Incredibile, Cota vince al Consiglio di Stato

Il Consiglio di Stato ha accolto il ricorso di Cota contro la sentenza del Tar che ha imposto il riconteggio delle schede delle elezioni Regionali 2010 in Piemonte

Così recita il dispositivo della sentenza: “considerato che all’esito della decisione in camera di consiglio è emersa la fondatezza dell’appello” [di Cota e] “l’infondatezza degli appelli incidentali proposti da Mercedes Bresso e dagli altri liti consorti, ha accolto l’istanza cautelare e per l’effetto ha sospeso integralmente l’efficacia della sentenza impugnata” (Repubblica.it – Torino). Naturalmente le motivazioni potranno essere esaminate solo fra quindici giorni. L’ansa riporta una notizia diversa:

La decisione di oggi ha carattere sospensivo, mentre, scrive l’Ansa, restano ancora da discutere nel merito i ricorsi. Le parti potranno inoltre proporre ricorso per Cassazione (ciwati).

La sentenza ha del clamoroso. Bresso non si aspettava tale esito: “le sentenze si rispettano”, ha affermato mestamente, e poi “valuteremo nel merito  quando si conosceranno le motivazioni dell’ordinanza emessa dalla Quinta sezione”. Le rimane la possibilità di ricorrere in Cassazione, ma dubito che procederà oltre. D’altronde, sul capo di Cota, pende ancora il giudizio sul caso Giovine della lista Pensionati e il falso in firme (Giovine vale altri 27mila voti, tre volte il distacco Cota-Bresso, pari a 9mila). Giovine e la sua lista fasulla fa parte della maggioranza che sostiene Cota. Bresso proseguirà sulla linea del ricorso amministrativo o cederà definitivamente al leghista le redini della Regione?

Su questo blog, alcuni lettori (uno) hanno parlato di golpe rosso se Cota fosse stato dichiarato illegittimo governatore. Sono stati usati termini pesanti che un tempo furono usati per il caso Molise (ma dall’altra parte, a centro-sinistra), dicei anni fa. Il caso-Molise si giocò anch’esso in Consiglio di Stato – sentenza 3212 del 2001. E’ curioso che il medesimo organo si pronunci diversamente su vicende così simili. così si esprimeva allora il giudice amministrativo:

La partecipazione di liste, che avrebbero dovuto essere escluse, ha inciso sull’ esito elettorale in termini che non sono esattamente individuabili. Si rende quindi necessaria la rinnovazione del procedimento elettorale (Archivio Repubblica.it).

In cosa e in quali aspetti il caso-Piemonte differisce da quello molisano? Eccovi le 39 pagine della Sentenza CDS_3212/2001:

Sentenza Consiglio di Stato 3212/2010

[della sentenza odierna su Cota non è possibile leggere neanche il dispositivo sul sito del CDS essendo esso, come noto, aggiornato sempre con qualche giorno di ritardo, quindi non è possibile sapere se il CDS ha discusso nel merito il ricorso o se si è limitato a definirne la non-infondatezza].

Riconteggio Piemonte: Cota è (quasi) senza speranza

Riconteggio Piemonte, dove eravamo rimasti? Cota praticamente non è più il Presidente della Regione: non è una predizione, è matematica. Il sito del Comitato per il Riconteggio è l’unico organo di informazione con la situazione riconteggio aggiornata. Fatti i dovuti calcoli, Bresso avrebbe 1.033.326 voti, Cota 1.027.739. Ergo, Cota è giù dalla sedia. Certo, sul riconteggio pende il ricorso della Lega in Consiglio di Stato. Motivo: la Lega contesta l’interpretazione del Tar circa l’assegnazione dei voti di lista al candidato correlato. Secondo il Tar, l’elettore avrebbe dovuto esplicitamente crociare anche il nome del candidato e non solo quello della lista, indi per cui i voti dati alle sole liste fraudolente non possono essere ritenuti validi per il candidato governatore. Da ciò è nata l’esigenza del riconteggio. Per i leghisti, tutta la procedura è nulla poiché l’interpretazione data alla legge elettorale dal Tar è errata. L’elettore, votando per la lista, ha comunque anche scelto il candidato.

In ogni caso, questa la situazione aggiornata ad oggi, 12 ottobre 2010:

Provincia di Alessandria:

Provincia di Asti:

Provincia di Biella:

Provincia di Cuneo:

Provincia di Verbania:

Manca solo la provincia di Torino.

(fonte immagini: http://www.riconteggioinpiemonte.info/index.php).

Governatori seriali Formigoni ed Errani, pietra tombale del Tar sui ricorsi

Capitolo Governatori seriali, alias Formigoni ed Errani: il Tar ha deciso lo scorso 17 Settembre della causa fra Giovanni Favia e Vasco Errani (Emilia-Romagna). Il ricorso era stato presentato dal Movimento 5 Stelle sia contro Formigoni che contro Errani. Entrambi sono stati bocciati. Medesima decisione da due tribunali diversi. Più volte su questo blog si era sostenuto la validità dell’interpretazione della immediata applicabilità dell’art. 2 comma 1, lett.f) della legge 165/2004 (formulata da giuristi del calibro di Valerio Onida e Vittorio Angiolini). Per una summa degli interventi precedenti, vi rimando a questo post.

Il Tar ha demolito il pilastro fondante della predetta via interpretativa che contemplava nel comma 1, lett. f, il cosiddetto divieto di terzo mandato, diveito che avrebbe impedito ai due Governatori anche solo di ricandidarsi alla carica. In particolare, per il Tar:

  1. E’ EVIDENTE IL RICHIAMO ALLA LEGISLAZIONE ATTUATIVA REGIONALE: solo per l’ipotesi di cui alla lettera f), a differenza delle precedenti previsioni di cui alle lettere a), b), c), d) ed e), il legislatore statale ha inteso dover ripetere il richiamo alla legislazione regionale attuativa (“sulla base della normativa regionale attuativa in materia”) che già risultava sia dall’art. 1 che dal primo comma dell’art.2, e tale espressa specificazione non può essere ignorata dall’interprete. Con tale inciso il legislatore ha voluto espressamente individuare il dies a quo nell’applicazione del principio di cui alla citata norma nelle prime elezioni successive all’avvenuta ricezione della norma de qua da parte della legislazione delle singole regioni. In breve, all’adozione della legge elettorale regionale. Il legislatore ove avesse voluto disporre l’immediata applicazione della norma, avrebbe dovuto espressamente disporlo, e non certo qualificare la norma come norma di principio – non solo nella rubrica dell’articolo ma anche nel testo dello stesso – subordinandone, poi, l’efficacia all’adozione della legge di ricezione della Regione.
  2. LA NORMA AFFERISCE ALLA MATERIA ELETTORALE, NON GIA’ ALLA MERA ELEZIONE DIRETTA: La stessa Corte Costituzionale (Corte Cost.n.203/03) ha, infatti, più volte affermato che la disciplina delle cause di incompatibilità ed ineleggibilità afferisce al “sistema di elezione”, secondo l’espressione utilizzata dall’art. 122 Cost., ossia alla materia elettorale. Proprio l’afferenza delle cause di ineleggibilità ed incompatibilità alla materia elettorale, in relazione alle quali è dettato il principio di cui all’art.2, lett. f, legge 165/2004, impone una interpretazione dell’inciso della medesima lettera (“sulla base della normativa regionale adottata in materia”) come riferito non all’elezione diretta del Presidente della Giunta regionale (come sostenuto dal ricorrente) bensì alla disciplina delle incompatibilità ed ineleggibilità e, più in generale, alla materia elettorale.
  3. L’ART. 2 l. 165/2004 E’ INAPPLICABILE PER MANCANZA DELL’OGGETTO DELLA LEGGE: la Suprema Corte, seppur in termini di obiter dictum, con la decisione n.4327 del 1.1.2005, ha affermato l’inapplicabilità “per mancanza del suo oggetto, vale a dire della legge regionale, cui compete la disciplina in materia della legge n.165 del 2004.
  4. LA NORMA NON E’ ESAUSTIVA DI TUTTE LE FATTISPECIE: Si osserva, ancora, che il testo della citata lettera f), dell’ali. 2 1. 165/2004, benché molto chiaro e dettagliato, non affronta tutti gli aspetti che in concreto possono evidenziarsi, ed in particolare tace- e tale lacuna denuncia la necessità di una norma attuativa,- sulla mancanza dei mandati anzitempo conclusi […] Anche la forma elettorale, ossia la elezione diretta a suffragio universale del Presidente regionale potrebbe non essere adottata dallo statuto regionale (art. 122 ultimo comma della Costituzione).

Di fatto, la legge elettorale regionale è necessaria affinché il divieto di terzo mandato possa avere effettività. Al contempo, se ne deduce che una legge elettorale che non contempla il divieto di terzo mandato, in un regime di elezione diretta del Presidente della Regione, confligge con l’art. 2, comma 1, lett. f della legge 165/2004. Di fatto, è stato creato un sistema in cui si premia il comportamento omissivo del legislatore: basta non fare mai una nuova legge elettorale regionale per essere liberi da qualsiasi limite di numero di mandati. Abbiamo concepito, primi al mondo, la figura del Governatore Seriale.

Cota, il Tar decide per il riconteggio dei voti

Dopo una camera di consiglio durata fino all’una di notte, il Tar ha così deciso:

  1. ricorso Verdi Verdi, respinto;
  2. ricorso Consumatori e  lista Scanderebech: si va al riconteggio dei voti; occorre vedere quanti di questi voti sono andati alla sola lista e quanti invece sono stati dati espressamente a Cota. A prima vista, trattasi di puro cerchiobottismo giudiziario. Ma non dovrebbe già esser chiaro quali sono i voti della lista e quali sono quelli andati esclusivamente a Cota? Forse il giudice teme di trovare fra le schede attribuite alla lista anche indicazioni di voto alla presidenza; in tal caso, forse assolutamente residuale, il giudice potrebbe ritenerli validi. Nuova udienza per il 7 Ottobre (tempi biblici, insomma);
  3. ricorso lista Michele Giovine: il Tar rinvia al 18 Novembre prossimo venturo, dando 60 giorni di tempo ai ricorrenti per presentare querela per falso (ma non c’è già un procedimento in corso? a che serve la querela?).

[Aggiornato 16/07, ore 19.20]

Il bestiario del dopo sentenza:

Cota: sentenza incompensibile, io governo

Bresso: non si vince violando le regole

PD Piemonte, Davide Gariglio: come Pd abbiamo annunciato la massima disponibilità a collaborare al governo regionale per evitare che questa fase di incertezza, che capita in un periodo di grave crisi economica, possa arrecare danni alla nostra comunità (eh?);

UDC, deputato Delfino: le scomposte reazioni del presidente Cota, della Lega Nord e del Pdl alla decisione del Tar sui ricorsi elettorali confermano un deficit culturale democratico gravissimo. Per loro la giustizia esiste solo se gli da ragione, altrimenti non c’e’. La pronuncia del Tar e’ stata chiara e potra’ essere appellata, ma va rispettata fino a prova contraria. Il presidente Cota sapeva benissimo i rischi che correva stipulando accordi con le liste oggi cancellate ma, incautamente, pur di vincere, e’ andato avanti ed oggi ne paga le conseguenze. I riconteggi sono pienamente leggitimi;

Cota 2: per qualcuno non dovevo vincere

Cicchitto (PdL): la vicenda del Piemonte e’ incredibile. La sinistra, dopo aver perso le elezioni regionali, non essendo riuscita a ottenere il consenso popolare per governare la Regione, adesso cerca di ribaltare il risultato per via giudiziaria.

Le scomposte reazioni del presidente Cota, della Lega Nord e del Pdl alla decisione del Tar sui ricorsi elettorali confermano un deficit culturale democratico gravissimo. Per loro la giustizia esiste solo se gli da ragione, altrimenti non c’e’. La pronuncia del Tar e’ stata chiara e potra’ essere appellata, ma va rispettata fino a prova contraria. Il presidente Cota sapeva benissimo i rischi che correva stipulando accordi con le liste oggi cancellate ma, incautamente, pur di vincere, e’ andato avanti ed oggi ne paga le conseguenze. I riconteggi sono pienamente leggitimi

Cota, il Tar rinvia la decisione al 15 Luglio

Roberto Cota è ancora il governatore del Piemonte, eletto a Marzo con uno scarto di circa 10.000 voti. Una parte di essi, sarà la magistratura amministrativa e ordinaria a stabilirlo, potrebbe essere stata raccolta da liste irregolari. Oggi il Tar avrebbe dovuto decidere se le liste di Scanderebech e dei Verdi Verdi collegate a Cota erano tali. Ma ha deciso per il rinvio. Ufficialmente per ‘acquisire i documenti di accettazione delle liste depositati presso le prefetture e gli otto tribunali provinciali del Piemonte’; la decisione ha l’effetto di accorpare i ricorsi in una data sola. Il Tar il 15 Luglio deve infatti decidere anche sul caso della lista ‘Pensionati per Cota’, la lista di Michele Giovine sotto indagine da parte della magistratura ordinaria per falso in atto pubblico (diciotto firme false su diciannove).

Gli avvocati di Cota puntano a far slittare la decisione del Tar a fine estate, o a Settembre, con lo motivazione che il ricorso di Bresso consta di ben 700 pagine, troppe per essere lette e studiate entro il 15 Luglio. Cota accusa Bresso di incoerenza per la rinuncia a uno solo dei due ricorsi, contrariamente a quanto avrebbe assicurato ella stessa nel contestatisimo incontro che ebbe con Cota all’indomani della sconfitta per ottenerne l’appoggio nella elezione a presidente del Comitato delle regioni in sede Ue. Carica che perderebbe se le elezioni si dovessero rifare. Bresso sarebbe inoltre disposta a farsi da parte nel ruolo di candidata del centro-sinistra, lasciando strada aperta al sindaco di Torino, Chiamparino.

Il Piemonte si appresta a divenire così campo di una battaglia legale che potrebbe ridefinire gli equilibri romani, soprattutto interni al PdL. Che farà la Lega dopo un eventuale accoglimento del ricorso? Cota potrebbe dimettersi subito, senza giocarsi il tutto in Consgilio di Stato, ma potrebbe gettare a mare l’alleanza con il PdL puntando tutto sulla amoralità della partitocrazia ‘romana’ rappresentata dal partito del predellino. In cui Fini avrebbe poi buon gioco a insediarsi nelle crepe dell’alleanza con la Lega. E nel PD? Finirebbe finalmente il rebus sulla collocazione all’interno del PD: l’elezione a governatore metterebbe la parola fine alle sue ambizioni in fatto di leadership di partito o di coalizione.

Roberto Cota, la sedia scricchiola

Roberto Cota, neo presidente della Regioen Piemonte, rischia di ‘cadere dalla sedia’. Tutto per una lista, ‘Pensionati per Cota’, guidata da Michele Giovine, consigliere regionale uscente, che è stato rinviato a giudizio in sede penale per aver falsificato diciotto delle diciannove firme dei candidati iscritti nella sua lista. La procura ha sottoposto a perizia calligrafica le firme e tutte quante e diciotto sarebbero opera dello stesso Giovine. La lista ha fruttato a Cota ben 18.000 voti circa. Cota ha vinto su Bresso per meno di diecimila voti. Detto questo, è chiaro che la lista di Giovine, fondata sul falso, è stata decisiva per l’elezione dell’ex capogruppo della Lega. Il Tar, nella prosima seduta del 1° Luglio, prenderà in esame il ricorso di Bresso e del PD. Alla luce dell’indagine della procura di Torino, potrebbe o decidere di acquisire gli atti, o di rinviare ad altra seduta in attesa del giudizio della magistratura ordinaria; certamente, una volta stabilito che Giovine ha barato, potrebbe decidere di far ripetere il voto in Piemonte.

Mercedes Bresso? Inizialmente aveva accettato di non sostenere più alcun ricorso al fine di confermare un proprio incarico a livello europeo, disse lei, “per salvare il posto” di alcuni suoi collaboratori precari. La decisione fu intesa da molti come un voltafaccia. Quelli del PD la stigmatizzarono: cosa non si fa per difendere una poltrona. Ma ora tutto è cambiato. C’è aria di scioglimento via Tar del consiglio Regionale. E cosa fa Bresso? Si riallinea, rivendicando la ‘maternità’ del ricorso, facendo valere la propria opzione all’interno del PD in vista di una nuova sfida a Cota. Ma nel PD non ci stanno e pure Chiamparino scalpita. A molti non sono piaciute le giravolte di Bresso. E poi non si può perdere due volte con lo stesso candidato.

PdL e Lega preparano una fiaccolata per il 28 Giugno a Torino. Difficilmente i cittadini potrebbero comprendere i motivi di un ritorno alle urne. Cota avrebbe buon gioco a gridare alla magistratura comunista. Ma l’urlo gli esce strozzato. Parla di golpe sudamericano, di schiaffo alle intenzioni elettorali dei piemontesi. Sfuggendo alla domanda decisiva: “è giusto, in una democrazia, che un governatore sia eletto con i voti decisivi di una lista che si è presentata con 18 firme false su 19?” (Piovono rane – Blog – L’espresso). D’altronde, una lista a lui collegata ha barato. E la Lega non ci sta a passare dalla parte dell’illegalità. Saprà Cota scaricare sui colleghi del PdL la responsabilità politica di una alleanza con questa lista parassita?

Ne parlano:

Bocciato il DL Salvaliste? Il PD si rimangia la parola: pronto il DL Salva-Effetti del Salva-Liste. Ormai è sclerosi.

Ricordate la vicenda del Decreto Salvaliste, che il governo approvò fra le proteste delle opposizioni, per sanare gli inghippi nella presentazione delle liste del PdL in Lombardia e Lazio? Bene, quel decreto è stato affossato dal PD lo scorso lunedì, durante la seduta di discussione sulla conversione in legge del decreto medesimo con un emendamento a sorpresa, approfittando delle pesanti assenze del PdL. E’ chiaro che la decadenza del decreto avrebbe aperto le porte ai ricorsi alle Corti d’Appello. Apriti cielo. Vorreste mica far tornare il PD alle urne? Siete ammattiti? Qualcuno ha dovuto sporcarsi le mani e in men che non si dica ha proposto un disegno di legge ‘salva-effetti’ in Commissione Affari Costituzionali, relatori on. Donato Bruno (PdL)e on. Luciano Dussin (Lega) lo stesso 13 Aprile e poi approvato in fretta e furia, anche con i voti del PD, il giorno successivo. Ieri il disegno di legge è approdato in aula alla Camera e, con una velocità a dir poco sorprendente, è stato approvato. Naturalmente dovrà subire la medesima sorte al Senato, salvo difficili modificazioni.

Ne parla oggi Travaglio su Il Fatto Quotidiano. Usa la parola ‘inciucio’, lui. Anche Civati è dubbioso sul perché si sia deciso di votare questo disegnino di legge.  IDV ha votato contro. Non sono mancati i battibecchi in aula. Il relatore On. Bruno ha mostrato una certa frettolosità nello sbrigare la pratica. Il rappresentante del Governo, il sottosegretario di Stato per gli Interni, Michelino Davico, si è dichiarato pienamente concorde con il relatore.

Le ragioni del disegno di legge possono però essere così riassunte: c’è un precedente, datato 4 aprile 1995 , giorno in cui si discusse il decreto-legge di proroga dei termini per la presentazione delle liste nelle elezioni regionali ed amministrative di quella primavera, dreceto che venne bocciato (si travvata del n. 90/1995); nonostante ciò si legiferò in modo da ritenere salvi gli effetti da questo prodotti; due, il PD proprio non resisterebbe al grave attacco che la maggioranza potrebbe portare alla giustizia in caso di mancata ratifica delle Corti d’Appello degli esiti del voto del 28-29 Marzo in virtù della decadenza del decreto salva-liste e/o dietro proposizione di ricorsi al Tar e al Consiglio di Stato. Si verrebbe a creare una crisi istituzionale profondissima, che minerebbe del tutto il già delicato equilibrio fra politica e magistratura. Queste le ragioni, peraltro chiaramente espresse in aula dal deputato PD Gianclaudio Bressa:

Con il provvedimento di oggi entrano in gioco delle questioni rilevantissime sul piano della Costituzione e della democrazia; entrano in gioco l’articolo 1 e l’articolo 48 della Costituzione (il valore del voto, la sovranità appartiene al popolo, il voto è uguale, libero e segreto); entra in gioco un principio fondamentale che è alla base di ogni stato di diritto, il principio di tutela dell’affidamento.

L’articolo 77 della nostra Costituzione prevede la possibilità di fare salvi gli effetti di un decreto-legge che non viene convertito: si tratta di una espressione tipica del principio dello Stato di diritto. Questo articolo 77 è un caposaldo, un fondamento della regola dello Stato di diritto, della convivenza civile nel nostro Paese. Anche se per noi il decreto-legge era incostituzionale, ed anche se poi non convertito, il decreto-legge dopo la sua adozione era una norma valida ed efficace. L’eccezionalità della decadenza ex tunc, se è espressione di una estrema diffidenza della Costituzione rispetto allo strumento del decreto-legge e di una indicazione di prudenza circa il suo stesso utilizzo, è per la stessa Costituzione un’anomalia e pertanto la Costituzione prevede la possibilità per la Camera di regolare con legge i rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti-legge non convertiti.

È in gioco un principio fondamentale, quello dell’affidamento, della tutela dell’affidamento, in virtù del quale i cittadini e l’amministrazione hanno applicato norme valide ed efficaci.

Le stesse ragioni che inducono a considerare costituzionalmente scorretto l’uso del decreto-legge in materia elettorale (tanto più a competizione aperta, perché è in gioco il principio fondamentale della sovranità popolare), quelle stesse ragioni che abbiamo usato per far saltare il decreto, sono quelle che ci impongono di evitare un’anomalia ancora più grave: che un voto espresso in base alle norme vigenti possa essere travolto dall’irresponsabilità di chi ha voluto il decreto e non è stato capace di convertirlo. Non può un fatto grave, come ha ricordato adesso il collega della Lega, ma circoscritto, vanificare l’espressione della sovranità popolare. Non votare a favore di questo provvedimento, che salva il voto deliberatamente espresso il 28 e il 29 marzo, significa annullare la certezza del diritto. Senza certezza del diritto non vi è società, non c’è convivenza civile, non c’è democrazia (Resoconto Stenografico Seduta Camera del 15 Aprile 2010).

Perciò si conviene che le ragioni, da un punto di vista squisitamente costituzionale, ci sono e sono valide. Ma quelle politiche? Non stupisce tanto la reticenza del PD a scontrarsi sul terreno giuridico per le irregolarità delle liste PdL, quanto l’animosità dei parlamentari democratici nell’aiutare con tanta animosità la maggioranza. Perché votare un disegno di legge che avrebbe dovuto essere a carico di altri? Il voto favorevole del PD al DDL Salva-Effetti del Salva-Liste pare proprio un ‘risarcimento danni’, non per il popolo sovrano, bensì per la maggioranza. Più che parlare di inciucio, alla maniera di Travaglio, occorre parlare di sclerosi.

Cota, il crociato.

crociati piccoli piccoli

Ha cominciato il cardinale Angelo Bagnasco, tre giorni prima delle elezioni: “votate contro l’aborto”. Una indicazione chiara, netta. Il voto dei Vescovi è un voto contro. Di protesta. Quindi la loro preferenza è andata al partito anti-abortista, o a quello che ne ha sposato, magari non esplicitamente, la causa. Bagnasco ha parlato non a tutti. Ha dato un’indicazione di voto per i “suoi”, fedeli e prelati. Bagnasco parlava alla Chiesa e ai credenti. Il suo suggerimento è veramente in grado di spostare parecchi voti. Da solo. Può far vincere o perdere una elezione. Ce lo ricorda anche Emma Bonino: “difficile vincere contro l’asse Bagnasco-Berlusconi”. Il che può far presagire l’esistenza di un vero e proprio patto fra vescovi e PdL. Ma le cose non stanno propriamente così: Bagnasco ha fornito ai suoi una indicazione che in passato non era necessaria. Ha dovuto intervenire pubblicamente. Dare il segnale. Votate per “quelli contro l’aborto”.

Il partito che si è fatto carico delle istanze dei Vescovi si è oggi manifestato. Ha mostrato il suo vero volto, mai palesato durante la campagna elettorale. Vi era l’esigenza di mantenere un profilo basso, per non spaventare gli altri elettori. Lo fanno oggi poiché la Chiesa ha avvertito l’emergenza. La pillola abortiva RU486 viene da oggi distribuita negli ospedali. E allora, via alle dichiarazioni stampa.

Comincia Roberto Cota, neo governatore del Piemonte, che ha sconfitto la pericolosa abortista Mercedes Bresso:

“Sono per la difesa della vita – ha detto Cota – e penso che la pillola abortiva debba essere somministrata quanto meno in regime di ricovero”. Alla domanda “Ma quindi quelle pillole che la Bresso aveva ordinato e che sono già arrivate in Piemonte, rimarranno nei magazzini?”, la risposta è stata: “Eh sì, per quanto potrò fare io sì” (La Repubblica).

Cota mai si era espresso in maniera così netta contro la Ru486 durante la campagna elettorale. Può davvero fermare l’erogazione della pillola abortiva? La RU486 è stata già inserita nel Prontuario Nazionale del Farmaco dall’Aifa. Certamente ne potrà ostacolare la fruizione, non la diffusione. Non potrà vietare ad un medico di somministrarla; ma potrà rendere difficile l’approvigionamento. Cota si è così palesato con il suo vero volto: Cota, il crociato. Cota al soldo del Cardinale. Viene facile intuire allora la direzione che ha preso il voto cattolico, dopo l’editto di Bagnasco. Il surplus di voti della Lega Nord alle Regionali 2010, +8% rispetto alle Europee 2009, trova una spiegazione nell’eventuale flusso di voti che Bagnasco ha generato con il suo precetto: votate contro l’aborto. I voti cattolici del PdL, del lussurioso PdL, passano pertanto al Carroccio, difensore dei veri valori della cristianità contro l’islamizzazione della società, contro il biopotere medico.

Ma Cota non è solo: Zaia si accoda a lui – tuonando “mai nei nostri ospedali” –  in una sorta di mantra ossequioso degli alti prelati, pur scossi dagli scandali – tutti all’estero, naturalmente – della pedofilia dei preti americani ed europei. Tutto ciò mentre il Tg1 riporta la dichiarazione di Papa Ratzinger contro l’eccidio dei bambini, non l’eccidio morale e sessuale perpetrato dalle mele marce in seno alla Chiesa, bensì l’eccidio dei bambini “mai nati”, degli embrioni abortiti, che mai sono giunti in vita e perciò pienamente nella disponibilità della Chiesa, nella sua battaglia di controllo della sessualità e del corpo degli altri.

Naturalmente, il coretto antiabortista non poteva non trovare in Gasparri il più opportunista, ma pure il più squadrista degli interpreti:

“Anche dal risultato delle regionali arrivano notizie negative per il partito della morte. La pillola abortiva Ru 486 non circolerà facilmente. E questa è una buona notizia. L’obbligo del ricovero è stato ribadito dal Senato e dal Consiglio superiore della sanità. La banalizzazione dell’aborto è stata sconfitta”, ha dichiarato il presidente del gruppo Pdl al Senato, Maurizio Gasparri. ”In questo contesto – prosegue – sorprende la fastidiosa insistenza del direttore dell’Aifa Rasi su questi temi. Travalica il suo ruolo tecnico e sembra più un piazzista di farmaci che un garante di regole. Il suo atteggiamento insospettisce. Ci vuole un po’ di trasparenza anche all’Aifa. Ci occuperemo di questo problema” (AdnKronos).

Preparatevi ad un altro caso Boffo.

Supplemento d’anima per il PD: dalla lettera dei Senatori a Bersani.

Lo si diceva, durante le primarie: o il PD raccoglie la sfida di ascoltare veramente le persone, di entrare in mezzo ad esse, parlando di cose concrete, oppure sarà la fine. Il periodo Gennaio-Febbraio è stato sprecato cercando di far fuori prima Nichi Vendola, poi qualsiasi candidato del Lazio. Loretta Napoleoni, personaggio di altissimo profilo, è stata completamente ingnorata. Emma Bonino, oggi in conferenza stampa, ha lamentato lo scarso appoggio dell’ala moderata del PD. E poi: ma quanti dilemmi con le primarie di coalizione. Quanti tira e molla con l’UDC. Era proprio il caso di allearsi con l’UDC, disorientando ulteriormente il proprio elettorato?
Ora tutto questo si paga, e pesantemente. Al nord, gli elettori effettivi ascritti al PD in taluni casi non raggiungono il 10% dell’elettorato attivo. Una miseria. E parlano di pari e patta. Macché. Qui si è persa la politica, non solo esclusivamente in chiave antiberlusconiana, ma soprattutto in questa. Dov’era il PD la sera di Raiperunanotte? Dove era il 5 Dicembre? Se esiste il Popolo Viola è perché il PD non ha capacità mobilitativa in quanto difetta pesantemente in capacità interpretativa. Anziché denigrare il Movimento 5 Stelle, bisognerebbe far proprie le sue battaglie. Cominciando ad ascoltare la gente del No Tav. Senza presuntuosismi.
Oggi, 48 senatori di diverse aree politiche del PD hanno firmato una lettera al Segretario Bersani, non già per chiederne la testa, bensì per pretendere un necessario cambiamento di rotta:

Bisogna cambiare passo. Bisogna muoversi subito. Bisogna accedere ad una nuova dimensione del nostro impegno politico che anche noi parlamentari spesso non esprimiamo con la necessaria efficacia. Serve un supplemento d’anima […]

Non intendiamo farci consumare addosso i prossimi tre anni della legislatura, immersi in un attendismo fideistico che assegna al destino il compito di liberare l’Italia dal sultanato che la devasta. Aspettiamo con fiducia una tua puntuale risposta, convinti che non trascurerai, ne’ sottovaluterai, il valore ed il significato delle nostre riflessioni e dei nostri propositi

L’autocritica dovrbbe servire a riconoscere tutti i difetti di una condotta che ha profili di inconsapevolezza: sia dello stato delle cose, a cominciare dal lavoro che scarica sui precari i costi della crisi, per finire con la deriva videocratica antidemocratica del nostro sistema politico, sia dello stato del partito, che ancor oggi non ha risolto la questione della linea politica da seguire. Tutti annunci, quelli di Bersani. Dove sono i fatti? Times in now, verrebbe da dire. Il tempo fugge, il 2012 si prepara da adesso. Se non ci si sente in grado di affrontare l’ignoto del cambiamento, se si tentenna verso il futuro, allora si cominci dare carta bianca ai giovani del PD, da Civati a Casadei. Sarebbe un inizio.

Di seguito il parere di Ignazio Marino e di Giuseppe Civati:

    • un errore non fare autocritica oggi e non ammettere che il centro-sinistra esce sconfitto dalle elezioni regionali
    • Nel PD hanno prevalso le alchimie strategiche di un gruppo dirigente che opera senza ascoltare il paese
    • Va sottolineato il fallimento della classe dirigente del centro-sinistra nel sud l’andamento caotico del PD in regioni come il Lazio e la Puglia, l’incapacità di interpretare le esigenze concrete del nord.
    • Non si può pensare di trovare la soluzione ai problemi reali dei cittadini nel tatticismo delle alleanze. Le persone chiedono e meritano una visione più ampia e lungimirante della politica, fatta di programmi e idee concrete
    • Io credo che al centro-sinistra sia

      troppo vago nel progetto di società che propone: per esempio, sul lavoro Pierluigi Bersani aveva annunciato mesi fa la volontà di arrivare in tempi brevissimi a una posizione di sintesi per l’intero PD. Non se ne vede traccia. Lo stesso vale per i diritti o il welfare

    • si ammetta che non si è capito il Paese
    • Quanto alla Lega, vince perché ha proposte chiare, sa dire sì o no, interpreta alcune esigenze delle persone. Io non condivido quasi nessun aspetto della politica della Lega ma non posso nascondere che il PD ha l’urgenza di recuperare sul territorio la fiducia della gente con determinazione e costruttiva autocritica. La politica di palazzo perde, sempre
    • non è vero che la Lega sia più radicata sul territorio. Piantiamola con questo tormentone, vi prego. Il problema, direi, è l’approccio, percepito come più immediato, popolare, vicino. Il problema sono i messaggi, che si sono ‘radicati’ nella testa delle persone.
    • Il problema è che si capisce che cos’è, la Lega, in tempi di cattiva politica, di scarsa rappresentanza, di reductio del dibattito politico ad unum o, comunque, a pochissimi temi: ad esempio, la famosa sicurezza
    • Non c’è più un discorso politico, in Italia. Non c’è un’idea comprensibile per i giovani precari, non c’è una linea chiara sulle questioni fiscali, non c’è (più) un’idea di società (soprattutto). A destra e, purtroppo, anche a sinistra
    • badate, questo tiene insieme il fattore Lega e il fattore Grillo
    • Inutile demonizzare il non voto, che andrebbe piuttosto capito (prima di rivolgerci all’Udc e al suo 5%, perché non ci rivolgiamo al 40% di chi non si è recato alle urne?)
    • L’anti-politica l’hanno inventata e prodotta i politici: non sono tutti radicali, quelli che votano Grillo (e la Lega)
    • la provincia di cui parla oggi Michele Serra e di cui parlavo ieri. Un popolo e una provincia dove il Pd è minoranza di una minoranza, perché si rivolge a una porzione microscopica di società, intorno al 10% del totale, come notava chi ha fatto le proporzioni con i dati di chi non è andato a votare
    • è la politica che deve funzionare meglio. E la politica, con un presidente del Consiglio così, che si fa gli affari suoi, è affare del centrosinistra. Questo, mi pare, sia il punto. Tutto il resto è un rumore lontano, una stella cometa che esplode nel cielo. Anzi, è esplosa già

Posted from Diigo. The rest of my favorite links are here.

Regionali 2010, i dati prima di tutto. Incidenza dell’astensione e fedeltà al partito.

Per il Tg5, i vincitori delle Regionali, Berlusconi e la Lega, ora stanno preparando il piano per le cosiddette ‘riforme istituzionali’. Un momento. Che? Vincitori delle Regionali? Ah sì?

Per rovinare la festa ai pidiellini, che forse possono dire di aver vinto laddove il PD fece disastri (Campania e Calabria) e dove si viola la legge (Lombardia, mancato rispetto del divieto di terzo mandato per Formigoni), vi invito a dare un’occhiata a questa tabellina, che già qualcuno prima di me ha tentato di realizzare:

Politiche 2008 Europee 2009 Regionali 2010 Var % ’09 Var % ’10 2010/2008 2010/2009
PdL 28,92% 21,44% 14,68% −7,48% −6,76% −49,23% −31,52%
Lega Nord 6,42% 6,20% 6,73% −0,21% 0,53% 4,91% 8,55%
Pd 25,66% 15,89% 14,31% −9,78% −1,57% −44,23% −9,91%
Idv 3,38% 4,87% 3,98% 1,48% −0,88% 17,79% −18,13%
Udc 4,35% 3,96% 3,05% −0,39% −0,91% −29,86% −22,96%
Astensionisti 19,50% 33,50% 35,78% 14,00% 2,28% 83,49% 6,81%

Queste percentuali sono calcolate sul totale degli aventi diritto. Perciò trattano tutti allo stesso modo, e assegnano al non-voto la sua giusta collocazione. Ne emerge che proprio il partito del non-voto è quello che è largamente maggioritario, in Italia. Vale ben il 35.78% dell’elettorato attivo. Gli astensionisti (non più solo astenuti, quindi coloro che si sono autoesclusi, ma vero e proprio partito del dissenso), sono ora il 83.49% in più del 2008, ma soltanto il 6.81% in più rispetto al 2009. La Lega è l’unico partito che registra un aumento sul 2009: i suoi voti sono ora l’8.55 in più, ma la variazione 2010 su 2008 è solo del 4.91%. Un risultato tuttavia modesto per una formazione politica che viene spacciata per quella vincente. Poi, neanche a dirlo, i crolli: quello del PdL, che fra il 2009 e il 2010 ha dilapidato la metà dei suoi voti rispetto al risultato delle Politiche ’08 (-49.23%), ma è dalle Europee che ha smarrito più preferenze (-31.52%). Nell’intera popolazione degli aventi diritto, i berluscones raggiungono a malapena il 14%. Questo vuol dire che se volete trovare i votanti di Mr b, i misteriosi votanti di Mr b, vi tocca riunire almeno un campione rappresentativo di 100 persone e, se avete fatto un buon lavoro, ne potrete trovare circa 14. A volte meno, a volte di più.

Non fa meglio il PD (convincete Bersani a studiare la statistica comparata, vi prego): -44.23%. Italia dei Valori ha l’incremento più forte rispetto alle Politiche, ma ha dilapidato il cospicuo bacino di voti raccolto alle Europee, facendo segnare un -18% in un anno: solita, cronica difficoltà del partito di Di Pietro nell’affrontare gli appuntamenti con le elezioni amministrative, segno della sua debolezza a livello locale, della sua incoerenza identitaria alle periferie.

L’UDC? Resta il nano politico che era. Ha solo segni meno.

Il grafico che segue specifica i dati della tabella precedente. Ricordo che le percentuali riferiscono ai voti espressi per il partito rispetto all’elettorato attivo, ovvero agli aventi diritto, non ai votanti.

Net1News, Informazione Libera

Regionali 2010, in bilico insieme alle regioni in bilico. La diretta dello spoglio.

Su Yes, political! si sceglie di seguire in diretta lo spoglio delle due regioni più interessanti, quelle che si concluderanno al fotofinish: Piemonte e Lazio.

Per il Piemonte: http://www.radiogold.it/site/index.php

Per il Lazio: http://www.repubblica.it/static/speciale/2010/elezioni/regionali/index.html?refresh_cens

Alla fine la spuntano sia Cota che Polverini. Il PdL dà il via ai festeggiamenti, ma la sua è una vittoria di Pirro, la Lega sfonda poi sfonda solo nel Lombardo-Veneto, ed è partito di maggioranza relativa in Veneto. Bresso chiederà il riconteggio dei voti, ma per il PD c’è poco da contestare: finisce 7 a 6 (con la Lombardia sub judice per la questione del divieto di terzo mandato).

In Lombardia, eletto consigliere regionale Giuseppe Civati; medesia sorte per Giulio Cavalli per IDV; ce la fa anche Thomas Casadei in Emilia-Romagna (PD, area Marino); per il Mov 5 Stelle, eletto Favia in Emilia-Romagna in virtù del voto nelle liste circoscrizionali di Bologna e Modena; Luisa Capelli raccoglie solo 196 voti nella circoscrizione Roma; Abonante in Piemonte non va oltre le 2300 preferenze (pur un buon risultato, ma forse non basta). In Piemonte e Lazio, l’incertezza del risultato finale ha rallentato di molto la computa del voto di lista. Più tardi i risultati finali e le considerazioni di merito. Ma il risultato nazionale non è certo un premio per il PdL, il partito del (finto) premier: chiude con un risultato inferiore alle Europee di quasi l’8%.

23.05, in pratica Cota ha quasi vinto in Piemonte; si annuncia l’enplain della Lega: Piemonte, Lombardia e Veneto al Carroccio; qualcosa è cambiato;

23.05, Lazio, Polverini chiama a raccolta i suoi, per festeggiare?

23.00, Cota è davanti del 3% quando manca il 27% delle sezioni;

22.55, Lazio, ora la vittoria di Polverini è un oscuro fantasma, rimonta a meno 2000 voti, 80% l’avanzamento dello scrutinio

22.45, a Brescia il più votato è Renzo Bossi – viva la meritocrazia.

22.35, Piemonte, sostanziale parità fra PD e PdL, divise da circa un punto percentuale; piccola crescita della Lega, 1.36%; l’astensionismo punisce tutti;

22.30, Lazio, si riduce lo scarto fra Bonino e Polverini, ora pari a circa 4.500 voti

22.30, La Russa, le regioni vinte da PdL e Lega sono più popolose, ergo le eventuali elezioni mid-term confermano la maggioranza al governo (???? chi glielo spiega che non è così?)

22.25, Lombardia, Civati ce la fa in Brianza!

22.25, Proiezioni Rai danno Cota vincente;

22.15, Formigoni, “siamo al quarto successo consecutivo, mai visto da altre parti”; certo, da altre parti è illegale, e anche in Lombardia;

22.15, Piemonte, Bresso in difficoltà, circa 2 punti di svantaggio su Cota

22.15, Lazio, scrutinio al 67%, Bonino 49,9%

21.20, Lazio, 58% di sezioni scrutinate, Bonino avanti ancora, 50.38%, quasi 20.000 voti.

21.20, Piemonte, circoscrizione Torino, Bresso sotto la soglia del 55%, indispensabile per vincere. Bresso vince solo a Torino; le altre provincie del Piemonte votano tutte per Cota, con vantaggio massimo anche del 14% (Cuneo). Torino però vale metà vittoria (più popolosa).

21.10, Piemonte, dati Viminale, sono ora 7.700 i voti di vantaggio per Cota. Bresso in silenzio, si gioca tutto sul finale (il dato è relativo a poco meno del 50% delle sezioni).

21.04, per Bossi, la sinistra è sparita (e il PdL?).

21.04: altro off-topic sul Veneto: Lega al 35%, stacca di 11 punti il PdL e si pone come il partito del Veneto, il partito non del Nord, ma del Nord-Est; in Lombardia, parti invertite; PD appena sopra la soglia del 20% in entrambe le Regioni

20.54: Cota avanti di 3.500 voti, il sorpasso? Secondo Bossi, sì, Cota è vincente. E se vince Cota, festeggia anche Grassano, l’ex presidente del Consiglio Comunale di Alessandria sotto processo per truffa aggravata, truffa tentata e falso nei confronti del proprio Comune.

20.50: Piemonte, 0.1% il divario fra Bresso e Cota. Tensione alle stelle.

20.50: Lazio, Emma Bonino al 50.26%, lasciate perdere le percentuali delle proiezioni, saranno carta straccia con risultati così indecisi.

20.40: Piemonte, debole la crescita della Lega Nord, +0.62%

20.27: piccolo off-topic, Emilia-Romagna, Giovanni Favia vicino al 7%, incredibile exploit del Movimento 5 Stelle!

20.15: Piemonte, prosegue il testa a testa fra Bresso e Cota, su 37% delle sezioni, Bersso 47.69, Cota 47.11

20.15: Lazio, davanti c’è Emma! 43% delle sezioni, 50.7 vs 48.8

20.10: nel Lazio, il PdL è al 4.5%, ma il Tg1 trucca il risultato suddividendo il numero ei voti per i votanti escuso Roma (certo Roma e provincia non hanno potuto votarlo, ma quei voti sono confluiti nel listino della Polverini);

20.00: il Tg1 titola “finirà 7 a 5”, ma argomenta sulle proiezioni comparandole con il risultato delle regionali 2005 (PD paragonato all’Ulivo).

19.00, Lazio: Bonino davanti, ma la lista della Polverini incamera il voto disperso del PdL romano (PdL solo 4%).

18.55, Piemonte: un dato su tutti, lampante, sebbene iniziale, PDL circa 25%, dato regionale, -7% dalle europee; ma la Lega non sfonda (sez. scrutinate meno del 10%). PD in lieve flessione; Movimento 5 Stelle sfonda il 3%.

Regionali 2010, Candidati Coraggiosi: area Marino, Civati e Abonante materiale resistente.

La breve galleria dei Candidati Coraggiosi che Yes, political! ha organizzato a cominciare da Luisa Capelli nel Lazio (Indie IDV), non può non proseguire senza far cenno ai protagonisti della stagione delle primarie PD dell’area Marino, ora candidati alle Regionali. Due, in special modo, i volti che chiedono di essere (di)svelati, raccontati, portati alla luce della pubblico: Giuseppe Civati per la Lombardia, Giorgio Abonante per il Piemonte.
Civati è un volto noto, è uno dei “piombini”, uno dei mariniani, uno dei quattro guitti che hanno firmato l’esposto contro il Governatore Seriale (ah che dolori di fegato, eh Penati…), l’ineleggibile Roberto Formigoni. Civati scrive insieme a Carlo Monguzzi il “Libro Grigio” su Formigoni (download dal sito di Monguzzi), testo che ci fornisce in un sol colpo tutti i capi d’accusa contro il fumus formigonis che da quindici anni sosta sui cieli della Lombardia.
Impegnatissimo nelle battaglie sulla legalità, sull’ambiente, sulla democraticità della propria regione, del proprio paese, del proprio partito soprattutto, è autore di una campagna elettorale alquanto sui generis, con soluzioni idee slogan frutto del suo talento creativo letterario e visionario.

Il video che segue ha influenzato altre menti e ora – non senza suscitare il risentimento dello stesso Civati – è stato ripreso paro paro da Abonante Giorgio, altro mariniano, sponda Piemonte, Provincia di Alessandria, violando in senso buono la prassi del copyleft che prevede di “citare le fonti”:


Il programma di Civati? Civati è in cerca della conferma a consigliere regionale, naturalmente il suo programma è l’antitesi del Formigoni pensiero. Eccolo riassunto in cinque grandi punti:

  • Ambiente e Traffico: Mandar via Formigoni, che è una fonte fossile e ormai emette un sacco di Co2! La Lombardia ha visto aumentare la produzione di Co2 del 15% negli ultimi 15 anni” […] Partirei da una revisione significativa della partita urbanistica. Il territorio si sta trasformando senza criterio e solo perché alcune  scelte come quella di abolire l’Ici ci hanno fatto passare dalla tassa sulla casa alle case nuove come tassa per far quadrare i bilanci;
  • Immigrazione: riservare un’attenzione maggiore su un territorio come quello monzese dove c’è grandissima integrazione dal punto di vista lavorativo, ma ancora scarsa dal punto di vista sociale […] Al di là delle ronde di qualche  scalmanato, bisogna mandare gli ispettori sul luogo di lavoro. I controlli devono essere spietati, come dice la Lega: voglio vedere se poi i leghisti saranno contenti di farli, quei controlli.  Questo al fine di interrompere  la “creazione”  di clandestini […] proposte pratiche, con ispettori del lavoro, semplificazione delle procedure burocratiche per chi richiede il permesso di soggiorno, perché molti sono clandestini ma sono in attesa del permesso di soggiorno e sono confusi coi clandestini veri […] cambiare la legge Bossi Fini che crea clandestini, e tramite i clandestini si prendono i voti;
  • Rifiuti: contro il raddoppio degli inceneritori, a partire da quello di Desio, Trezzo e una novità come quello di Paderno per i rifiuti speciali;
  • Autonomie Locali: a me piace il federalismo della Lega, ma da quando c’è la Lega i Comuni hanno sempre meno soldi
  • Criminalità Organizzata: è innegabile la presenza della ‘ndrangheta, in modo diffuso in diversi settori dell’economia, ma è soprattutto sul versante ambientale, dal movimento terra alle attività immobiliari che la sua presenza si esprime (fonte : Giuseppe Civati vuole la riconferma | La rivista che vorrei | Monza, la Brianza e tutto il resto).

Abonante ha scelto di dare risposte, seguendo l’indicazione mariniana dei sì e dei no chiari:

Chi volesse conoscere Abonante e forse chiedergli di rispettare il copyleft di Civati, Venerdì 26 Marzo alla Camera del Lavoro presso la sede della CGIL, in Via Cavour ad Alessandria, Giorgio chiuderà la campagna elettorale insieme a Ignazio Marino (sì, il chirurgo).

  • Ho 34 anni, sono sposato da circa un anno e papà di un bimbo di cinque mesi. Faccio politica da quando avevo 20 anni sia all’interno del partito democratico (allora PDS) sia con l’associazione Tempi Moderni. Dall’esperienza di Tempi Moderni nacque il Gruppo Universitario e l’idea di organizzare Etnomosaico, festival interculturale che quest’anno vivrà a Cassine la sua decima edizione. Dal 1998 al 2001 sono stato rappresentante degli studenti nel Consiglio di Facoltà di Scienze Politiche e nel CdA dell’Università del Piemonte Orientale avanzando proposte come le fasce di contribuzione appositamente dedicate agli studenti lavoratori e le attività di sostegno allo studio realizzate con il Progetto Maieutica. Dal 2007 sono consigliere comunale di Alessandria eletto nella lista DS, oggi membro del gruppo consigliare del Partito Democratico. Con lo stesso gruppo di amici e attivisti che ha dato vita ad Etnomosaico organizzo dal 2008 ad Alessandria la rassegna teatrale “Martedì all’Ambra”. Sono candidato per il Partito Democratico nella lista proporzionale (collegio di Alessandria) per il Consiglio Regionale a sostegno di Mercedes Bresso. Voglio impegnarmi in particolare per dire no al nucleare, per contribuire ad uno sviluppo più sostenibile e per rendere la politica più accessibile e più aperta al rinnovamento.

(Motivazione piccola piccola sul perché del titolo: Civati e Abonante sono materiale resistente, in primis perché trentaquattrenni – basta con gli ottuagenari; secondo, perché resistono come icone del diverso nel mediocre paesaggio del pressapochismo e del tiriamo a campare che si estende a tutto il PD. Scusate se è poco).

Regionali 2010: se in Piemonte vince Cota, un altro indagato in Parlamento.

Il Piemonte è una delle Regioni in bilico. La Presidente uscente Mercedes Bresso ha dovuto scendere a patti con l’UDC, non senza concesssioni sulla sanità piemontese, fra le più morigerate ed efficienti nel paese. Nonostante ciò, nonostante l’accordo con il partito di Casini, la riconferma della Presidente è fortemente insidiata dalla minaccia Lega Nord, la cui forza elettorale si annuncia straripante (in Veneto è candidata a esser primo partito, in Lombardia avrà ancor più voti del PD).
Così, se in Piemonte dovesse vincere Roberto Cota (appunto, Lega Nord), si libererà uno scranno a Montecitorio. E per effetto del famigerato Porcellum, della legge elettorale a firma di Calderoli, il seggio non verrà rimesso in palio, bensì sarà allocato alla medesima lista vincitrice alle elezioni del 2008, ovvero la Lega Nord, al nominativo immediatamente successivo a quello di Cota. Il nome è quello di Maurizio Grassano (vedi Resoconto Giunta per le Elezioni). Un signore che non ha certo una grande carriera politica alle spalle, essendosi mosso sempre in ambito locale, ma che potrà generosamente contribuire a rinfoltire la schiera degli indagati – anzi, degli imputati – in Parlamento.
Questo perché Maurizio Grassano è stato consigliere nel Comune di Alessandria, poi anche Presidente del medesimo Consiglio Comunale, sino alle dimissioni, maturate, dopo un soffertissimo tira e molla con il PdL guidato dal sindaco Piercarlo Fabbio, soltanto lo scorso novembre. Grassano è sottoposto a processo, accusato di reati molto gravi quali truffa aggravata, truffa tentata e falso ai danni del medesimo Comune nel quale rivestiva la predetta carica di Presidente di Consiglio:

Andranno a processo il presidente del Consiglio Comunale Maurizio Grassano e il suo ex datore di lavoro Sergio Cavanna che devono rispondere di falso al fine di truffa ai danni del Comune. Per la Procura le prove sono evidenti. Fino al ’97 Grassano guadagnava non più di 41milioni di lire all’anno, ma dal ’98 quando ha chiesto e ottenuto il primo rimborso dal Comune le sue entrate sono progressivamente aumentate fino a guadagnare 20mila euro al mese. Secondo il Pm figurava che Grassano guadagnava il triplo del suo datore. Prima udienza l’8 febbraio (RADIO GOLD – Cronaca – Grassano a processo l’8 febbraio).

I guai veri, per Grassano, comiciarono una mattina di Settembre dello scorso anno, quando la Guardia di Finanza si presentò al suo ufficio per interrogarlo e per disporre la misura cautelare degli arresti domiciliari poiché sussitevano i pericoli di fuga e inquinamento delle prove. Nonostante il provvedimento di arresto, Grassano non si dimise dalla carica di Presidente. Decise di lasciare immediatamente il partito della Lega Nord. Poi cominciò un furibondo braccio di ferro fra di lui, l’opposizione e lo stesso Sindaco. Motivazione? “Maurizio Grassano […] ha detto di aver pensato molto alla sua vicenda e al fatto di essere in “buona compagnia” con sindaci, consiglieri e parlamentari di ogni schieramento politico inquisiti”; “mi dimetto se lo faranno tutti loro”; addirittura si presentò in conferenza stampa con “un plico di carte, il regolamento e lo Statuto del Comune di Alessandria […] per far valere i propri diritti di uomo” (RADIO GOLD – Politica – Grassano contro tutti). Il Sindaco e la giunta studiarono addirittura una modifica dello Statuto Comunale che “contemplasse un mandato ridotto a metà per il presidente del consiglio comunale, con la possibilità di essere eventualmente rieletto”, ma Grassano rifiutò la modifica ad personam con sdegno, “se questa norma è stata fatta per me” ha affermato Grassano “tolgo il disturbo per rispetto nei confronti del consiglio […] mi dimetto se la giunta e i consiglieri comunali ritirano questa delibera che minaccia la democraticità del consiglio stesso e l’imparzialità che dovrebbe avere il presidente” (RADIO GOLD – Politica- Grassano si dimette).
E così si dimise, lasciando di stucco tutta l’assemblea. Quest’uomo avrebbe rubato al Comune denari per 760.000 euro in forma di rimborsi, soldi che poi transitavano nella società di cui era amministratore delegato e quindi nelle sue tasche. Soldi sottratti a una città le cui istituzioni ora fanno fatica a mantenere l’insieme delle società municipalizzate che gestiscono i servizi, dalla raccolta dei rifiuti alle case di riposo per anziani, per le quali si pensa alla privatizzazione. E lui parla di imparzialità e democraticità. Un ottimo curriculum, a ben pensarci, per far parte del prestigioso club di Montecitorio.

The Berlusconi Show.

Anche oggi, una nuova puntata del vostro programma preferito, The Berlusconi Show.

Trama: davanti a milioni di persone riunite al suo cospetto, Silvio, interpretato magistralmente da Silvio Berlusconi, noto attore televisivo, ha decisamente respinto gli attacchi dei sinistrorsi per destituirlo dal potere conquistato legittimamente anni or sono, con la fatica e il suo duro lavoro di imprenditore. I sinistrorsi, che volevano estromettere le sue liste dalle prossime competizioni elettorali con blocchi di uomini armati sulle soglie degli uffici elettorali, sono riusciti con la violenza di cui sono capaci, a metter fuori il listino PdL a Roma. Allora Berlusconi, accompagnato dal fidato collega supereroe, l’Umberto, è salito sul grande palco di Piazza S. Giovanni intonando l’inno scritto in suo onore da un famoso cantautore napoletano, e ha detto che è nuovamente sceso in campo per salvare il paese dall’orda dei sinistrorsi e dai loro plotoni di giudici assassini, promettendo l’eden per tutti e persino una partecipazione a Il Milionario, altro broadcast televisivo fra i più famosi e seguiti.

Ma intanto, fra la folla, un balenare di Viola ha incuriosito il Ministro della Difesa Personale di Silvio, Ignazio La Russa. Chi sta tramando nell’ombra? Chi è quel volto senza volto che è comparso improvvisamente? Un brivido freddo corre per la schiena di La Russa. Si sbottona la giacca, lentamente. Accarezza la canna corta della sua Smith & Wesson.

PS.: No, The Berlusconi Show non è un nome di fantasia, ma il titolo di un documentario della BBC sul nostro eroe e più in generale sulla nostra deriva videocratica, anomalia fra le più interessanti nel panorama politologico europeo, che ispira l’occhio critico dei britannici. Il programma, off limits per l’Italia (chi si serve di un buon proxy che lascia abilitato il java, provi qui: http://www.bbc.co.uk/programmes/b00r8g99), dove neppur se ne parla sui giornali – è andato in onda ieri – racconta l’incredibile vicenda del tycoon nostrano, eletto per tre volte e per tre volte presidente del Consiglio, conservando la padronanza assoluta del mezzo televisivo, impiegato strumentalmente e in maniera scientifica per la formazione del consenso:

Nel suo documentario Mark Franchetti torna indietro negli anni per capire come diavolo ha fatto questo pagliaccio ad arrivare a guidare una democrazia europea del terzo millennio. A dire la verità, l’approccio di Franchetti va molto al di là di questo. Il giornalista intervista persone di vari schieramenti e punti di vista e osserva il contesto storico nel quale è avvenuta l’ascesa al potere di Berlusconi. Il controllo dei mezzi di comunicazione, i legami con la mafia, la corruzione, i rapporti con l’estrema destra, le forzature legislative, le escort, gli interventi chirurgici, le feste, le gaffes, lo scherzo ad Angela Merkel. Tutti aspetti e fatti già conosciuti, ma che non per questo smettono di lasciare lo spettatore esterrefatto a chiedersi: come diavolo è potuto succedere? Ancora e ancora. È stato eletto per tre volte. A un certo punto un giovane militante del Popolo della libertà dice: “Per 15 anni, gli italiani hanno appoggiato Berlsuconi attraverso elezioni democratiche. Ci sono due spiegazioni: o gli italiani sono tutti stupidi e non si rendono conto a chi hanno dato il loro voto o hanno semplicemente fiducia in lui”. Ma non è detto che le due possibilità si escludano a vicenda. La seconda potrebbe essere il risultato della prima. E il discorso non vale per tutti gli italiani, solo per molti di loro. O forse sono semplicemente molto indulgenti. In ogni modo, si tratta di un fatto allo stesso tempo affascinante e spaventoso (The Guardian).

In ciò, la sinistra, esce irrevocabilmente sconfitta. La sinistra è ai margini del mezzo televisivo. Poteva metter Berlusconi fuori dal sistema politico, non l’ha fatto. L’errore politico, strategico, sistemico, ha condannato la sinistra a emulare Berlusconi, a esserne contraltare, a condividerne l’immoralità e la pratica sporca della politica come scambio. E allora, se Berlusconi è la televisione, se esso è uno show, un reality che ci coinvolge tutti, basterebbe distruggere il tubo catodico, distruggerne il contenuto tossico, togliendo la maschera al pagliaccio, demolendo la scenografia dei cieli limpidi, con uno squarcio, un taglio, una ferita. E così si ritorna al punto di sempre: l’ipocrisia della menzogna, che può essere rotta solo con un atto di violenza. Una violenza riparatrice, sia chiaro. Una violenza che restituisce alla verità il suo posto nelle cose del mondo.

PS –  per chi sa prendere le misure:

Credits: Claudio Lucia

Il controllo dei mezzi di comunicazione, i legami con la mafia, la corruzione, i rapporti con l’estrema destra, le forzature legislative, le escort, gli interventi chirurgici, le feste, le gaffes, lo scherzo ad Angela Merkel. Tutti aspetti e fatti già conosciuti, ma che non per questo smettono di lasciare lo spettatore esterrefatto a chiedersi: come diavolo è potuto succedere? Ancora e ancora. È stato eletto per tre volte.

A un certo punto un giovane militante del Popolo della libertà dice: “Per 15 anni, gli italiani hanno appoggiato Berlsuconi attraverso elezioni democratiche. Ci sono due spiegazioni: o gli italiani sono tutti stupidi e non si rendono conto a chi hanno dato il loro voto o hanno semplicemente fiducia in lui”.

Ma non è detto che le due possibilità si escludano a vicenda. La seconda potrebbe essere il risultato della prima. E il discorso non vale per tutti gli italiani, solo per molti di loro. O forse sono semplicemente molto indulgenti. In ogni modo, si tratta di un fatto allo stesso tempo affascinante e spaventoso

Regionali 2010, differenze e analogie fra il voto francese e noi.

I risultati del recente voto francese al primo turno delle elezioni regionali hanno mostrato alcune linee di tendenza generali che possono benissimo, senza alcuna difficoltà interpretativa, essere applicate al nostro paese.

Procediamo con ordine:

– il record dell’astensionismo, il vero vincitore della tornata elettorale: i partecipanti al voto sono stati circa il 46% e solo sei regioni hanno superato di poco il 50% degli aventi diritto. Segno di una stanchezza profonda dei francesi, di una disaffezione non solo nei confronti del governo centrale, ma persino per quelle istituzioni che più gli sono vicino, che più direttamente incidono sulla loro esistenza. E in Italia? Per il sondaggio commissionato da Italia Futura (area Montezemolo), “il 35% dei cittadini ritiene che la scelta di non andare a votare o di votare scheda bianca sia una scelta legittima. Dato che sale ulteriormente, fino ad arrivare al 51%, se si prende in esame la classe di età tra i 18 e i 34 anni. I giovani sono dunque più propensi a usare l’astensione come strumento di pressione politica” (Italia Futura). Il dato è interessante, soprattutto perché ci dà l’informazione fondamentale che dovrebbe indirizzare i nostri politici candidati governatori alla ricerca del voto: parlare ai giovani e motivarli ad andare al voto potrebbe essere la chiave di volta per risolvere le regioni in bilico. Ma la disaffezione giovanile è forse motivata dal fatto che fra di essi prevale il canale informativo di Internet. I giovani superano il blocco della par condicio televisiva e, la maggior conoscenza, il miglior grado di informazione, fanno pendere l’ago verso l’astensionismo. Questa analogia con il voto francese è anche un elemento di distinzione: in Francia l’astensione è stata intergenerazionale, estesa a tutte le regioni, maggioritaria; in Italia avrà i crismi del clevage (della rottura, ndr.) generazionale, del digital divide che separa chi naviga e chi no, non sarà estesa a tutte le regioni (forse prevarrà al Nord), e non sarà maggioritaria (il paese è “vecchio”, l’età media degli italiani è quarantanni);

– il voto ha punito la leadership di Sarkozy, già in affanno: l’approvazione all’operato del presidente della Repubblica è scesa drammaticamente al 36% e solo un francese su tre ne approva la ‘politica sociale’; addirittura, secondo un altro sondaggio, il 46% degli intervistati preferisce vedere candidato alle presidenziali del 2012 Francois Fillon al posto di Sarkò; il partito UMP, il partito del Presidente, non ha possibilità di vittoria certe in nessuna delle regioni, ha gestito molto male la pratica delle alleanze (mentre i socialisti e gli ecologisti faranno blocco unico in quasi tutte le regioni):

Il colore rosa pallido indica la quasi certezza di vittoria del centro-sinistra; il punto interrogativo, le regioni in bilico

il tema della leadership in affanno è centrale anche da noi – recentemente è stato detto, ma non dal Tg1, che la popolarità di Berlusconi è scesa al 46% e lui, come Sarkò, ha trasformato l’evento elettorale in un plebiscito sulla sua persona, errore grave che finirà per prevaricare le vere tendenze elettorali. Nel nostro caso, però, devono essere introdotti forti correttivi alla “formula francese”: si deve tener conto che la sola carta nelle mani di Berlusconi per ribaltare il trend è l’inasprimento del confronto politico, la “chiamata alle armi”, pratica in cui lui primeggia. Considerando i toni impiegati negli ultimi giorni, questa pratica è già in atto. Si aggiunga il blocco del canale informativo televisivo, il più importante in Italia (il 70% delle persone si informa con il solo telegiornale delle 20), dove, con l’alibi di un nuovo regolamento della par condicio, si è steso il divieto assoluto di parola, in spregio alle garanzie costituzionali. Contrariamente a quel che si pensi, la sola perdita di popolarità potrebbe non essere sufficiente a disinnescare Berlusconi: le sue risorse mediatiche, ancora una volta, lo salveranno;

– l’avanzata della destra xenofoba e razzista, in Francia all’11% (l’inossidabile Le Pen, nel grafico indicato con FN, Fronte Nazionale):

Elezioni Regionali 2010, Francia: partiti, dato nazionale.

questa tendenza è prevalente in tutta l’Europa. Recentemente, le elezioni amministrative in Olanda, hanno premiato il partito xenofobo, razzista, antieuropeista, antislamista di Geert Wilders, il Pvv. Un segnale così preoccupante da risvegliare dal lungo sonno persino Napolitano (CorSera). Lo scorso anno, le elezioni amministrative in Carinzia (Austria) hanno confermato al potere l’estrema destra del Bzoe, l’ex partito del defunto Joerg Haider, con il 44% dei voti. Una dinamica che ci coinvolge. In Italia esiste un partito xenofobo, razzista, antieuropeista, antislamista: si chiama Lega Nord. Un partito che è al governo, che detiene il Ministero dell’Interno, che si appresta a fare incetta di voti nel lombardo-veneto, laddove, attraverso la logica spartitoria dei candidati governatori che ha consegnato il Veneto nelle mani del ministro Zaia al posto del pidiellino Galan, grazie alle difficoltà del PdL mostrate nel caos della presentazione delle liste, e in previsione della dichiarazione di ineleggibilità di Formigoni (Bossi in questi giorni ha invitato i lombardi a votare Lega), si è praticamente consumata la svolta nei rapporti con il partito di Berlusconi, garantendo alla Lega una supremazia territoriale senza precedenti. La Lega, alle regionali, sarà partito di maggioranza relativa in Lombardia e Veneto, almeno. La scossa produrrà effetti indesiderati al PdL, già attraversato dalla latente tensione Fini-Berlusconi. La Lega uscirà dai consueti argini e immediatamente sorgerà da Roma la necessità di un contrasto forte al partito padano. Le notizie di manovre in Sicilia fra Lombardo e Micciché di una Lega del Sud, non sono casuali. Saranno sempre più intense, nei giorni successivi alle elezioni, e sono il segnale di un prossimo, improvviso, cambio di scenario. Il PdL non è più funzionale al duplice scopo, imbrigliare la Lega e tener fede al patto del 1992-93. Qualcuno farà sentire la propria voce.