Rosy Bindi, quei radicali erano ininfluenti

Rosy Bindi, sapendo che i cinque deputati radicali in quota PD, già in fase di sospensiva, erano entrati in aula facendo così raggiungere il numero legale alla maggioranza, ha dato loro degli stronzi. Oggi dovrebbe – suo malgrado – dare loro delle scuse. A scagionarli, il segretario d’aula del PD, Roberto Giacchetti, in una lettera a Valigia Blu. Eccola:

La notizia è che Berlusconi perde 4 deputati della maggioranza e scende a quota 316 cosa che gli renderà ancora più impossibile governare fuori dai voti di fiducia.

Siccome però noi siamo la reincarnazione di Tafazzi il punto centrale del nostro dibattito (si fa per dire) è l’ennesima querelle con i radicali. Bene allora le cose stanno così:tutti noi sapevamo che l’impresa di far mancare il numero legale era un’impresa quasi impossibile.
Occorreva che al netto di tutte le defezioni dichiarate nella maggioranza, altri tre deputati non votassero la fiducia. Tutti sapevamo che gli unici tre che avrebbero potuto farlo (perché in numerose sedi avevano manifestato tale dubbio) erano Milo, Pisacane e Sardelli. Occorreva che tutti e tre non votassero la fiducia (non uno o due, ma tutti e tre). La sorte ha voluto che fosse sorteggiata per la chiama la lettera “S”. Quindi dopo pochi minuti il primo ad essere chiamato è stato Sardelli che non ha votato. Ho sperato davvero che tra i tre ci fosse un accordo ed ho atteso il momento di Milo. Purtroppo Milo alla chiamata ha risposto votando “Sì”. A quel punto a tutti coloro che conoscevano la situazione è stato chiaro che la partita era chiusa.
La chiama è andata avanti e, a pochi voti dalla fine della prima chiama, sono arrivati i radicali e poi le minoranze linguistiche che hanno votato no. Dopo il voto del primo radicale (Beltrandi) ci sono stati 17 deputati della maggioranza che hanno votato “Sì”. Erano tutti deputati che certamente avrebbero votato sì, tra cui molti membri del governo.
Alla fine della prima chiama, sono entrato in Aula mi sono recato dagli uffici della Presidenza (che sono, ovviamente, neutri e che non contano a mano ma leggono il risultato elettronico i quali mi hanno comunicato l’esito del voto al termine della prima chiama: 322 votanti. 315 “sì” e 7 “no” (5 radicali e 2 minoranze linguistiche). Questo vuol dire che al termine della prima chiama la maggioranza aveva ottenuto il numero legale da sola a prescindere da coloro che avevano votato “no”.
Nella seconda chiama un solo deputato si aggiunge a quelli che avevano votato nella prima chiama: Pisacane (irrilevante ai fini del numero legale) e così la maggioranza sale a 316. Questi sono i numeri ed i fatti veri, ufficiali.
Conosco i radicali. So perfettamente che se si riuniscono per decidere su una questione di tale importanza lo fanno ben consapevoli di cosa potrebbe comportare il loro voto, quindi sono certo che avrebbero votato (magari non tutti convinti) anche se invece fosse stato chiaro che il loro voto sarebbe stato determinante. Ritengo questa scelta come quella sulla fiducia a Romano una cazzata assoluta ma in questa come nell’altra occasione è evidente che la cazzata non è stata in alcun modo decisiva.
Aggiungo che ho trascorso (e non da solo) circa trenta ore (notte compresa) a organizzare tutto fin nei minimi dettagli per garantire una possibile vittoria e che questa decisione dei radicali ha reso la circonferenza delle mie palle ben più ampia dell’asteroide che doveva colpire la terra. Ma facciamo tutti politica (o almeno così dovrebbe essere…) ed abbiamo il dovere di guardare i fatti.
I fatti dicono in modo incontrovertibile che la scelta dei radicali è stata del tutto ininfluente. Alla luce di questo avrei sperato in un coro di dichiarazioni che mettessero in risalto l’ulteriore indebolimento di Berlusconi. Ed invece no. È partita, guidata dalla solita Bindi la caccia al radicale (chissà se dopo questa nota non toccherà anche a me da parte del Presidente del Partito…).
La delegazione radicale (che è tale per accordo convenuto ad inizio legislatura con i vertici del Partito e che quindi si presuppone abbia già in origine un suo livello di autonomia) si è autosospesa dal gruppo (aggiungendo un ulteriore grado di autonomia nelle scelte) in attesa di un chiarimento politico con i vertici del PD. Questo chiarimento non c’è mai stato.
Come ricorderete subito dopo il caso Romano, dopo un incontro con la Presidenza del Gruppo, sia i radicali sia Franceschini avevano ritenuto indispensabile che maturasse, attraverso un incontro con i vertici del PD, tale chiarimento politico. Questo non è mai accaduto. Se questo impegno assunto con loro vi fosse stato forse, ripeto forse, oggi le cose sarebbero andate diversamente. Invece siamo qui di nuovo ad ascoltare il moltiplicarsi di labbra che pronunciano la parola “espulsione”.
No chi pensa di risolvere i problemi politici con le scorciatoie regolamentari e con le punizioni esemplari non solo non troverà mai il mio consenso ma dimostra pochezza in termini di lungimiranza politica e mette a serio rischio il disegno originario del PD. Ho detto questo quando la questione riguardava una delle persone più lontane dalle mie idee politiche, come la Binetti, lo ribadisco a maggior ragione in questa occasione. Oggi sono i radicali e con lo stesso sistema domani potrebbe essere il dissidente Follini, il rottamatore Renzi, il conservatore Ichino e magari anche molto più modestamente il sottoscritto…

Abbiamo iniziato la legislatura che eravamo più di 220, oggi siamo 205. Mi torna in mente quella filastrocca che fa: se prima eravamo in dieci a cantare mapin mapon ora sono rimasto solo a cantare mapin mapon…. Spero che la notte porti un generale rinsavimento! Sono stanco… Me ne vado a letto e…. “l’ultimo chiuda la prota!”

Roberto Giachetti – Deputato e Segretario d’Aula Gruppo PD
@valigiablu – riproduzione consigliata

Blog Bavaglio: spunta un emendamento Radicali/PD

La lettera-appello de La Valigia Blu ha fatto il giro del mondo: inviata un po’ a tutte le organizzazioni non governative che si occupano di libertà di espressione – due di esse, OpenDemocracy e Global Voices Advocay, hanno risposto ai fondatori del Gruppo Fb No Legge Bavaglio alla Rete chiedendo spiegazioni di quanto sta accadendo in Italia – ha suscitato anche alcune reazioni nel panorama politico italiano. Anche la segreteria del presidente della Camera ha rassicurato, affermando che presto risponderanno ai più di 10.000 italiani che hanno sottoscritto la lettera. Rita Bernardini (PD) ha annunciato che il gruppo dei Radicali del PD proporrà in aula, giovedì 29, un emendamento al famigerato comma 29.

Questo il testo:

Depositeremo in aula l’emendamento che segue che sarà firmato dalla delegazione radicale/pd Bernardini, Beltrandi, Farina Coscioni, Mecacci, Turco e Zamparutti. Rita Bernardini.

A.C. 1415- EMENDAMENTO

ART. 1 Al comma 29, lettera a), dopo le parole: “i…vi compresi quotidiani e periodici diffusi per via telematica”; aggiungere le seguenti: “e soggetti all’obbligo di registrazione di cui all’art. 5”.

Conseguentemente Al comma 29, lettera d), dopo le parole, ovunque ricorrono: “ivi compresi quotidiani e periodici diffusi per via telematica”; aggiungere le seguenti: “e soggetti all’obbligo di registrazione di cui all’art. 5”.

Al comma 29, lettera e), dopo le parole: “ivi compresi quotidiani e periodici diffusi per via telematica”; aggiungere le seguenti: “e soggetti all’obbligo di registrazione di cui all’art. 5” .

Motivazione: Il presente emendamento intende evitare che qualunque sito informatico sia costretto a sottostare all’obbligo di rettifica; obbligo che pare più giusto circoscrivere soltanto quelli contenenti giornali e periodici diffusi per via telematica soggetti all’obbligo di registrazione (e quindi equiparabili a un quotidiano cartaceo).

Depositeremo in aula l’emendamento che segue che sarà firmato dalla delegazione radicale/pd Bernardini, Beltrandi, Farina Coscioni, Mecacci, Turco e Zamparutti. Rita Bernardini A.C. 1415-BEMENDAMENTOART. 1 Al comma 29, lettera a), dopo le parole: “ivi compresi quotidiani e periodici diffusi per via telematica”; aggiungere le seguenti: “e soggetti all’obbligo di registrazione di cui all’art. 5”. Conseguentemente Al comma 29, lettera d), dopo le parole, ovunque ricorrono: “ivi compresi quotidiani e periodici diffusi per via telematica”; aggiungere le seguenti: “e soggetti all’obbligo di registrazione di cui all’art. 5”. Al comma 29, lettera e), dopo le parole: “ivi compresi quotidiani e periodici diffusi per via telematica”; aggiungere le seguenti: “e soggetti all’obbligo di registrazione di cui all’art. 5” . Motivazione: Il presente emendamento intende evitare che qualunque sito informatico sia costretto a sottostare all’obbligo di rettifica; obbligo che pare più giusto circoscrivere soltanto quelli contenenti giornali e periodici diffusi per via telematica soggetti all’obbligo di registrazione (e quindi equiparabili a un quotidiano cartaceo).

Manifestazione 13 Marzo 2010, Piazza del Popolo, Roma, contro il decreto salva liste. Dalle ore 14 la diretta streaming su Yes, political!

L’intervento di Nichi Vendola:

L’intervento di Emma Bonino:

La diretta è terminata.

Vodpod videos no longer available.

Dalle ore 14 la diretta streaming su Yes, political! della manifestazione congiunta PD, IDV, Popolo Viola, Radicali, Sinistre contro il decreto salva liste e la deriva anti democratica che il governo Berlusconi ha impresso alla politica italiana dopo il fattaccio della esclusione della lista PdL nella provincia di Roma.

A questo link, http://vids.myspace.com/index.cfm?fuseaction=vids.channel&vanity=vittoriocaratozzolo il video di una canzone che mette in musica l’art. 3 della Costituzione – articolo tanto bistrattato, e invece guarda che musicalità intrinseca, opera di Vittorio Caratozzolo, arrangiato e cantato da Maurizio Salvato, artista di Ravenna.

il popolo viola

Di seguito l’appello di Antonio di Pietro alla cittadinanza:

Carissimi,

è tempo di reagire. L’Italia, dal 5 marzo 2010, non è più una democrazia parlamentare. Il Governo Berlusconi ha cambiato la legge elettorale con un decreto legge per favorire il Pdl, il proprio partito, alle prossime elezioni regionali del 28 e 29 marzo 2010. Il Pdl è stato escluso per gravi irregolarità nel collegio elettorale di Roma, dove non aveva depositato le firme nei tempi fissati dalla legge. Il 5 marzo 2010 il Consiglio dei Ministri, presieduto dal Premier Silvio Berlusconi, ha emanato un decreto con cui ha cambiato la legge elettorale e violato la Costituzione, sostituendosi agli organi competenti giudiziari, proprio per ammettere il Pdl alle elezioni. Il presidente della Repubblica ha firmato il decreto e, secondo alcune fonti, questo sarebbe avvenuto sotto forti pressioni di Berlusconi il quale avrebbe minacciato di ricorrere alla piazza. Ma il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio ha confermato l’esclusione della lista Pdl per le gravi irregolarità nella presentazione della documentazione e perché la Regione Lazio ha proprie disposizioni in tema elettorale, pertanto la legge nazionale non ha competenze in materia.

Nessun governo in nessuna democrazia può cambiare le regole elettorali durante il periodo elettorale. Nessun governo in nessuna democrazia può “interpretare” le leggi al posto della magistratura. Invece, questo è ciò che è avvenuto in Italia.

Un Paese nel quale i media televisivi pubblici e privati sono sotto il totale controllo del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. E’ tempo di chiamata alle armi. Pertanto, invito tutti i cittadini a partecipare alla manifestazione di sabato 13 marzo a Roma, alle ore 14,00, in piazza del Popolo.

Su tutto il territorio abbiamo predisposto dei pullman e altri mezzi di trasporto per raggiungere Roma. In caso di necessità o per ulteriori informazioni logistiche, prego rivolgervi alla sede Nazionale dell’Italia dei Valori: 06/95948119 – 06/95948120.

Antonio Di Pietro

Presidente dell’Italia dei Valori

MANIFESTAZIONE 13 MARZO 2010 ORE 14:00 PIAZZA DEL POPOLO – ROMA « «Italia dei Valori» Marino.

Lista Formigoni, respinto il ricorso. Elezioni Lombardia a rischio posticipo.

Come era previsto, l’Ufficio Centrale della Corte d’Appello di Milano, tornato a pronunciarsi sulla ammissione o meno della lista di Formigoni, ha ribadito il proprio giudizio sulle irregolarità nelle firme raccolte. Formigoni è ancora una volta “fuori” dai giochi. Ora cosa accadrà? Proviamo a immaginarlo:

  1. Con una buona dose di probabilità, i pidiellini lumbard ricorreranno al Tar:
    Il vice coordinatore regionale del Pdl, Massimo Corsaro, annuncia l’intenzione di ricorrere al Tar, dopo il rigetto del ricorso presentato dalla lista di Roberto Formigoni per chiedere la riammissione alle elezioni regionali. “Questa decisione -spiega Corsaro- è stata presa dalle stesse persone che avevano deciso due giorni fa e quindi, in qualche modo, poteva essere attesa. Adesso ricorreremo al Tar e siamo molto sereni sulla decisione finale”. “Adesso ne parleremo con il presidente Formigoni, ma l’unico rimedio contro questa decisione è il ricorso al Tar. Sappiamo che abbiamo ragione” dichiara Giancarlo Giorgetti, segretario della Lega Lombarda (Lista Formigoni, respinto il ricorso | Milano la Repubblica.it). Lo faranno comunque anche se sanno di aver truccato le firme. Insieme al ricorso al Tar, probabilmente verrà chiesta la sospensiva dell’iter delle elezioni regionali al Prefetto, in attesa della pronuncia del Tribunale Amministrativo, che potrebbe arrivare troppo a ridosso del voto.
  2. Secondo scenario, di scarsissima probabilità: rinuncia all’ulteriore ricorso al Tar. Formigoni è escluso dalle elezioni. Il voto avviene regolarmente il 28-29 Marzo. Formigoni non potrà essere rieletto presidente della Lombardia.
  3. Terzo scenario: il PdL ricorre al Tar il cui verdetto giunge in tempi strettissimi. Se la lista di Formigoni verrà ritenuta regolare, probabilmente, sull’emozione suscitata dalla riammissione, la stessa otterrà un plebiscito bulgaro al voto del 28-29 Marzo. Ma, poco dopo, il Tar si pronuncerà sul ricorso UDC-Radicali contro il terzo mandato del Governatore Seriale con il rischio delle immediate dimissioni del Governatore e lo scioglimento del Consiglio Regionale, ai sensi dell’art. 126 della costituzione.
  4. Quarto scenario: il Tar giudica in tempo per il voto nel senso della riammissione. Formigoni è eletto, ma l’ulteriore ricorso dei Radicali al consiglio di Stato, dà ragione a questi ultimi con la conseguenza delle dimissioni del Presidente e lo scioglimento del Consiglio Regionale. Il governo affida allo stesso ex presidente Formigoni la gestione amministrativa straordinaria nell’interesse dei cittadini.
  5. Quinto scenario, fantapolitico: Maroni viene portato in una stanza di Palazzo Chigi, convinto con la forza a metter mano a un decretino d’urgenza con il quale si salva “capra e cavoli”, Formigoni in Lombardia (e con esso i voti della Lega, che rischiano di rimanere senza candidato), nonché la Polverini nel Lazio, vittima della medesima sorte:
Ignazio La Russa minaccia: “Non vorrei fare la parte dell’eversivo ma lo dico chiaro e tondo: noi attendiamo fiduciosi i verdetti sulle nostre liste, ma non accetteremo mai una sentenza che impedisca a centinaia di migliaia di nostri elettori di votarci alle regionali. Se ci impediscono di correre siamo pronti a tutto’ (‘Respinto ricorso di Formigoni Polverini, attesa per lista Pdl La Russa minaccia Bonino: “No a solidarietà” – Italia – l’Unità.it).
Tutto ciò lo affermo, visti e considerati i precedenti storici:
    • Nel 2000 le regionali in Molise furono annullate dal Tar, e si tornò a votare l’anno dopo. Nel 2005 quelle della Basilicata furono rinviate, a tre giorni dal voto, perché una sentenza amministrativa aveva riammesso una lista prima esclusa. E sempre nel 2005, e anche in quella occasione nel Lazio, l’esclusione della lista di Alessandra Mussolini fu al centro di un querelle giuridica che arrivò al consiglio di Stato, che infine la riammise.
    • Il primo marzo 2000 i giudici del Tar di Campobasso, ritennero fondata la denuncia di irregolarità nelle elezioni che si erano svolte in aprile. A vincere era stato Giovanni Di Stasi (Ds). In particolare, era stata ammessa al voto una lista dei verdi e dei Comunisti Italiani che non avevano l’autentica delle firme di presentazione. Il consiglio di Stato, nel giugno del 2001 confermò la sentenza, precisando che “la partecipazione delle liste che avrebbero dovute essere escluse ha inciso sull’esito elettorale”.
    • Il consiglio regionale venne quindi sciolto ed il governo affidò allo stesso ex presidente Di Stasi “la gestione amministrativa straordinaria nell’interesse dei cittadini”.
    • A Potenza, invece, la riammissione della lista di Unità Popolare, esclusa in un primo momento per mancanza di un modulo nella presentazione, costrinse il prefetto a firmare, a tre giorni dal voto, un decreto con il quale le elezioni regionali in Basilicata furono rinviate di 15 giorni, dal 5 e 6 aprile al 17 e 18. Questo perché la decisione del Consiglio di Stato di riammettere la lista era giunta a ridosso del voto, e non aveva permesso ai candidati di svolgere la campagna elettorale.

    • A Potenza, invece, la riammissione della lista di Unità Popolare, esclusa in un primo momento per mancanza di un modulo nella presentazione, costrinse il prefetto a firmare, a tre giorni dal voto, un decreto con il quale le elezioni regionali in Basilicata furono rinviate di 15 giorni, dal 5 e 6 aprile al 17 e 18
    • sempre alle regionali del 2005, le elezioni nel Lazio furono segnate dal cosiddetto “Laziogate”, quando si scoprì che alcune firme a sostegno della lista “Alternativa Sociale” di Alessandra Mussolini erano state falsificate
    • La lista fu quindi esclusa dalla competizione per mancanza del numero necessario di firme. Il ricorso al Tar del Lazio della Mussolini fu rigettato, ma il Consiglio di Stato riammise la lista, non entrando nel merito della questione, ma stabilendo che fino a prova contraria le firme erano state in un primo momento accettate dall’ufficio elettorale e quindi valide.

Regolamento Commissione Vigilanza Rai, i profili di illegittimità.

Trasmissioni politiche RAI a rischio: che guaio il regolamento della Vigilanza Rai. Con aspetti di contrasto con la stessa legge che pretende di applicare, rischia di tagliare tutta l’informazione Rai per il prossimo mese di campagna elettorale, un evento quanto meno nefasto e preoccupante.
Già la Consulta, nella Pronuncia 155/2002, si era espressa relativamente ai programmi di informazione:

non è esatto ritenere che in questo modo si pervenga – come sostiene l’ordinanza di rimessione – ad “espropriare in toto di ogni manifestazione “politica le emittenti private”. Ed infatti l’art. 2, comma 2, della legge censurata (legge 28/2002, ndr.), stabilendo espressamente che le disposizioni che regolano la comunicazione politica radiotelevisiva “non si applicano alla diffusione di notizie nei programmi di informazione”, preclude che in questi programmi, che certamente costituiscono un momento ordinario, anche se tra i più caratterizzanti dell’attività radiotelevisiva, all’emittente possano essere imposti limiti, che derivino da motivi connessi alla comunicazione politica. L’espressione “diffusione di notizie” va pertanto intesa, del resto secondo un dato di comune esperienza, nella sua portata più ampia, comprensiva quindi della possibilità di trasmettere notizie in un contesto narrativo-argomentativo ovviamente risalente alla esclusiva responsabilità della testata (fonte Consulta Sentenza 155/2002).

La Corte Costituzionale si era cioè pronunciata sulla questione di legittimità costituzionale della legge 28/200 detta “Par Condicio” limitatamente al quesito della “esporpriazione della manifestazione politica delle emittenti”, riconoscendo che l’art. 2 della legge 28/200 ha escluso dalla disciplina le trasmissioni di informazione evidenziando come il concetto della diffusione di notizie debba essere considerato nella accezione più ampia, che comprende la possibilità di trasmettere e diffondere notizie in un contesto argomentativo autonomamente delineato, ai sensi dell’art. 21 della Costituzione.
Il Regolamento voluto dal deputato dei Radicali, Marco Beltrandi, e dalla maggioranza, invece equipara trasmissioni di informazione e trasmissioni di comunicazione politica, assoggettando l’intero palinsesto informativo RAI alla disciplina della parità di trattamento in termini di tempo e spazi delle varie forze politiche. Di fatto, con questo approccio, si profila quello che la legge 28/200 tendenva a scongiurare, ovvero la “funzionalizzazione” dell’emittente televisiva, cioè renderebbe il mezzo radiotelevisivo funzionale all’interesse per il quale è stato posto il limite, e di “espropriazione” della identità politica dell’emittente, sospendendone la possibilità di formare autonomamente la propria linea editoriale.

  • Alla Commissione Parlamentare di Vigilanza non è consentito di stabilire che alle trasmissioni di informazione debbano applicarsi le regole poste per le trasmissioni di comunicazione politica. Infatti la legge n. 28/2000, dopo avere disciplinato con l’art. 2 le trasmissioni di comunicazione politica, dettando tra l’altro le regole per l’accesso, prevede all’art. 5 che la Commissione Parlamentare e l’Autorità Garante definiscano i criteri specifici cui devono informarsi la concessionaria pubblica e le emittenti televisive private nei programmi di informazione, al fine di garantire la parità di trattamento, l’obiettività, la completezza e l’imparzialità dell’informazione. Con le parole “criteri specifici” il legislatore ha indicato alla Commissione Parlamentare e all’Autorità Garante che esse devono stabilire, per i programmi di informazione, regole diverse da quelle applicabili alla comunicazione politica, regole cioè che tengano conto delle esigenze dell’attività di informazione, che è profondamente diversa da quella di comunicazione politica. Per questo la disposizione impartita dalla Commissione di Vigilanza con l’art. 6 par. 4 del regolamento per le elezioni regionali, secondo cui le trasmissioni di informazione sono disciplinate dalle regole proprie della comunicazione politica, non rientra nei poteri attribuitile dal legislatore.
  • Conseguentemente questa disposizione non deve essere applicata  né dalla Rai né dalle emittenti private. Chi la applicherà si assumerà gravi responsabilità nei confronti del pubblico e dei giornalisti addetti alle trasmissioni di informazione, i quali hanno il  diritto-dovere  di svolgere la loro attività nell’interesse del Paese (fonte Articolo 21 – La volontà del legislatore? Non è stata rispettata).

Il testo del Regolamento Regionali 2010 Commissione Vigilanza Rai.

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Lo sciopero della fame degli ammalati di SLA. Livelli minimi di assistenza e limite massimo dell’intervento medico.

Una donna a Brindisi, malata di SLA, chiede con il battito delle ciglia di essere lasciata morire. I medici le vogliono praticare la tracheotomia. La medesima sorte di Luca Coscioni, morto nel 2006, e di tutti i malati di SLA. Prima della fine avviene la paralisi dei muscoli polmonari. I medici non credono che la donna stia effettivamente "parlando" con il battito delle ciglia. Quindi intendono procedere con l’intervento. I familiari invece sostengono che la donna è sempre stata contraria all’accanimento terapeutico. Un’altra storia in cui la pratica medica tende ad avere il sopravvento sul volere dell’individuo. Una prevaricazione che una legge sul testamento biologico potrebbe prevenire.
Intanto continua lo scipero della fame degli ammalati di SLA e dell’on. Maria Antonietta Farina Coscioni, deputata PD-Radicali. Lamentano un’assistenza sanitaria inadeguata e chiedono spiegazione sui finanziamenti stanziati nel 2007 e nel 2008 per i cosiddetti comunicatori, ovvero gli apparecchi che consentono al paziente di interagire con il mondo esterno. I soldi, promessi, non sono mai arrivati.

  • MARIA ANTONIETTA FARINA COSCIONI: PROSEGUE SCIOPERO DELLA FAME(QUINTO GIORNO) TRE GLI OBIETTIVI DELLA INIZIATIVA NONVIOLENTA E GANDHIANA, PER OTTENERE UNA RISPOSTA CHIARA ED ESAURIENTE DA UN GOVERNO E DA UN Vice-Ministro DELLA SALUTE DA TROPPO TEMPO SILENTI. OGGI SARO’ PRESENTE AI LAVORI DELLA CONSULTA DELLE MALATTIE NEUROMUSCOLARI ORE 15 VIA LUNGO TEVERE RIPA 1 SALA AUDITORIUM

    • Prosegue invece il mio sciopero della fame, un’iniziativa nonviolenta e gandhiana finalizzata a tre obiettivi precisi:

      1. rendere noto l’effettivo utilizzo dei finanziamenti stanziati nel 2007 e nel 2008 per i “comunicatori” di nuova generazione che consentono ai soggetti con gravi patologie e con compromissione della voce di interagire con il mondo esterno;

      2. rendere effettiva ed operativa l’approvazione della nuova versione dell’assistenza protesica del nuovo Nomenclatore, in modo che sia garantita la fornitura adeguata ad ogni persona con disabilità, prevista nello schema del DPCM sui nuovi LEA da un anno e mezzo al vaglio delle Autorità di governo centrali e regionali per gli aspetti di natura economico-finanziaria;

      3. adottare le linee guida cui le regioni si conformano nell’assicurare un’assistenza domiciliare adeguata per i soggetti malati di sclerosi laterale amiotrofica.

  • SVELATO L’INGANNO: NON E’ VERO CHE LA QUESTIONE SOLLEVATA DA SALVATORE USALA E DAGLI ALTRI MALATI DI SLA SIA ARENATA ALLA CONFERENZA STATO REGIONI. E’ IL MINISTERO DELLA SALUTE INADEMPIENTE, E CHE NON HA FATTO QUELLO CHE DOVEVA FARE, PUR AVENDO ASSICURATO DI AVERLO FATTO. Maria Antonietta Farina Coscioni, deputata radicale, co-presidente dell’Associazione Luca Coscioni, giunta al settimo giorno di sciopero della fame, ha rilasciato la seguente dichiarazione: Al settimo giorno della mia iniziativa nonviolenta e gandhiana – lo sciopero della fame a fianco di Salvatore Usala e degli altri malati di SLA, anche loro scesi in sciopero della fame perché sia loro riconosciuto il diritto a un’assistenza adeguata cui hanno bisogno. Devo constatare, e denunciare, l’inerzia colpevole e il silenzio pervicace del Vice-Ministro della Salute Fazio. E’ evidentemente troppo impegnato per comunicare pubblicamente l’effettivo impegno sui LEA (livelli essenziali di assistenza) alla Conferenza Stato Regioni per la questione sollevata dai malati di SLA, da me e da altri 370 cittadini che si sono uniti alla mia lotta. Ne prendo atto e questo silenzio assordante non mi fa desistere. Giovedì ha avuto luogo a Roma la Consulta per le malattie neuromuscolari dove ho appreso con sorpresa che il ministero della Salute, rispondendo a una mia precisa interrogazione, ha detto il falso: ci aveva assicurato che la questione dello DPCM sui nuovi LEA era GIA’ approdata in sede di Conferenza Stato- Regioni, e che attendeva che venissero espletati gli adempimenti che a quella Conferenza spettano. Non è vero. Il Vice Ministro Fazio giovedi in Consulta ha dichiarato: "siamo molto vicini, all’invio dei LEA alla Conferenza Stato-Regioni. Quindi il contrario di quanto scritto 15 giorni prima. Cioè il Ministero non ha in realtà fatto nulla con la promessa di investire la Conferenza Stato e Regioni nei prossimi giorni. Ora dunque la nostra lotta si “arricchisce” di un altro obiettivo: – Il ministero finalmente deve fare quello che da tempo doveva fa

    • Un battito di ci­glia. Le palpebre si abbassano, quasi come parole scandite len­tamente. L’unico modo per ri­spondere, con il solo movimen­to che la malattia ancora le con­sente. M. S, 60 anni, da 15 ammala­ta di Sla, ricoverata da tre gior­ni all’ospedale di Brindisi, deve decidere se continuare a vivere grazie a un intervento di trache­otomia, oppure rinunciare, con la prospettiva di aprire gli oc­chi al massimo per altre due settimane.

    • la risposta non vale. Almeno per i medici. Che, per essere si­curi sul da farsi, segnalano il ca­so alla polizia. Così interviene la procura, che dispone una pe­rizia psichiatrica sulla donna, per accertare la sua reale capaci­tà di intendere e di volere

    • Nessun dubbio, secondo la famiglia, invece, su quello che M. avrebbe desiderato: morire, se le sue condizioni si fossero aggravate. Come avrebbe di­chiarato in tempi migliori, quando le parole le venivano spontanee e il corpo risponde­va ancora a semplici stimoli co­me tendere la mano per stringe­re quella di marito e figli.

    • Un buco nella trachea, preludio al respi­ratore meccanico, ultima tappa per i malati di Sla che incorro­no nella paralisi dei muscoli polmonari. Non per M., alme­no secondo la famiglia. Perché la donna non avrebbe mai ac­cettato la malattia, e soprattut­to, in passato, avrebbe esplicita­mente detto di voler morire. Nel 2001 la firma di M. S. com­pare sul sito dei Radicali, sotto l’appello al presidente Berlusco­ni di scienziati e ammalati per sostenere la candidatura di Lu­ca Coscioni nel comitato nazio­nale di bioetica.

    • Chissà se M. ha poi seguito l’epilogo della storia dell’economista ammala­to come lei, che nel 2006 rifiuta la tracheotomia, perché non avrebbe voluto vivere attacca­to a una macchina.

    • Coscioni muore il 20 febbraio per una crisi respiratoria. In dicembre lo segue Piergiorgio Welby, la cui storia si complica perché già attaccato al respiratore, chiede e ottiene di poterlo stac­care affinché la malattia faccia il suo corso

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