Il Fondo Salva-Stati EFSF è senza un quattrino

Il Fondo Salva-Stati EFSF – presto forse ESM – è vuoto. Vuoto. Il panico dei mercati è forse causato da questo fatto. Alcuni traders avrebbero monitorato i flussi in ingresso e in uscita dal Fondo e hanno convenuto che vi siano “in cassa” circa 15 miliardi di euro. Una cifra ridicola rispetto ai capitali che dovrebbero essere mobilitati per salvare uno Stato come la Spagna o l’Italia. Scrivono i tecnici del Sole 24 Ore che questi 15 miliardi rappresentano una sorta di ciambella di salvataggio, un “buffer”, una liquidità d’emergenza da impegnare presso la BCE per ottenere l’intervento sui mercati con funzione anti-Spread. Ma quindici miliardi bastano a malapena per sostenere i Bonos spagnoli per due/tre settimane. Dopodiché? Il dopo è una opzione che nessuno è in grado di valutare.

Intanto il bailout per salvare il sistema bancario spagnolo – pari a 30 miliardi di EFSF bond – non è ancora pronto e forse lo sarà a fine mese. Potete bene comprendere che EFSF deve finanziarsi anch’esso sul mercato, non fa shopping direttamente ed esclusivamente presso la BCE. Il buffer è un cuscinetto di sicurezza che garantisce Grecia, Portogallo e Irlanda. Se venisse dirottato presso le banche spagnole, o peggio verso i Bonos, automaticamente la speculazione prenderebbe la direzione nota di Atene. EFSF non può finanziarsi a botte di 20 miliardi a settimana. A malapena ne ha racimolati 6 durante l’asta del 10 luglio scorso, l’ultima, scrivono sul Sole 24 Ore.

Per queste ragioni, presto diremo addio sia al EFSF che al ESM o MES. Entrambi verranno modificati radicalmente. Al momento attuale non servono, sono costruzioni vuote e i mercati lo sanno. Da due anni sono continuamente ingannati da Bruxelles e dalla corte di politicanti europei. Il tempo per soluzioni tampone è finito. Il mese di Agosto è l’occasione buona per i mercati per mandare un messaggio chiaro e limpido a Berlino, a Parigi, a Roma, a Madrid. Molti penseranno a un atto di guerra dei mercati, o dei massoni, o della Trilaterale, o degli Illuminati. Niente di tutto ciò: ci sono precise responsabilità politiche (a Berlino, a Parigi, a Roma, a Madrid). E se non si investe nuovamente in una Unione Europea, l’euro come moneta senza stato è destinato ad essere distrutto dai mercati medesimi. Essi non possono tollerare questa incertezza sul futuro politico del continente. Nessuno ha intenzione di investire in Europa, se l’Europa è destinata alla decadenza.

Detto questo, una volta legittimata nuovamente la costruzione europea, se mai verrà fatto, i mercati devono essere ripuliti dal marciume. Non ci sono alternative: sono le banche ad aver causato il disastro, a volte anche attivamente suggerendo le tecniche per truccare i bilanci pubblici, o riempiendoli di derivati. Ci  sono tre riforme che attendono. Separare le banche commerciali da quelle di investimento. Assoggettare le agenzie di rating non ai titolari dei titoli ma agli investitori. Rompere l’egemonia americana nel sistema del Rating e nel FMI. Tre piccole riforme che però nessun “tecnico” si è ancora sognato di proporre.

Il governo taglia del 20% il finanziamento a partiti e sindacati. In Spagna

Il giorno nero della Spagna: il governo di Mariano Rajoy ha annunciato misure draconiane per un totale di 65 miliardi di euro. Saranno approvate venerdì, dal Consiglio dei Mnistri, e saranno applicate immediatamente. Questo è il risultato del bailout del EFSF, per salvare le banche spagnole.

Ecco le misure prese:

  1. aumento dell’IVA agevolata dall’8% al 10%;
  2. aumento dell’IVA normale dal 18% al 21%;
  3. aumento delle accise;
  4. riduzione delle detrazioni per l’abitazione principale;
  5. eliminazione della tredicesima per i dipendenti pubblici e riduzione dei giorni di ferie;
  6. riduzione della indennità di disoccupazione a partire dal settimo mese;
  7. riforma delle pensioni;
  8. riduzione del 30% delle consulenze esterne ;
  9. riduzione di 600 milioni della spesa dei ministeri;
  10. ma soprattutto: taglio del 20% al finanziamento pubblico a partiti e sindacati.

    Che dire: Rajoy non è ancora stato linciato dai partiti spagnoli, ma dinanzi alla eliminazione della tredicesima il 20% di taglio ai soldi destinati ai partiti era doveroso.

El rescate delle Banche spagnole: le severe condizioni dell’Eurogruppo

El rescate, “salvataggio”, in termini tecnici “bailout”: il Fondo salva Stati fa il suo debutto come salva-banche e si propone come un alter ego del Fondo Monetario Internazionale. Ovvero: fornisce aiuti in cambio di politiche. Politiche generalmente punitive contro il bilancio statale. Si era discettato a lungo sul fatto che il EFSF (che presto diventerà MES, Meccanismo Europeo di Stabilità) nell’ultima variante decisa nell’ultimo Consiglio Europeo a Bruxelles, quello della vittoria dei Mario’s, non avrebbe dovuto prevedere l’assoggettamento dei governi nazionali alla Troika, Commissione, BCE, FMI, la triade del fallimento greco. Lo aveva affermato lo stesso Monti, nell’intervista conclusiva del vertice. Ma la chiusura della riunione dell’Eurogruppo, avvenuta oggi pomeriggio, ha stabilito con la formula del “Memorandum od Understanding” le dure condizioni (o imposizioni) al governo spagnolo per ottenere il fatidico bailout, il maxi prestito per salvare il proprio sistema finanziario. E la Troika è ancora là.

“Terapia de choque”, scrivono su El Pais. La Spagna ha ottenuto una dilazione di un anno nei termini per il riallineamento del rapporto deficit/PIL al 3%, dal 2013 al 2014, oltre ai 30 miliardi di euro del EFSF. Ma a quale prezzo?

Innanzitutto si tratta di un prestito: i 30 miliardi dovranno essere restituiti con un interesse del 4% (è il tasso di interesse al quale si finanzia il Fondo europeo di salvataggio EFSF maggiorato di uno spread compreso tra mezzo punto e un punto); il fondo di salvataggio europeo inietta queste obbligazioni – con una scadenza media di 12,5 anni – nel fondo di salvataggio spagnolo (FROB), e questo nel bilancio delle istituzioni bancarie che ne hanno bisogno. La banca può mantenere tali titoli nel proprio bilancio o bussare alla porta della BCE per ottenere denaro sonante. Non vi è alcun “periodo di grazia”, la principale delle obbligazioni è pagata alla scadenza (10 a 15 anni), mentre gli interessi sono pagati annualmente.

Le banche spagnole verranno suddivise in tre gruppi. Un primo gruppo dovrà operare una forte ristrutturazione dei propri assets già a partire dal 20 Luglio, giorno in cui EFSF verserà i 30 miliardi al FROB. I piani delle ristrutturazioni saranno esaminati fra Ottobre e Novembre dalla BCE, che potrà respingerli, chiedere integrazioni o approvarli senza modifiche. I piani per le ricapitalizzazioni dovranno essere presentati ad Ottobre.

La Spagna ha ricevuto il prestito in cambio di una rigorosa politica fiscale, e riforme della vigilanza bancaria: in pratica dovranno formalizzare mediante leggi nazionali la possibilità per le autorità europee di effettuare la vigilanza sul sistema bancario spagnolo: di fatto un esproprio di sovranità anche se meno intenso rispetto a quanto fatto con Grecia, Portogallo e Irlanda. Bruxelles chiede nuove misure fiscali immediatamente. Il governo ha annunciato un aumento dell’IVA. Forse non basterà. Forse la Spagna dovrà rimetter mano alla previdenza sociale. La Troika invierà le missioni in Spagna ogni tre mesi, e si assume di fatto potere sulla vigilanza finanziaria delle banche.

Non è chiaro però se le ristrutturazioni bancarie impediranno del tutto ai banksters spagnoli di poter operare liberamente sui titoli tossici, o su assets molto rischiosi. Ristrutturazione significa ridurre l’esposizione attuale ma non di certo impedire ai traders di fare il loro “sporco mestiere”. Il bailout spagnolo rischia di essere quello che non dovrebbe: un salva-banche, affinché queste ultime proseguano a far crescere quel mostro bruto del giro d’affari dei Derivati.

Allegato:

Memorandum_of_Understanding

I PIGS in semifinale agli Europei (ma c’è un intruso)

A quanti sarà venuto in mente di paragonare le vicissitudini finanziarie degli Stati membri dell’Area Euro con gli esiti degli incontri di calcio agli Europei 2012? Direi a tanti. Forse alcuni si sarebbero accorti che il famoso acronimo PIGS, che identificava i porcellini dell’Europa meridionale, quelli che “vivono al di sopra delle loro possibilità”, poi ingiustamente esteso agli Irlandesi, si è ripresentato alle semifinali di Euro 2012. Già perché Portogallo Italia, Spagna e… bè evidentemente c’è un intruso. Un intruso di nome Germania.

Comunque questo non è un post che parla di calcio. Dovrebbe, quello, essere l’ambito – marginalissimo – in cui ancora si parla di Nazioni. Dopo tutto quello che è accaduto con i due conflitti mondiali della prima metà del ‘900, una o più generazioni di giovani cancellate, il sangue, i morti nei lager, quel mostro che risponde al nome di Nazione e che ci fa sparare ed eliminare fisicamente (tecnocraticamente) chiunque non ne faccia parte, doveva esser messo in archivio per lasciar campo ad una forma pacifica, cosmopolita, di organizzazione politico-sociale: gli Stati Uniti d’Europa.

Invece, in una sorta di nemesi, di distopia realizzata, ci troviamo a che fare di nuovo con il concorso degli egoismi nazionali, espressi da governanti populisti e privi del coraggio degli statisti, uomini e donne che non pensano a breve termine, ma sanno individuare nella propria mente i lineamenti di questo fosco futuro e sanno aggregare intorno alle proprie personalità il consenso necessario ad affrontare l’incertezza.

Stasera Angela Merkel ha “ribadito la sua opposizione all’emissione di titoli di debito congiunti da parte dell’Eurozona, i cosiddetti ‘Eurobond” (AGI.it). Tutto ciò mentre il governo di Cipro, che presiederà il Consiglio Europeo nel prossimo semestre, richiede aiuti ai fondi EFSF/ESM:

Cipro ha presentato richiesta di aiuto finanziario ai fondi Efsf/Esm dell’Unione europea. Lo ha reso noto il governo del Paese, che fa parte della zona euro, spiegando come la richiesta sia volta a proteggere il settore finanziario dall’esposizione alla Grecia. “Il fine della richiesta di assistenza è di conterenre i rischi per l’economia cipriota, in particolare quelli sollevati dall’impatto negativo sul suo sistema finanziario, a fronte della sua ampia esposizione all’economia greca” si legge nella nota (Reuters).

Stessa scelta per la Spagna, che era già nel mirino della speculazione da giorni. Il suo sistema bancario è al collasso, non è più in grado di rifinanziarsi. Mentre Merkel afferma che “quando penso al vertice, ciò che mi preoccupa è che verrà esposta ogni sorta di idea su come condividere il debito e non abbastanza idee su come controllarlo” (AGI.it), il resto dell’Europa affonda. Avete capito? L’Italia è il prossimo “big fish”:il vertice europeo sarà un fallimento. La solita enunciazione di principio. Serve che la BCE garantisca in solido le banche europee. Tutte. Serve una Banca Centrale. Gli Eurobonds sono tappezzeria, ottima, ma non quella che serve. Non è rimasto più molto tempo.

George Soros, il miliardario che si arricchì causando la crisi dello SME nel 1992, sostiene oggi dalle colonne del Financial Times che l’attitudine della Germania di dire sempre no è un ostacolo al salvataggio dell’Euro. E i paesi che devono affrontare i piani di riduzione del debito devono farlo in maniera tale da non pregiudicare la crescita. Servono una unione fiscale e bancaria. E se Merkel dirà no, i governi europei dovranno coalizzarsi per far ricadere su di essa la colpa del fallimento. A pensarci bene, il consiglio di Soros è ancor più pericoloso del fallimento medesimo: significherebbe distruggere le relazioni internazionali. Significherebbe mettere la Germania fuori dall’Europa. Significherebbe trattarla come un intruso.

Financial Times: l’Italia è il malessere post-party dell’Europa

fonte: http://www.ft.com/cms/s/0/621f81b2-0184-11e1-8e59-00144feabdc0.html # ixzz1cAMCtWU

(traduzione propria)

In Italia gli oneri finanziari sono saliti ai massimi dell’era-euro appena un giorno dopo che i leader europei hanno concordato il nuovo piano per invertire la crisi a spirale del debito della regione, un segnale preoccupante che non siano riusciti a riconquistare la fiducia dei principali mercati finanziari.

Mentre funzionari italiani sono ammassati nel centro di Roma per protestare contro i possibili licenziamenti forzati, l’Italia è costretta a pagare il record di 6,06 per cento in un’asta delle sue obbligazioni a 10 anni, rispetto al 5,86 per cento di un mese fa, nonostante l’intervento della Banca centrale europea sul mercato.

Tale movimento si è verificato non appena i funzionari europei si sono rivolti a Cina e Giappone per la possibile partecipazione al finanziamento del fondo di salvataggio della zona euro. A Tokyo, in Giappone il primo ministro, Yoshihiko Noda, ha detto al Financial Times che vorrebbe vedere “un impegno ancora maggiore” in Europa per “alleggerire le preoccupazioni della crisi attraverso la creazione di un approccio più forte e più dettagliato”.

Il mondo della terza più grande economia resta preoccupato per un possibile contagio. “Questo fuoco non è dall’altra parte del fiume”, ha detto Noda. “Attualmente, la cosa più importante è garantire che non si diffonda in Asia o nell’economia globale”.

I mercati sempre vedono l’Italia come il paese decisivo per la gestione della crisi del debito dell’Eurozona. Il piano di riforme economiche presentato da Silvio Berlusconi, il primo ministro, ha ricevuto un cauto benvenuto al vertice di Bruxelles, ma è stato criticato dagli investitori poiché ritenuto inadeguato e al di là delle capacità del suo indebolito governo di centro-destra per essere messo in azione.

“Chiaramente questo [l’aumento dei tassi per i Btp]  non sembra un voto di forte fiducia nel pacchetto”, ha detto Nicola Marinelli, gestore del fondo per la gestione Glendevon Re Asset, commentando l’asta dei bond. “Penso che, dopo l’euforia di Giovedi, il mercato sia alla ricerca di maggiori dettagli dall’Europa”.

Avendo l’Italia la necessità di rifinanziare l’anno prossimo quasi € 300 miliardi di € 1.900 mld della sua montagna di debito, Berlusconi è messo sotto forte pressione da parte dell’Unione europea e della BCE di portare avanti rapidamente le misure per risollevare l’economia stagnante e di evitare di seguire la Grecia, l’Irlanda e il Portogallo alla ricerca di una forte iniezione di liquidità [bail-out]  che sarebbe al di là della potenza di fuoco attuale della zona euro. E sono proprio gli sforzi per rafforzare la potenza di fuoco del fondo salva-stati che hanno spinto l’Europa a guardare a Pechino e Tokyo per il finanziamento.

Klaus Regling, il capo del fondo europeo di stabilità finanziaria, si è recato a Pechino venerdì nella speranza di convincere la Cina a rafforzare il sostegno per la rafforzamento del fondo e si prevede che visiti anche il Giappone. Il Giappone attualmente detiene poco più del 20 per cento dei 10 miliardi di € in obbligazioni emesse dal EFSF, e il signor Noda, che è stato ministro delle Finanze prima di diventare primo ministro il mese scorso, ha segnalato che Tokyo continuerà a sostenere l’espansione del fondo.

In Italia, Berlusconi ha insistito che non vi è “alcuna alternativa credibile” al suo governo, ma ha definito l’euro una moneta “strana” che “non ha convinto nessuno”. Berlusconi ha poi rilasciato una dichiarazione per chiarire il suo sostegno all’euro e ha detto che esso è vulnerabile agli attacchi speculativi perché è una moneta senza governo, uno stato o una banca centrale di ultima istanza.

Il voto del mercati ‘di sfiducia’ si è fatto sentire anche in Spagna, dove rendimenti del benchmark è saltato di 18 punti base al 5,51 per cento. Anche le banche italiane hanno anche sofferto, le loro azioni hanno perso l’esuberanza post-vertice di giovedi. UniCredit è scesa di oltre il 4 per cento mentre anche le azioni francesi e l’euro sono scesi.

Alti funzionari italiani presso la banca centrale e il Tesoro, così come importanti banchieri, hanno anche avvertito Bruxelles che i piani per ricapitalizzare le banche non sono stati correttamente pensati e c’è il rischio di spingere l’Italia, e altre economie, in recessione, costringendo le banche a sospendere i finanziamenti ad aziende e consumatori. “Questa situazione non è stata pienamente presa in considerazione e vi è il rischio grave che mezza Europa finisca in recessione”, ha detto un alto funzionario.

Ulteriori dubbi sul fondo di salvataggio proposto della zona euro sono state sollevate a Berlino, quando la potente corte costituzionale tedesca ha emesso un’ingiunzione che richiede al Bundestag tedesco di approvare preliminarmente qualsiasi urgente operazione di acquisto di bond da parte del Fondo europeo di stabilità finanziaria. La mossa a sorpresa non è però una decisione definitiva da parte del giudice, ma significa che il parlamento è impossibilitato di utilizzare una speciale sottocommissione di nove membri per prendere decisioni di emergenza e in segreto, fino a quando il tribunale emetterà una sentenza completa – forse a dicembre.

I Ministri delle Finanze dell’Eurozona devono ancora negoziare gli ultimi dettagli di modi per “sfruttare” i 440 miliardi nel EFSF per dare al fondo una maggiore capacità finanziaria per poter acquistare obbligazioni sul mercato secondario. Il vertice dell’eurozona ha fissato una scadenza a fine novembre per raggiungere un accordo, il che rende improbabile che il fondo sarà pronto ad agire in questo senso nel prossimo futuro.