. la giustificazione data dall’Avvocatura dello Stato che la bocciatura del Lodo provocherebbe una empasse istituzionale dovuta alle eventuali dimissioni del presidente del Consiglio è infondata poiché già nel 2004 la bocciatura del precedente Lodo non ha impedito a Mr b di essere allo stesso tempo premier e imputato;
2. la bocciatura del Lodo interessa anche il Quirinale che ha supinamente firmato sostenendo la tesi secondo cui non serve una legge costituzionale per derogare dall’art. 3 della Costituzione;
3. il Lodo serve solo a Mr b essendo lui il solo a avere processi in corso – ormai chiusasi la vicenda querela di Fini – e si tratta di procedimenti per corruzione di giudici o altri reati di entità superiore alla mera querela per diffamazione.
Tre aspetti che smontano la ricostruzione dell’Avvocatura e che dovrebbero mettere i giudici della Corte sulla strada della interpretazione letterale della costituzionalità del provvedimento, lasciando le eventuali ripercussioni politiche al sistema politico stesso.

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    • circolano, sui giornali, varie indiscrezioni sugli orientamenti che starebbero dividendo la Corte Costituzionale
    • c’è chi dice che ci sono cinque giudici pro, cinque giudici contro e cinque incerti, insomma fanno il Toto – Lodo in Parlamento in queste ore
    • Abbiamo già parlato della vergogna dell’avvocatura dello Stato, che è andata a sostenere non la legittimità costituzionale del Lodo, ma la necessità politica del Lodo in quanto, se il Lodo non fosse confermato e saltasse, Berlusconi tornerebbe imputato e conseguentemente dovrebbe dimettersi, crollerebbe il governo, sarebbe un cataclisma
    • alla Corte dovrebbero discutere la costituzionalità o meno del Lodo, gli effetti sono poi affare della politica, degli elettori, del Parlamento, del governo, del capo dello Stato
    • Lì devono stabilire se il Lodo è o meno costituzionale, se la legge è uguale per tutti, oppure per tutti tranne quattro
    • l’altro giorno Rutelli ha dichiarato che, se il Lodo dovesse decadere, allora ci sarebbe spazio per un governo istituzionale
    • è anche un grande regalo a Berlusconi, perché è proprio quello che sta cercando di fare Berlusconi, spaventare la Corte dicendo “ se voi bocciate il Lodo vi assumete la responsabilità di un crollo del governo e di un cataclisma politico in un clima di incertezza”
    • l’opposizione è quella roba lì, non è in grado di produrre una maggioranza alternativa e conseguentemente spaventare la Corte è l’unica strategia possibile da parte di chi ha fatto questo Lodo e sa benissimo di aver violato la Costituzione
    • stiamo parlando di roba seria, stiamo parlando di corruzione di un testimone per taroccare dei processi, stiamo parlando di corruzione di giudici
    • il processo Sme è finito come sapete – stiamo parlando di falsi in bilancio, frodi fiscali, appropriazioni indebite, tentata istigazione alla corruzione di Senatori
    • l’azione penale, la attiva il Pubblico Ministero con la sua richiesta di rinvio a giudizio e, in quel momento, l’indagato diventa imputato, conseguentemente è buona norma che, in quella fase, chi svolge cariche pubbliche o funzioni pubbliche, si faccia da parte
    • la Costituzione prevede un surplus di doveri, per chi svolge incarichi pubblici (articolo 54
    • chi ricopre cariche pubbliche non è un cittadino comune e deve anche esercitarle con disciplina e onore
    • incompatibile con una richiesta di invio a giudizio o con un rinvio a giudizio per reati gravi
    • Non dimentichiamo che nel 92 Scalfaro, ben altro Presidente della Repubblica, quando si parlava di un avviso di garanzia a Craxi, che però non l’aveva ancora ricevuto, nel maggio del 92 Scalfaro non diede l’incarico a Craxi, nonostante che i partiti della maggioranza, appena confermata dalle elezioni dell’aprile 92, gli avessero confermato una sia pur risicata maggioranza al partito
    • E’ già tutto avvenuto, Berlusconi è già diventato Presidente del Consiglio da imputato, è imputato praticamente da 15 anni e quindi non si capisce quale sarebbe la novità se tornasse a essere imputato dopo l’eventuale bocciatura della legge Alfano
    • il Lodo Maccanico /Schifani, lo scudo durò sei mesi: dall’estate del 2003 al gennaio del 2004, la Corte glielo bocciò, lo ritrascinò in Tribunale e lui continuò a fare il Presidente del Consiglio e l’imputato
    • abbiamo anche il precedente specifico; Berlusconi, se torna imputato, non si dimette
    • a avere interesse che la Corte Costituzionale confermi il Lodo, non sono soltanto Berlusconi e la sua ristretta cerchia, ma è anche il Quirinale
    • molti giuristi, addirittura 100 costituzionalisti, compresi quattro o cinque ex Presidenti della Corte Costituzionale, avevano detto, in un famoso appello, che il Lodo era incostituzionale in forma palese, ictu oculi, al primo sguardo, incompatibile con l’articolo 3 della Costituzione e quindi c’erano tutti gli elementi affinché il capo dello Stato lo respingesse al mittente con un messaggio motivato alle Camere, come prevede la Costituzione
    • Il capo dello Stato non volle respingerlo, non respinge mai nulla, ha firmato tutto in questo anno e mezzo
    • tanto è inutile respingere le leggi costituzionali, perché tanto Berlusconi le ripresenta uguali.
    • C’è un potere della Costituzione che consente, anzi impone al capo dello Stato, nel caso in cui la legge sia manifestamente incostituzionale, di rimandarla indietro, ma lui ci fa sapere che non le rimanda indietro perché tanto gliele ripresenterebbero uguali
    • almeno farebbe sapere che lui non c’entra, almeno farebbe sapere che lui ha provato a difendere la legalità e la Costituzione
    • quel Lodo non è fatto per le quattro alte cariche dello Stato, ma per una, la più bassa
    • Perché le altre tre non hanno processi, o meglio ne aveva uno Fini: ne aveva uno perché? Perché il Pubblico Ministero di Potenza, che adesso è in trasferimento a Napoli, Harry John Woodcock , l’aveva querelato per delle dichiarazioni sgangherate che Fini aveva fatto a Porta a Porta
    • Woodcock aveva messo sotto inchiesta la moglie di Fini, il segretario di Fini e il factotum di Fini: ricorderete lo scandalo del portavoce Sottile, che usava l’auto blu per scarrozzare le soubrette alla Farnesina e poi è stato condannato per peculato in primo grado
    • la storia del segretario di Fini, Proietti, che era stato beccato al telefono mentre parlava di cliniche, di quote di cliniche etc. con la moglie di Fini, l’inchiesta poi passò a Roma, non se ne è mai più saputo niente
    • l’inchiesta che aveva fatto infuriare Fini, il quale però, a mente fredda, doveva aver capito che l’inchiesta era buona, perché infatti ha mandato via il suo portavoce Sottile e poi si è separato da sua moglie, diciamo implicitamente ammettendo che forse Woodcock non aveva tutti i torti
    • i magistrati di Roma avevano congelato – diciamo – in un cassetto, in freezer – i freezer della Procura di Roma sono sempre stati molto capienti! – il processo per diffamazione a Fini, che era stato, nel frattempo, rinviato a giudizio per aver diffamato Woodcock
    • Fini aveva detto che non si sarebbe avvalso del Lodo Alfano, che è rinunciabile, e non gli fanno il processo lo stesso?
    • abbiamo contattato l’Avvocatessa Giulia Bongiorno, che assiste Fini in questo frangente e le abbiamo chiesto “confermate di voler essere processati?” e lei ha detto “ certo!” e hanno chiesto proprio alla Procura di Roma di sbloccare questo maledetto processo
    • si è saputo ufficialmente che Fini chiedeva di essere processato, ossia di essere spogliato dello scudo spaziale del Lodo, Woodcock ha fatto un bel gesto e ha detto “ va bene, mi dichiaro soddisfatto, finalmente abbiamo un esponente delle istituzioni che compie un gesto istituzionale
    • Mettiamoci una pietra sopra, ritiro la querela a Fini”, dato che la dichiarazione è procedibile soltanto a querela della parte lesa, se la parte lesa ritira la querela il processo evapora
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    • Una sentenza che è lo spartiacque della legislatura. Ununico tavolo da cui dipendono tante partite: la durata del governo, la tenuta del Pdl, la nascita di nuove formazioni politiche al centro, un’eventuale diaspora nel Pd. Così la Consulta si ritrova ad essere, suo malgrado, non solo garante e giudice delle leggi ma anche arbitro degli equilibri politici.
    • Giudicare il Lodo – lo scudo giudiziario che blocca i processi, ma non le indagini, per le quattro più alte cariche dello Stato – solo interrogando i codici o anche il contesto in cui gli stessi codici vanno applicati.
    • c’è una sostanziale parità, che la Corte è spaccata e che la differenza la faranno due, al massimo tre giudici tra cui il presidente Francesco Amirante (il cui voto, in caso di parità, vale doppio) ancora incerti sul da farsi.
    • È preferibile, anche, non dilungarsi troppo sulle cene tra giudici e premier e ministri (a maggio a casa Manzella); sul figlio del giudice promosso ai vertici di un importante ente pubblico; sulla lunga stretta di mano tra il premier e il presidente Amirante durante i funerali dei sei parà uccisi a Kabul.
    • Restiamo ai fatti
    • la rinuncia del presidente della Camera Gianfranco Fini al Lodo
    • la memoria difensiva dell’Avvocatura di Stato
    • le ragioni che nel luglio 2008 hanno fatto dire al presidente della Repubblica sì al Lodo Alfano
    • Il presidente Napolitano osservò allora, in due diversi comunicati, che la Corte già con la sentenza n.24 del 2004 (quella che bocciò l’analogo Lodo Schifani) «sancì che la norma di sospensione dei processi per le alte cariche dello stato non dovesse essere adottata con legge costituzionale»
    • Napoletano, firmando il Lodo Alfano, ricordò anche che la Corte, sempre nel 2004, «giudicò un interesse apprezzabile la tutela del bene costituito dalla assicurazione del sereno svolgimento delle rilevanti funzioni che ineriscono a quelle cariche »
    • poter gove

      rnare serenamente è un interesse primario e un processo può anche aspettare

    • lo stesso principio spiegato nelle ventuno pagine della memoria difensiva dell’Avvocatura di Stato che, in caso di stop al Lodo, prevede danni seri all’esercizio delle funzioni provocati dalle dimissioni del premier
    • Alla Corte, quindi, è stato prospettato una sorta di ricatto politico
    • già in passato, nel 2004, la Consulta si era espressa dicendo che nonserviva una legge costituzionale
    • è di grande “aiuto” la scelta di Fini di rinunciare allo scudo: in qualche modo è la prova che il Lodo non è incostituzionale. Si tratta di un messaggio forte per la Corte. Che può far spostare i più indecisi verso il sì e la conferma

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Avvocatura dello Stato? Ignoranza giuridica crassa.

L’Avvocatura dello Stato, nella memoria sul lodo Alfano depositata presso la Consulta, compie almeno due errori aberranti di diritto costituzionale e uno di diritto penale:

  • in primis, parlando delle conseguenze della bocciatura del lodo, sostiene che questa legge è essenziale poiché protegge "funzioni elettive": come sappiamo il lodo interessa le prime quattro cariche dello Stato, Presidente della Repubblica, Presidente del Senato, Presidente della Camera e Presidente del Consiglio.

Il Presidente della Repubblica è una carica elettiva:  Cost. It., parte II, titolo II, Art. 83, c.1: "Il Presidente della Repubblica è eletto dal Parlamento in seduta comune dei suoi membri".

Il Presidente del Senato e il Presidente della Camera sono cariche elettive: Cost. It., parte II, titolo I, Art. 63, c.1: "Ciascuna Camera elegge fra i suoi componenti il Presidente e l’Ufficio di presidenza".

E il Presidente del Consiglio? Cost. It., parte Ii, titolo III, Art. 92, c.2: "Il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio dei ministri e, su proposta di questo, i ministri". E’ nominato, non è una carica elettiva. La fiducia che riceve in Parlamento non è una elezione. Pertanto non sottende a nessuna "funzione elettiva". Così secondo la Costituzione. Poi certi Presidenti del Consiglio possono sentirsi degli "eletti", ma questo è un altro discorso.

  • in secondo luogo: le dimissioni eventuali di una di queste cariche dello Stato produrrebbero "danni irreparabili". La domanda è: per chi? Forse per il titolare di detta carica. Le cariche elettive e non elettive sono temporanee. Il Presidente della Repubblica è "eletto per sette anni" (art. 85, c.1); "La Camera dei deputati e il Senato della Repubblica sono eletti per cinque anni" (art. 60, c.1). Il Presidente del consiglio può essere sfiduciato (art. 94, c.2). Quindi? il danno consiste nelle rielezione di un nuovo Presidente della Repubblica, del Senato o della Camera e nella apertura di una crisi di governo nel caso del Presidente del Consiglio, la cui peristenza dipende dalla sussistenza o meno alle Camere di una maggioranza di governo.
  • terzo: nei dibattimenti non possono avvenire fughe di notizie poiché gli atti delle indagini sono pubblici; non lo sono solo durante le indagini preliminari. Ma il Lodo alfano blocca i processi, non le indagini. Perché allora questo sedicente Avvocato si preoccupa delle eventuali fughe di notizie?

Un qualunque studente di Diritto Costituzionale conosce queste nozioni minime. L’Avvocato dello Stato non può non conoscere le norme costituzionali, quindi se ne deduce che ha imbastito un discorso meramente "politico".

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    • Nell’ambito della privatizzazione dello Stato e delle sue istituzioni, ce ne siamo appena giocate altre due: l’Avvocatura dello Stato e forse un pezzo di magistratura.
    • Ieri la Corte d’appello di Palermo ha rifiutato di esaminare le nuove prove a carico di Marcello Dell’Utri: le dichiarazioni di Massimo Ciancimino sulle tre lettere (una delle quali sequestrata nel 2005 in casa Ciancimino e rimasta sepolta in procura per quattro anni) che Provenzano avrebbe scritto a Berlusconi facendogliele recapitare da Dell’Utri.
    • La possibilità che Dell’Utri fungesse da pony express fra il boss e il premier avrebbe dovuto quantomeno incuriosire la Corte che sta processando Dell’Utri per il suo ruolo di trait d’union fra la mafia e il Cavaliere.
    • Invece il presidente Dall’Acqua se n’è uscito con un’ordinanza in cui spiega che la lettera e i verbali di Ciancimino non contengono “fatti riconducibili a Dell’Utri suscettibili di utile rilievo processuale”
    • l’avvocato dello Stato Glauco Nori si precipita alla Consulta per difendere la costituzionalità del Lodo Alfano. Ma, per la strada, è colto da una drammatica crisi d’identità e non riesce più a distinguere tra lo Stato e Berlusconi
    • ll’Avvocatura dello Stato, questa è “un ‘pool’ di giuristi specializzati che rappresenta e difende in giudizio l’amministrazione statale e, più in generale, tutti i poteri dello Stato
    • dovrebbe difendere la norma generale e astratta
    • Dice che il Lodo va mantenuto non perché sia conforme alla Costituzione (vien da ridere anche a lui); ma perché, se fosse bocciato, Berlusconi tornerebbe imputato e sarebbe costretto alle dimissioni.
    • Nori invece ne difende l’utilizzatore finale
    • Berlusconi è stato rinviato a giudizio una ventina di volte in 15 anni e non s’è mai sognato di dimettersi (nemmeno quando fu condannato per tre volte in primo grado nel 1997-98); lui stesso ha sempre detto che non si dimetterà mai, nemmeno se condannato in via definitiva, anche perchè nessuno della finta opposizione gliel’ha mai chiesto
    • se Berlusconi tornasse imputato, la stampa potrebbe seguire i suoi processi con “formule suggestive”, con uno “stile giornalistico” che a lui non garba e naturalmente con “fughe di notizie coperte dal segreto”
    • la stampa è libera di usare le “formule” e lo “stile” che le pare senza chiedere il permesso all’Avvocatura dello Stato; e le fughe di notizie riguardano le indagini preliminari, mentre i dibattimenti sono pubblici e privi di segreti
    • e il Lodo blocca i dibattimenti, non le indagini
    • La prossima volta, prima di aprire bocca, l’avvocato dello Stato chieda in giro la differenza che passa fra lo Stato e Berlusconi. Dopodichè si consulti con il Ghedini vero: nemmeno lui avrebbe osato dire simili scempiaggini
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    • Se la Corte Costituzionale dovesse bocciare il ‘lodo Alfano’ "ci sarebbero danni a funzioni elettive, che non potrebbero essere esercitate con l’impegno dovuto, quando non si arrivi addirittura alle dimissioni. In ogni caso con danni in gran parte irreparabili"
    • E’ il parere dell’Avvocatura generale dello Stato che, per conto della Presidenza del Consiglio, difende la ‘ratio’ della legge che sospende i processi nei confronti delle quattro più alte cariche dello Stato
    • ha congelato tre processi di Berlusconi, Mills e diritti tv a Milano, compravendita dei senatori a Roma
    • Il legale, con argomenti soprattutto politici, difende la "ragionevolezza" del ‘lodo Alfano’ perché in grado di coordinare due interessi: quello "personale dell’imputato a difendersi in giudizio"; e "quello generale, oltre che personale, all’esercizio efficiente delle funzioni pubbliche" svolte dal premier
    • Se invece la legge ("non solo legittima, ma addirittura dovuta") venisse bocciata dai giudici della Consulta, c’è il pericolo che ripeta quanto accadde a Giovanni Leone, afferma Nori senza mai citare apertamente l’ex presidente della Repubblica, che lasciò anzitempo il Quirinale perché travolto dalle polemiche sullo scandalo Lockheed: "Talvolta – scrive l’avvocato Nori – la sola minaccia di un procedimento penale può costringere alle dimissioni prima che intervenga una sentenza ed anche quando i sospetti diffusi presso la pubblica opinione si sono dimostrati infondati".
    • L’"eccessiva esposizione" del processo sui media unita alla lentezza della giustizia italiana rappresentano un’ulteriore danno all’immagine pubblica del premier. "Sono rari – sottolinea ancora il legale – i processi penali che si concludono dentro il tempo di una legislatura (ancor di più, di un mandato di un Presidente del Consiglio dei ministri); di conseguenza quest’ultimo si trova esposto al rischio di subire per tutta la durata della carica i danni conseguenti". "Se la legge fosse dichiarata costituzionalmente illegittima – viene aggiunto – non sarebbe eliminato il pericolo di danno all’esercizio delle funzioni che, in quanto elettive, trovano una tutela diffusa nella Costituzione".
    • "il titolare di funzioni di massimo rilievo politico non solo deve avere la serenità sufficiente per il loro esercizio corretto, ma prima di tutto deve essere sottratto ad ogni condizionamento, che possa pregiudicare la stessa continuità dell’esercizio". Il fatto di aver richiamato il caso del presidente Leone, dà modo all’avvocato Nori di sostenere che nel giudicare il ‘lodo Alfano’ i giudici costituzionali devono tener conto non solo di "ipotesi astratte" ma anche della "reale situazione attuale". Fatta di "inefficienze e anomalie"
    • "Il modo in cui i processi si svolgono, spesso per difficoltà non rimediabili; la fuga di notizie coperte da segreto, prima che abbiano avuto la loro verifica processuale (non solo le registrazioni telefoniche); la durata dei processi; o rapporti tra uffici giudiziari e media; lo stile giornalistico (senza mettere in dubbio la loro liceità) con il quale processi di un certo genere vengono trattati"
    • i "danni irreparabili" prodotti dalla ripresa dei processi avverrebbero "senza che ci siano intenti persecutori e senza alcuna responsabilità dei magistrati" ma "per la sola disfunzione del sistema per un certo modo in cui oggi operano i media"
    • il ‘lodo Alfano’ "nella situazione attuale – sottolinea l’avvocato – pone al riparo dai danni conseguenti alcune cariche di vertice dello Stato". Senza la sospensione dei processi del premier garantita dal ‘lodo Alfano’, "anche se non si arriva alle dimissioni, che costituiscono il pericolo estremo, si può creare – si aggiunge nella memoria – una forte corrente di opinione contraria, che rende quantomeno precarie le condizioni personali di serenità che secondo la Costituzione debbono essere assicurate all’interessato ed in mancanza delle quali resta pregiudicato l’interesse generale sottostante"

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