Duemiladiciotto

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Continuando di questo passo, nel 2018 avremo fatto meglio dei piromani nello Yellowstone Park. Non scherzo. La cosa peggiore è che tutto ciò è frutto del più grande fraintendimento elettorale della storia (recente, recentissima e fors’anche miserrima). Perché molti degli enne-milioni elettori di Matteo Renzi, alle primarie dell’8 Dicembre scorso, erano mossi dal desiderio di riscatto, un riscatto politico ma soprattutto elettorale. Erano – hanno detto – stanchi di perdere. Di perdere contro Berlusconi.

Invece l’Uomo della Pioggia ha portato una siccità improvvisa. Dice: “via dalla palude”, ma rischia di fare il deserto intorno. Il futuro Renzi I sarà quindi il terzo governo derivato dalle alchimie di palazzo dal Novembre 2011, momento della rottura dell’ordine berlusconiano. Le elezioni, questo spauracchio, sono posticipate al mitico 2018, anno in cui tutte le riforme saranno compiute e non ci sarà più bisogno di questo commissariamento della volontà popolare.

Le riforme che ci attendono saranno fortemente punitive nei confronti dell’assetto costituzionale del 1948, inteso – secondo questa voluntas riformatrice – causa di tutte le inefficienze del paese. Via il Senato, via le Province, sostituite da assemblee di nominati. E poi, cos’altro ci attenderà? Quale dovrà essere il nostro nuovo nemico da abbattere?

Il metodo della velocità, dell’energia, della immediatezza di Matteo Renzi e della sua capacità di intercettare la volontà popolare, ha soltanto provocato la sua ulteriore compressione. Quale democrazia nella scelta di continuare una legislatura caratterizzata dalla ingovernabilità e che si è avviata solo e soltanto con una formula parecchio difforme dal progetto presentato alle urne ai propri elettori?

Tutte le criticità delle Larghe Intese ritorneranno, insolute, nel Renzi I. E allora “non ti servirà l’inglese” (F. Battiato).

 

#8Dic – Tenetevi Liberi

Vi siete augurati le peggio cose. Nei commenti su Facebook, nelle timeline di Twitter, e via discorrendo. Quel Civati lì.

Ora che vi siete sfogati, che avete dato sfoggio alla vostra arte retorica, posso dirvi che la foga con la quale vi siete precipitati a commentare, a giudicare, era – se non altro – indirizzata male. Perché quel Civati lì avrà pur perso la battaglia, ma vi ha mostrato, in tutta la pienezza, l’ipocrisia che regge questo partito e in particolar modo il governo delle Larghe Intese. Un’ipocrisia di dimensioni garguntesche.

Neanche dinanzi ad una proposta di mozione, che Civati ha voluto discutere nel gruppo parlamentare, il Pd ha potuto scegliere. E la maggior parte dei suoi deputati si è persino sentita sollevata. Ha applaudito il Presidente del Consiglio segretario ombra (mai votato da alcuno per questo doppio incarico), ha dileggiato il contestatore, isolandolo, come si fa di solito con i diversi.

Avete, abbiamo, una occasione storica per dire a questo inossidabile gruppo dirigente che non lo vogliamo più intorno. Si chiama 8 Dicembre. Tenetevi liberi. In generale, soprattutto per gli anni che seguiranno.

Fallita la mediazione di Alfano, non resta che il baratro

L’incontro Alfano-Letta di ieri, ovvero fra presidente del Consiglio e vicepresidente (paradossale questo cortocircuito), è stato nefasto per Berlusconi. Alfano si era auto-incaricato per questa missione impossibile. Si era convinto di avere possibilità e argomenti per far propendere l’indomito Letta e il PD per l’allungamento dei tempi e il rinvio alla Consulta della legge Severino sull’incandidabilità e la decadenza, altrimenti nota come Decreto Monti. Ha fallito e probabilmente con questo vano tentativo svaniranno anche i suoi sogni di futura leadership del PdL.

Ma non è questo il punto. All’ex Cavaliere è rimasta la sola carta, la carta che voleva giocarsi già ieri, quando si è frapposto Alfano fra lui e il ‘bottone rosso’. La carta è questa: entro il 30 Agosto il governo dovrà trovare due miliardi per cancellare la rata Imu di Giugno. Basterà far dimettere i ministri prima, o in conseguenza della decisione del governo sull’Imu ed aprire la crisi non già sul voto in Giunta per le autorizzazioni, previsto per il 9 Settembre e già in odore di rinvio, bensì proprio sull’odiata tassa. Poi sarà battaglia mediatica. Videomessaggi. Telegiornali viziati dalla visione del padrone. E’ abbastanza tutto prevedibile. Letta ha tradito l’accordo del governissimo. Letta non ha cancellato l’Imu. Letta di qua, Letta di là. In realtà, il battage propagandistico è già in atto. Si svolge da teleschermi e dalle rotative con un perpetuo capovolgimento della verità, per cui uno che ha frodato il fisco viene dipinto come una vittima di ingiustizia.

In ogni caso, gli scenari in Parlamento potrebbero essere i seguenti:

ipotesi 1) il PD resta fermo nelle sue posizioni, viene votata la decadenza già il 9 Settembre, si apre la crisi, Napolitano rinvia alle Camere un Letta bis senza i berlusconiani e con qualche ministro che possa intercettare il voto radicale dei 5 Stelle, che a loro volta avranno perso una trentina fra deputati e senatori, numero minimo ma sufficiente per il PD e Letta a ricucire la crisi;

ipotesi 2) gli incappucciati (cfr. Puppato) del PD aiutano Berlusconi e la Giunta vota per il rinvio; il PD si spacca ma non del tutto, Letta può continuare a governare per alcuni mesi;

ipotesi 3) la linea dura di Berlusconi e dei falchi del PdL genera una rottura nel partito del predellino e Letta può beneficiare di venti senatori di centrodestra, passati al nemico; Letta può far valere la sua rete relazionale, vastissima e sotterranea;

ipotesi 4) le minacce di B. impediscono ai venti senatori traditori di fuoriuscire; la crisi mette al tappeto Letta e il PD che si divide di nuovo fra chi cerca un dialogo con i 5 Stelle e chi no; entra in campo Renzi, che chiama le primarie e di conseguenza le urne;

ipotesi 5) il M5S resta unito; Napolitano rifiuta di sciogliere le Camere e si dimette; caos istituzionale; il PD si divide in aula in due gruppi, i letto-franceschiniani, per responsabilità verso il paese, diventano sostenitori dell’incostituzionalità del decreto Monti; un berlusconiano viene eletto al Colle e viene predisposto un governo con il centro destra, la Lega, i letto-franceschiniani, Casini, i resti di Scelta Civica, che come primo provvedimento emetterà un decreto salvacondotto finendo per violare definitivamente lo Stato di Diritto.

Questo è un racconto fantasioso, anche se non esaustivo, delle possibili evoluzioni della crisi di governo (che vive e lotta in mezzo a noi) ricostruite attraverso le elucubrazioni giornalistiche di questi giorni. Sarà poi tanto lontano dal vero?

Mai più candido

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La sentenza è definitiva. Lo spazio per le opinioni e le interpretazioni è finalmente ridotto a zero. Ci fu evasione fiscale con frode, organizzata da Berlusconi Silvio e messa in opera per il tramite dell’Avvocato David Mills e di un sistema di società off-shore che drenavano denari dalla medesima Mediaset verso conti in nero in banche estere. L’aggravante – tutta politica – risiede nel fatto che quanto sopra veniva definito e condotto mentre Berlusconi era presidente del Consiglio. Mentre, cioè, doveva mettere in atto politiche per combattere l’evasione fiscale.

La condanna di quattro anni passata in giudicato, rimasta integra lungo i tre gradi di giudizio (a parte la pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici, che dovrà essere rideterminata secondo la disciplina fiscale contenuta in una legge del 2000), dovrebbe, a questo punto, costituire impedimento perpetuo alla ricandidabilità di Berlusconi. La legge Severino, n. 190/2012, conversione del cosiddetto Decreto Anticorruzione, conteneva all’articolo 1, comma 63, una delega al Governo per la pubblicazione di un decreto legislativo recante testo unico della normativa in tema di incandidabilità, fra l’altro, alle cariche di deputato e di senatore. La delega, ricorderete, era stata soddisfatta dal governo Monti per il rotto della cuffia alla fine del 2012 con il decreto legislativo n. 235/2012.

L’articolo 1, comma 1, lettera c, prevede infatti che siano incandidabili:

c)  coloro  che  hanno  riportato  condanne  definitive  a   pene superiori  a  due  anni  di  reclusione,  per  delitti  non  colposi, consumati  o  tentati,  per  i  quali  sia  prevista  la  pena  della reclusione non inferiore nel massimo a quattro anni,  determinata  ai sensi dell’articolo 278 del codice di procedura penale (D. Lgs. 235/2012, Gazzetta Ufficiale).

E’ sufficiente questa norma per stabilire l’esclusione dalla politica in maniera definitiva di Berlusconi? Sarà probabilmente il dibattito che il paese subirà nei prossimi mesi, nel tempo che ci separa dalla ridefinizione della pena accessoria e l’approvazione della nuova legge elettorale, il cui iter è improvvisamente passato dal binario morto alla procedura d’urgenza in un batter d’ali.

Il governo Letta conosce sin da oggi la sua data di scadenza, che coinciderà – grosso modo – con il Congresso Nazionale del Partito Democratico. La stagione congressuale si aprirà mentre Berlusconi preparerà l’esilio. E Letta, oggi più che mai con le valigie pronte, molto probabilmente diventerà attore in campo, o personalmente o per mezzo di un suo candidato forte, nella battaglia congressuale.

Per dirla con un eufemismo: ne vedremo delle belle. Restate connessi (e democratici).

Il caso di Alma Shalabayeva e il silenzio della politica italiana

Un fatto che farebbe scoppiare una polemica politica infinita. Ma non in Italia. Una madre e una bambina di sei anni vengono sequestrati e letteralmente deportati in Kazakistan e in Italia né i partiti di maggioranza, né quelli di opposizione (a parte Sinistra Ecologia e Libertà), sollevano domande o dubbi in merito.

Il nome della donna è Alma Shalabayeva.  E’ stata prelevata dalla propria abitazione insieme alla figlia da venti agenti della Digos. A quanto riporta il Financial Times, né il Presidente del Consiglio, Enrico Letta, né il Ministro degli Interni, Angelino Alfano, né il ministro della Giustizia, Anna Maria Cancellieri, sarebbero stati informati dell’operazione. La donna è moglie di Mukhtar Ablyazov, un uomo d’affari kazako, fondatore (nel 1992) della Astana Holding, poi presidente della banca BTA Bank e quindi, a partire dal 2001, presidente del Partito Democratico kazako, principale oppositore di Nursultan Nazarbayev, al potere sin dal 1989 quando al vertice dello Stato Kazako vi erano i resti del locale Soviet Supremo. La presidenza di Nazarbayev è annoverata fra le più dure dittature al mondo.

Ablyazov è stato oggetto di sette indagini presso la High Court inglese, che gli sono costate in multe e sequestri almeno 3,7 miliardi di dollari. Nell’ottobre 2010, Ablyazov perse una battaglia legale e i suoi beni furono oggetto di un ordine di amministrazione controllata. La sua stessa Banca, divenuta ora JSC BTA, ha vinto una sentenza presso la medesima High Court inglese, la quale ha deciso che Ablyazov deve restituire circa altri 4 miliardi di dollari alla banca, presumibilmente sottratti negli anni dal 2005 al 2009. Nessuno dei beni è stato ancora recuperato e il signor Ablyazov nega gli illeciti. In patria è ricercato per frode. E’ fuggito dal Kazakistan nel 2009 ed ha ottenuto asilo politico nel Regno Unito solo nel 2011.

Il silenzio di Alfano è stato interpretato da alcuni come un silenzio complice: Alfano, un sodale di Berlusconi che a sua volta è stato, in un recente passato, in stretti rapporti con il discusso Nazarbayev al fine di “promuovere” le industrie italiane e i relativi investimenti. Secondo un funzionario del Ministero della Giustizia, l’operazione di rimpatrio della moglie e della figlia di Ablyazov è stata condotta nell’alveo della legge sull’Immigrazione: Alma Shalabayeva era in possesso di un passaporto falso e risiedeva illegalmente nel nostro paese. Ablyazov ha accusato Nazarbayev di aver fatto rapire sua moglie. Nessuno dei solerti funzionari della Digos si è preoccupato di valutare le conseguenze politiche e umanitarie dell’operazione di rimpatrio. Alla donna sarebbe stato impedito di comunicare con il proprio avvocato; nessuno ha previsto di chiamare un interprete per spiegare alla signora Alma Shalabayeva di cosa era accusata. Nessun giudice si è pronunciato sulla sua condizione di immigrata illegale. Questo è lo stato dello Stato di Diritto in Italia.

L’Agenzia di stampa Reuters ha citato l’ufficio del procuratore generale kazako, il quale ha affermato che la signora Shalabayeva è sotto inchiesta per concorso nella presunta corruzione di funzionari dell’immigrazione nel rilascio di passaporti ai parenti del signor Ablyazov. Ora risiede nella sua abitazione in Kazakistan. Ha firmato una specie di impegno scritto a non lasciare la città di Almaty. Che è diventata la sua prigione.

Verso Epifani: il Caminetto vince su #OccupyPD?

Sul nome di Epifani, è scritto, si sarebbe raggiunto un accordo fra le varie componenti del Partito Democratico. Quali siano le suddette componenti è – e resterà – un fitto mistero. Non è chiaro, per esempio, se quei famosi 101 del killeraggio prodiano siano una squadra coesa o – per così dire – a geometria variabile. Non è chiaro affatto se essi diventeranno fieri sostenitori dell’ex segretario CGIL oppure siano mandati in ordine sparso, irriconoscibili fra i tanti, a seminare il dubbio dopo aver palesato in pubblico la propria approvazione per il nome del ‘traghettatore’.

In ogni caso il traghettatore è stato indicato preliminarmente contando sul fatto che gli altri, gli oppositori della linea del governissimo, che sono quasi certamente più di uno ma non quei 101, non sono pienamente allineati intorno a un nome che possa essere condiviso dalla restante parte. Di fatto non c’è e non ci sarà una candidatura alternativa a quella di Epifani, pertanto i giochi si possono dire già fatti. Ancora una volta la decisione è presa altrove, non dagli organismi deputati, in questo caso l’Assemblea Nazionale, ma dalle riunioni del cosiddetto Caminetto, il gruppo ristretto dei dirigenti prescelti.

Solo il dibattito di domani potrà chiarire definitivamente se e come il PD andrà a congresso in autunno. Epifani viene etichettato come traghettatore ma l’impressione è che la scelta del suo nome sia stata molto ragionata anche se non è detto che sia ragionevole. Se l’obiettivo era quello di ricompattare il partito, in realtà la sua nomina potrebbe avere l’effetto di accentuare la polarizzazione interna fra la sinistra e i neo-democristiani.

Può il PD fondare la propria esistenza sulla dicotomia Letta-Epifani? Può Epifani rappresentare una discontinuità con la segreteria dimissionaria? E che fine ha fatto il metodo democratico?

Domani i ragazzi di #OccupyPD presidieranno il Padiglione 10 della Nuova Fiera di Roma. Proporranno 4 punti, fra i quali il congresso subito. Ma il Padiglione 10, domani, potrebbe essere sufficientemente impermeabile alle loro richieste.

Il Non Giovane

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Enrico Letta è un giovane fin da quando era giovane e faceva il giovanissimo ministro nel primo governo Prodi. Che dire, è assolutamente irrilevante l’età per prestarsi ai papocchi di governo. Non è vero che, se sei giovane, i papocchi ti riescono meglio. Inoltre, da un giovane ci si aspetterebbe una visione meno allineata con le nascoste direttive della segreteria (dimissionaria) del PD. Un papocchio come il politicissimo governo PD-Pdl richiede una dote che, ai tempi della Democrazia Cristiana, si trovava abbondante in ogni parlamentare e specie negli angoli più remoti di ogni corrente e correntina: l’ipocrisia.

Letta si è prestato a questa operazione – perché il PD si assume le sue responsabilità, come se non avesse già dato – con un malcelato sospiro di sollievo e lo ha fatto pur avendo sostenuto, senza nemmeno mezza frase di critica, il suo segretario, Pierluigi Bersani, nei cinquanta giorni del dopo elezioni, dire come un ossesso che lui al governo con Brunetta e Gasparri giammai ci sarebbe stato. Ora, questa tremenda soluzione appare sul volto sornione di Letta come una cosa assolutamente normale e naturale.

Un giovane dovrebbe essere animato, io credo, da una volontà riparatrice verso il paese e non potrebbe mai – dico mai – immischiarsi in un esecutivo insieme agli stessi soggetti che lo hanno fatto precipitare nella crisi più profonda da quando esiste questa Repubblica.

Avrete ascoltato in queste ore Brunetta avanzare le proprie richieste al neo incaricato: dovete applicare tutti i punti del nostro programma, ha detto. Fra cui, ovviamente, la restituzione dell’Imu. Se queste sono le premesse, allora abbandoniamo subito le etichette di larghe intese o simili: il PD è annichilito e questi signori prenderanno il sopravvento, definendo loro medesimi l’Agenda politica del governo. Di fatto sarà un governo del centrodestra sotto mentite spoglie. E potranno realizzare tutte le più immonde porcate legislative, tanto la colpa sarà affibbiata in toto alla parte avversa. Una soluzione più comoda non ci poteva essere. Un governo di irresponsabilità nazionale.

“Le #primarieparlamentari si faranno”

Lo dice Enrico Letta su Facebook:

letta

 

E così sono andato a leggerla, questa intervista. Da un lato, Letta riprende la sua personalissima idea (ma fino a che punto?) di fare un accordo post elettorale con l’Udc di Casini (che vi ricordo secondo recenti sondaggi vale un 3.8%). Dall’altro, spiega che le primarie per i parlamentari si faranno. E saranno primarie aperte. Quindi, quando voterete Letta, ricordatevi che è il primo sponsor della Santa Alleanza PD-Sel-Udc (con Monti o al Quirinale o molto più probabilmente al MEF).

Ora sarà più facile un`alleanza pre-elettorale con Casini e i “montiani”? «Non ho dubbi che faremo un governo insieme alle forze che sostengono Monti oggi. Che questo debba avvenire con un`alleanza con liste apparentate ora, o con un accordo dopo il voto, è da valutare. Non è una furbata perché Bersani ha chiesto i voti alle primarie su questa linea. Quindi è una scelta legata anche alle tecnicalità della legge elettorale. Oggettivamente questa situazione avvicina il Pd al cosiddetto “centro montiano”».

Si lavora a un listone unico con Sel per agevolare l`intesa con Casini? «Quella invece è una scelta politica, ma mi sembra non sia nelle cose. Valuteremo, ma credo abbia più senso andare al voto con liste distinte».

Farete in tempo a organizzare le primarie per la scelta dei parlamentari? «Le primarie si faranno sicuramente, perché si è deciso che si sarebbero fatte. E quelle del 25 novembre dimostrano quanto andare con uno schema aperto, dando fiducia ai nostri elettori, sia solo un vantaggio. Ne parleremo mercoledì prossimo e posso dire che saranno primarie aperte, non solo tra gli iscritti del partito» (http://www.enricoletta.it/press/ora-e-piu-vicina-unintesa-fra-il-pd-e-il-professore/).

La nuova legge elettorale è una fregatura

Sono passati otto mesi dal pronunciamento della Consulta sul referendum anti Porcellum. All’inizio dell’anno vi raccontavo come fosse pronta una nuova legge porcata, una via di mezzo fra un proporzionale tedesco innestato di collegi uninominali e listini bloccati di due/tre candidati per lista, alla maniera spagnola. La nuova Porcata prese il nome di Provincellum poiché i collegi uninominali sarebbero stati ritagliati sulla misura delle province. Da qui non ci si è più mossi poiché la prospettiva di nuove elezioni era ben lontana negli orizzonti brevi – brevissimi – del mondo politico italiano, messo per così dire in naftalina dall’avvento dei tecnici.

In questi giorni si ritorna a parlare di scioglimento anticipato, di un piano di Napolitano di chiudere con la XVI Legislatura a metà novembre, un anno dopo Monti e la fine del berlusconismo, o di un piano bis che preveda lo scioglimento anticipato a Gennaio, castrando gli ultimi due mesi di governo dei tecnici.

Però manca la legge elettorale. Le riforme istituzionali che sono state raffazzonate per intasare l’iter di approvazione del Porcellum bis, saranno presto infilate sul più classico dei binari morti, magari in commissione riforme costituzionali alla Camera. Pare che già dal 29 Agosto, alla ripresa delle attività parlamentari, i deputati prenderanno la bozza Violante e piegheranno gli ultimi spigoli con l’obiettivo di varare la nuova fiammante legge entro la fine di Ottobre, appena in tempo per mettere in atto il piano A di Napolitano. Naturalmente i politici italiani non sono in grado di prevedere scenari politici che non siano quelli nazionali. A Settembre la Corte Federale tedesca deciderà sul Trattato MES e, se lo dichiarerà contrario alla legge costituzionale tedesca, in Europa si aprirà una nuova profondissima crisi dell’Euro, con una potenza deflagrante mai vista sinora. Cosa farà la politica italiana? Spingerà sull’acceleratore di una legge elettorale che va contro la volontà popolare espressa dal milione di firme che accompagnò in Cassazione i quesiti referendari poi cassati dalla Corte? Oppure manterrà in vita Monti affinché faccia da parafulmine contro la fine dell’Euro?

La probabile mancata approvazione del MES da parte della Germania potrebbe deviare significativamente le trattative sul Porcellum bis. Se ne sono accorti? E’ per questa ragione che Enrico Letta, che è ancora il vice di Bersani, oggi ha annunciato l’imminenza di un accordo con la controparte (PdL e UDC) ? Soprattutto ci si chiede da che parte stia il PD, quale sia la sua proposta in tema di legge elettorale se l’ultima dichiarazione di Bersani in merito faceva riferimento ancora alla formula del doppio turno sconfessata invece dalle colombe Violante e Letta?

In ogni caso, due punti rimarranno fermi: la maggior parte dei deputati e dei senatori sarà scelto dai partiti, inserito in liste bloccate, messo ai voti senza che questi vengano fatti coincidere con nomi di persona. Cioè si vuole evitare che gli eletti siano espressione di un elettorato, che è poi il fondamento democratico di una legge elettorale. I voti di ogni collegio verrebbero quindi gettati in un unico calderone, una mega circoscrizione che racchiuda molteplici collegi, al punto da comportare l’effetto perverso che un collegio non abbia candidati eletti e altri collegi ne abbiano due o più di due, secondo una logica che è tutto tranne che proporzionalistica. Anzi, il Porcellum bis contiene in sé elementi fortemente distorsivi del voto degli elettori.

Si prevede infatti un premio di maggioranza di circa il 15% dei seggi, da attribuire non alla colazione ma al partito che prende più voti. Il sistema è costruito in modo tale da non premiare coalizioni elettorali. Il premio in termini di seggi assegnato al partito di maggioranza relativa diventa di fatto un deterrente a costituire coalizioni prima del voto. Le coalizioni non verrebbero dichiarate in trasparenza ma sarebbero frutto di trattative post voto. Di fatto, il premio di maggioranza diventa il fattore che seleziona il partito leader della coalizione, ma non la coalizione stessa. Stando ai sondaggi, il PD è oggi partito di maggioranza relativa. Guadagnerebbe così il premio del 15% ma non avrebbe comunque abbastanza seggi per poter governare da solo. A questo punto, però, ci sarebbe la fila dei partiti fuori dal Nazareno pronti a vendersi al PD per avere qualche dicastero. E il PD potrà avere campo libero per fare le alleanze che più aggradano non agli elettori ma al suo gruppo dirigente, che come è noto vive su Marte. Non è diabolico?

Caos PD sulla Giustizia, Bindi smentisce Letta. L’opposizione che non c’è.

Quando l’intervista del Corsera è stata pubblicata, lunedì 30/11, pochi devono essere stati gli elettori del PD a essersi trovati d’accordo con Enrico Letta. Ancora una volta un esponente del PD mostra un’ambivalenza che invece non dovrebbe avere. Perché sostenere che Berlusconi ha "il diritto di difendersi nel processo e dal processo", equivale a legittimarne la politica di distruzione del sistema giudiziario al solo fine di farla franca. Letta ha commesso una leggerezza, oppure le sue parole rispecchiano esattamente il suo pensiero? E perché solo la Presidente Bindi lo ha corretto, seppure in ritardo di un giorno? Secondo Bindi, Letta è stato male interpretato. Letta ha lasciato passare un messaggio confuso, ha spiegato Rosy. Ma chiunque lo legga può benissimo vedere che non è affatto un messaggio confuso. Letta ha precisato che Mr b ha il diritto di difendersi nel processo – e questo è pure ovvio, visto che è un diritto costituzionale – e pure il diritto di difendersi dal processo, ovvero di sottrarsi a esso attraverso la strategia del legittimo impedimento. Il PD, ha assicurato Letta, non cercherà scorciatoie – come è avvenuto in passato, tantomeno scorciatoie giudiziarie – per far cadere il governo. E quest’altra affermazione come dobbiamo interpretarla? Vuol dire che il PD, ovvero i DS, nel passato hanno impiegato o tentato di impiegare scorciatoie giudiziarie per far cadere governi? Davvero il Pd ha questa facoltà di muovere la macchina giudiziaria a proprio piacimento per costruire procedimenti contro il finto-pemier?
Naturalmente la lingua di Letta deve essersi ritorta nella propria bocca dopo una affermazione simile. E’ stato come prestare il fianco alle giustificazioni della destra sui presunti coinvolgimenti di Mr b nelle inchieste di mafia e stragi di Firenze, Caltanissetta e Palermo, dando credito alle loro asserzioni circa il complotto dei pm e dei poteri forti. Viene da chiedersi: ma da che parte sta Enrico Letta? La linea politica che ha delineato con le sue dichiarazioni di lunedì scorso è stata discussa dalla Direzione Nazionale? Se sì, con quale esito? A chi scrive, non sembra che la posizione della Bindi in merito sia indistinguibile da quella di Letta, anzi, i distinguo palesati dalla Presidente oggi, dimostrano ancora una volta che il PD non è in grado di esprimere una linea politica unitaria che promani dalla preventiva discussione all’interno degli organi di Partito. Il PD non ha ancora imparato la lezione delle primarie.

    • Quando Enrico Letta ha detto che Berlusconi ha il diritto di difendersi nei processi e dai processi "e’ passato un messaggio confuso" su cui "e’ nato qualche malinteso. Lo ha gia’ spiegato Bersani". Lo afferma in una intervista il presidente del Pd Rosy Bindi.
        "Per il lPd – ha aggiunto Bindi – Berlusconi puo’ e deve difendersi all’interno del processo,ma non certo dal processo".

  • Enrico Letta: Il PD eviterà scorciatoie per far cadere il governo

    • assicura Letta a nome del Pd, non si cercheranno più, «come pure è avvenuto» in passato, «scorciatoie» per far cadere il governo e liberarsi di un Berlusconi che non è «l’ingombro» che impedisce al centrosinistra di essere maggioranza del Paese

    • E perché – e sono parole significative visto che arrivano dopo un colloquio al Quirinale tra Bersani, lo stesso Letta e Napolitano – il Pd non porrà di fatto obiezioni al ricorso al legittimo impedimento: «Come ha detto Bersani, consideriamo legittimo che, come ogni imputato, Berlusconi si difenda nel processo e dal processo. Certo, legittimo non vuol dire né opportuno, né adeguato al comportamento di uno statista…».

    • Né utilizzerà come arma letale eventuali avvisi al Cavaliere: «Il capo dello Stato ha ricordato che un governo, finché ha i numeri e la fiducia della sua maggioranza, governa. Noi ci atteniamo a questo».

    • «Alla base del programma dei prossimi quattro anni di segreteria, Bersani ha posto un punto chiaro: no alle scorciatoie, sì a un’opposizione che sia capace di battere Berlusconi seguendo la strada maestra del confronto elettorale. Non sempre si è ragionato in questi termini. Non lo ha fatto Berlusconi, che quando era all’opposizione ha sempre cercato la spallata, anche ricorrendo alla compravendita dei parlamentari. Ma troppe volte anche il centrosinistra ha cercato scorciatoie, anche per via giudiziaria, pensando che il solo diaframma tra noi e il governo del Paese fosse Berlusconi»

    • mercoledì in Parlamento aprirete anche sulla giustizia?
      «È anch’essa materia da riformare: sarebbe assurdo dire che le istituzioni vanno male mentre la giustizia va bene. Non è così, a partire dalla scarsità di risorse per l’efficienza della macchina giudiziaria»

    • Ma siete o no disponibili a discutere anche di uno scudo per il premier, che sia il Lodo Alfano, il processo breve o altro?
      «Partiamo da una domanda: perché siamo in questa condizione? La colpa è nostra, o di chi lo scorso luglio in fretta e furia ha voluto che si approvasse un Lodo Alfano pasticciato perché l’avvocato Ghedini, massimo esempio di conflitto di interessi, diceva che si doveva chiudere in un mese, in due settimane, in una… Se continuano così, ancora una volta sfasceranno ulteriormente la giustizia e finiranno di nuovo in un cul de sac che non porta a niente. E non avranno il nostro consenso, perché non si può immaginare che noi subiamo il ricatto dell’?o mi date l’immunità subito, o mando avanti il processo breve e salti in aria la giustizia"…»

    • E se intanto arrivasse una condanna?
      «Sono 16 anni che si parla di condanne, e non sono mai arrivate… Comunque, l’opposizione si attiene a quanto detto chiaramente dal capo dello Stato: un governo va avanti finché ha i numeri e la fiducia della sua maggioranza. Affronteremo con saggezza, giustizia e senso delle istituzioni quello che accadrà. Perché abbiamo imparato la lezione: non si sconfigge Berlusconi con le scorciatoie»

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